Economia
November 18 2020
E' una di quelle storie belle tutte italiane che vale la pena di raccontare quella di Banca Capasso Antonio, un minuscolo istituto di credito che conta in tutto 4 sportelli ad Alife (Caserta) per un totale di 26 dipendenti. Un granello di sabbia nel macrocosmo del credito bancario mondiale, ma un granello solido come la roccia: 32 milioni di fondi propri e crediti alla clientela per circa 60 milioni. Banca Capasso, infatti, nel giorno della sua cessione a Ibl, istituto bancario romano specializzato nella cessione del quinto, chiude una storia lunga 108 anni senza un solo bilancio in passivo.
Banca Capasso, infatti, è stata fondata nel 1012 dal ventiquattrenne Antonio Capasso originario di questo piccolo paesino incuneato ai piedi del massiccio del Matese tra Campania e Molise.
Antonio sognava una banca "sana", nella quale i profitti venissero utilizzati per rafforzare l'istituto di credito e non per riempire le tasche ai soci e così è stato per generazioni di figli, nipoti e cugini che hanno tenuto fede al sogno di Antonio (almeno il 40% del bilancio annuale andava reinvestito nella banca )mantenendo la banca in attivo nonostante si siano attraversate due guerre mondiali, l'ebola, la spagnola, il crac del '29, due guerre del Golfo, il crollo delle Torri Gemelle, la crisi dei subprime e per finire la pandemia da Coronavirus.
Una solidità patrimoniale record quella di Banca Capasso con il Tier 1 ratio - un parametro che misura la solidità patrimoniale – che segna il 47,66%.
Al timone oggi ci sono i discendenti di Antonio: Salvatore Capasso che detiene il 41% del capitale e che conosce tutti i clienti per nome, Rosa Capasso, la sorella di Salvatore, titolare del 10% e poi i cugini Domenico e Ferdinando Parente che si spartiscono il restante 30%.
I clienti sono per lo più contadini e agricoltori e forse proprio da questo target nasce la forza e la solidità dell'istituto di credito. Salvatore Capasso è infatti solito dire: "La campagna nei momenti difficili sopravvive più della città. E la terra non può fallire". E così è stato per oltre un secolo.
Solo che i tempi sono cambiati e star dietro a innovazioni tecnologiche, adeguamenti informatici, home banking e circuiti internazionali è sempre più difficile specie ora che, con i tassi a zero, far quadrare i bilanci diventa dura.
Ma la famiglia Capasso vuole uscire a testa alta dalla sua stessa storia e così ha deciso di cedere l'intera quota capitale prima che le cose mettessero al peggio e si dovesse fare i conti con bilanci in rosso. Le regole del mercato, infatti, hanno avuto la meglio sulla legge del "buon senso" che ha sempre guidato l'operato della famiglia più attenta al benessere della clientela e dei dipendenti che alle logiche del profitto.
Visto, però, che i tempi sono cambiati, in punta di piedi i Capasso escono di scena e lasciano il loro gioiellino nelle mani delle famiglie Giordano e D'Amelio, titolari di Banca Ibl. L'operazione, dovrebbe chiudersi entro il primo semestre 2021 e prevede, recita il comunicato: "Il mantenimento e la dei livelli occupazionali e un rafforzamento della presenza territoriale finalizzati ad una maggiore creazione di valore e di sviluppo commerciale nel segmento retail.
I tempi del libretto di risparmio sono finiti: ora contadini e artigiani si dovranno abituare a essere considerati un "segmento retail".