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September 07 2017
L'Inter lo aveva scritta fin dall'inizio nel suo destino, Luciano Spalletti. Già vent'anni fa, 1997, quando esordiva da allenatore di Serie A alla guida dell'Empoli, dopo la doppia promozione con cui l'aveva condotto dalla C.
Lucio - come lo chiamano gli amici di Certaldo, riuniti nella chat whatsapp "le galline del Cioni" - aveva ancora i capelli, radi, e leggeri baffetti. Era uno Spalletti diverso, rispetto all'allenatore dalle memorabili conferenze stampa da James Joyce ("stesso flusso di coscienza ininterrotto, stessa assenza di punteggiatura, medesimi salti logici, cambi di soggetto, evoluzioni mentali e un avviluppato processo cognitivo dell’io narrante"). Si avvicinava, Lucio, al calcio dei grandi palcoscenici con una certa titubanza, tanto da rappresentare i suoi dubbi in estate, con il sentimento di chi viene dalla provincia: "non mi sento in grado, ho paura, non conosco nemmeno i nomi dei giocatori avversari". Perplessità però spazzata via dall'ironia toscana del presidente Fabrizio Corsi: "ti si compra l'album delle figurine, così li impari".
Il campionato dell'Empoli, come prevedibile, fu un torneo di sudore e fatica, veleggiando poco sopra la boa della salvezza. Nell'ultima giornata del girone d'andata pareggiò 1-1 proprio con l'Inter, ma furono proprio i toscani a recriminare per aver sempre condotto la gara ed essere stati beffati da un gol, a dieci minuti dal novantesimo, del Chino Recoba (Spalletti: "meritavamo il successo"). Un pareggio che portò la Juventus a scavalcare i nerazzurri ed a conquistare il titolo d'inverno.
Il torneo però era ancora lungo e il 19 aprile 1998, trentesima giornata di campionato, Spalletti ospitò in casa i bianconeri in un'Empoli-Juventus, tesisssima. La Vecchia Signora doveva difendere il punto di vantaggio che aveva mantenuto sull'Inter, in vista inoltre dello scontro diretto che l'attendeva la domenica successiva, l'Empoli invece galleggiava un punto sopra la zona retrocessione a cinque giornate dal termine e doveva ancora mettere fieno in casina per conquistarsi la salvezza. Per tutto il primo tempo la partita restò in parità, senza troppe occasioni da gol. Nella ripresa Lippi tolse i due francesi Zidane e Deschamps per inserirce Conte e Pecchia (curiosamente, tutti e quattro oggi allenatori affermati). E proprio Pecchia trovò la rete bianconera che sbloccò il risultato al 69° minuto. Inserimento in area su un'azione partita direttamente da un lungo lancio di Peruzzi, spizzato da Zalayeta. I toscani però non si arresero e su un cross da calcio d'angolo raggiunsero il pareggio. O almeno così sembreva sugli spalti e in campo. Stefano Bianconi infatti schiacciò di testa verso l'angolino basso, Peruzzi si tuffò all'indietro e smanacciò fuori il pallone quando questi aveva già varcato la linea. L'arbitro Rodomonti, però, non fu dello stesso avviso. "L'ho vista io" continuava a ripetere ai giocatori dell'Empoli, allontanandoli. Lo stesso Peruzzi in un'intervista alla Gazzetta dello sport, diversi anni dopo, ammetterà di aver saputo dai volontari della Croce Rossa, seduti dietro la porta, che il pallone era effettivamente entrato, ma il suo proposito di raccontare la verità nel dopo gara fu bloccato dalla società bianconera.
"Il punto perso può addirittura cambiare la categoria in cui militerà l'Empoli nella stagione ventura, vanificando il lavoro di un anno", fu l'amaro commento di Spalletti. Alla fine l'Empoli si salvò, ma a cambiare il corso degli eventi fu la corsa scudetto con un Juventus-Inter che sarebbe dovuto iniziare con l'Inter in vantaggio di un punto. Ronaldo, Iuliano, Ceccarini, Moratti e Var a parte.