Italia
November 07 2024
Il viaggio è uno dei temi più importanti dell’immaginario collettivo e letterario, dall’antichità ai giorni nostri. Declinato in varie forme (ricerca, avventura, nostalgia, pellegrinaggio…), esso dà senso ai luoghi che il viaggiatore attraversa e al posto che egli occupa nel mondo.
Per Giuseppe Magurno, calabrese di Maierà (nel Cosentino), bresciano di adozione, già docente di materie letterarie nel Liceo classico “Arnaldo” della città “Leonessa d’Italia” e cultore della letteratura italiana del Novecento, «questa definizione del viaggio è ancora più vero nel caso del viaggio poetico, dove i luoghi sono mediati dalla vista e dalla parola dell’autore, che li trasfigura in paesaggi dell’anima».
Uno degli esempi maggiormente afferenti al tema del “viaggio poetico” lo si coglie nella vita e nell’opera di Vittorio Sereni (Luino (Va) 1913 - Milano 1983), poeta tra i più significativi del secondo Novecento, che tra l’infanzia a Luino e sul Lago Maggiore, la giovinezza a Brescia e la maturità a Milano, ha scritto alcune delle pagine poetiche più importanti della letteratura italiana contemporanea.
Professor Magurno, lei organizzò, nel 2003, un importante convegno su Vittorio Sereni, e continua a mostrare attenzione per i luoghi come ispiratori di nuove forme poetiche.
«Vittorio Sereni ebbe il proprio versante geografico di riferimento a Luino, nel Varesotto, e nei suoi immediati dintorni sulla sponda occidentale del Lago Maggiore, a pochi chilometri dalla frontiera elvetica. Dalla memoria e dalla rivisitazione (anche a distanza) dei luoghi cari al poeta nacquero alcune pregevoli liriche accolte in “Frontiera” (1941), “Gli strumenti umani” (1965) e “Stella variabile” (1981). Si escludono da tale novero i versi di “Diario d’Algeria” (1947), raccolta poetica relativa alla prigionia di Sereni in tempo di guerra, perché il viaggio esula in tal caso dai confini italiani e, in parte, europei».
Il luogo geografico diviene, dunque, essenziale per la formazione del suo mondo poetico…
«Non poteva non accadere! Luino è il paese che rimane al centro della prima raccolta poetica, con ritorni ed evocazioni anche nelle raccolte successive. Esso viene evocato, ad esempio, nella poesia “Inverno a Luino (con l’uso del “tu”), come località distesa e luminosa: “Ti distendi e respiri nei colori”. Seguiranno poi, in altre stagioni, sere celesti, con bisbigli di gente nelle strade, rumore di zoccoli, note di canzoni, una vetrina accesa nel buio della piazza».
Luino come “germe” e “germoglio” poetico, senza però troppe concessioni all’idillio.
«In “Terrazza” Luino è come ancorata a una “pensile terrazza”, dove predominano l’attesa e la sospensione per un evento ignoto, mentre il lago si mostra come può, nella sua dilatazione senza confini, favorita dalle ombre lunghe della sera e percettibile (con l’udito) soltanto attraverso un “murmure”. La torpediniera (della Guardia di finanza), che illumina gli amici raccolti sulla terrazza, li osserva e li lascia soli, insinua ulteriore inquietudine».
Ma appare anche come il luogo da cui allontanarsi.
«L’io lirico fuggirà da quel luogo reso inquieto dai fari che lo frugano di notte, dal tumulto delle locomotive che oltrepassano la frontiera, da “un’insonnia di fuochi vaganti nei campi”, quando il vento investirà le rive del lago e renderà inutile, per la gente del porto, la difesa dei “limpidi giorni”».
Il luogo della nascita, al quale si è legati da forze ancestrali, sin troppo vicino alla frontiera dove sviluppare nuove riflessioni.
«Fuori da Luino, sulla strada che porta alla frontiera con la Svizzera (“Strada di Zenna”), è il valico così denominato che attrae l’attenzione del poeta, come luogo che consente riflessioni sulla morte e sul rapido scorrere degli anni. Il lago è anche qui protagonista, perché il poeta e la sua compagna immaginano di destarsi “a un’infinita navigazione”, sotto il segno dell’estate impaziente, mentre cambia il tempo atmosferico e muta anche l’aspetto delle acque lacustri sotto la sferza del vento. La spiaggia è abbandonata, la sabbia fa mulinello, e un acquazzone rombante investe le case. Attorno, e per lungo tratto, si sente l’urlo straziante delle sirene nei porti».
Per connettersi sui binari del viaggio Sereni non ha certo bisogno di percorrere chilometri.
«Non distante da Luino, ma aggregata allo stesso comune, c’è poi Creva, villaggio industriale e serbatoio economico per eccellenza. Essa è ricordata nella poesia “Strada di Creva”, dove ritorna una bella immagine di Luino, con riferimento alle acque del lago dove “infinita trema Luino”, nella stagione primaverile (a maggio), al ritorno della “vela freschissima”, e col canto del cucco dopo la pioggia. Nella seconda parte del testo irrompe invece la stagione invernale, con alcuni santi di gennaio, le cui feste sono accompagnate da nevicate, e le voci familiari dei trapassati che salutano l’io lirico. Si consideri, d’altra parte, che la strada che porta a Creva è la stessa che conduce al cimitero».
Luino e Creva luoghi poetici per eccellenza, allora.
«Nella terza raccolta, “Gli strumenti umani”, le due precedenti località sono indicate con gli stessi titoli, preceduti dall’avverbio “ancora”, ovvero “di nuovo”. Nella lirica “Ancora sulla strada di Zenna” l’autore propone il tema del ritorno e quello della immutabilità economico-sociale di un’area segnata, al tempo, da un’economia povera e da una condizione umana legata a vecchie, arcaiche abitudini. Per contrasto, il rumore dell’automobile del poeta simboleggia il progresso, il mutamento economico, e non crea troppe lacerazioni nell’automobilista, il quale esce di scena dopo un attimo di sosta riflessiva, sottraendosi alle turbate piante e correndo oltre».
E proprio sulla tematica del “viaggio” si innesta quella del senso della vita.
«In Ancora sulla strada di Creva, il soggetto poetante e un’amica si perdono sulla strada del ritorno. Lungo il percorso incontrano una vecchia, che ricorda a entrambi la nonna del poeta. Costei, equivocando la richiesta dei due innamorati, interessati a conoscere soltanto la via del ritorno, fornisce considerazioni sul significato della vita e della morte, partendo dal racconto della propria esistenza, segnata dallo scacco amoroso e dalla sublimazione dell’eros. Stupisce che a tanta acutezza dello sguardo il poeta contrapponesse, durante un’intervista, una idea di sé “come di un pessimo visitatore, che non vede molto e si stanca presto”».
In realtà tra le righe si leggono di altri interessi…
«Nella sua terza raccolta poetica, Gli strumenti umani (1965), compaiono tre liriche sull’olocausto: Dall’Olanda, La pietà ingiusta e Nel vero anno zero. Esse affrontano il tema della Shoah e della memoria, con riferimento al modo in cui lo sterminio ebraico e i lager agiscono, con il loro orrore non obliato, sul presente, in Europa, Germania compresa, che tende a rimuovere il suo passato, sommergendolo in un’inesauribile vocazione per i traffici e i commerci, da cui si aspetta un riscatto, che sarebbe però, ove concesso, indulgenza eccessiva (“pietà ingiusta”)».
Luino, Luino e ancora Luino…
«Luino riaggalla anche nell’ultima raccolta di Sereni, “Stella variabile”, con l’accostamento “Luino-Luvino”, titolo della lirica omonima, dove il secondo termine richiama il vecchio, arcaico, nome del paese natale di Sereni. Il luogo dell’anima, rivisitato nella sua storia (“epoche lupesche”), rivive attraverso il volto di una donna e rivela i suoi tratti naturali caratteristici (e degli immediati dintorni): “luoghi folti”, dai “nomi rupestri “, con suono ora dolce ora aspro. E segue l’elenco non interrotto da virgole di tali luoghi, che occupano il verso finale della poesia: “Valtravaglia Runo Dumenza Agra”. Evidentemente Luino, al di là dei vari accadimenti personali e storici, non smette mai di risuonare in Sereni e nei suoi versi».