Politica
July 07 2022
410 voti a favore, 49 contrari ed un solo astenuto. Il tabellone dell'aula della Camera racconta quella che potrebbe sembrare come una tranquilla votazione di fiducia sul Dl Aiuti per questa maggioranza. Invece dietro queste cifre da quasi regime bulgaro si nascondono fibrillazioni che per il momento sono state messe a tacere ma che sono pronte ad esplodere al Senato. Fibrillazioni, ovviamente, tutte interne al Movimento 5 Stelle. Sono stati ben 58 i deputati grillini che hanno scelto di non votare, evitando quindi il voto di sfiducia all'esecutivo ma dando comunque un segnale di alta tensione complessiva.
Fibrillazioni interne con continui saliscendi tra dentro e fuori dal governo con Giuseppe Conte in netta difficoltà che non sembra essere in grado di tenere le varie anime del partito. Si era cominciato ieri pomeriggio con l'incontro a Palazzo Chigi da Draghi e le famose 9 condizioni per il sostegno all'esecutivo ma con la promessa del voto a favore sul decreto Aiuti. Poi, in tarda serata, quando si è trattato di riportare l'esito dell'incontro ai parlamentari pentastellati ecco il primo mezzo voltafaccia: "non assicuriamo il sostegno...". Posizione di attesa che veniva replicata anche in mattinata con una dichiarazione tra il salomonico ed il comico: "Alla Camera votiamo la fiducia, al Senato vedremo...".
E così è andato il voto a Montecitorio. Certo, il fatto che oltre un terzo dei grillini ha atteso la seconda chiamata per votare è un segno di tensione palpabile, come un messaggio all'esecutivo di quello che potrebbe davvero succedere a Palazzo Madama. Dove però bisogna votare in fretta. Il Dl Aiuti infatti va approvato prima del 15 luglio il che significa ben prima della fine del mese, giorno in cui Draghi dovrebbe dare risposte al M5S sulle 9 richieste avanzate ieri. Insomma, il caos.
In tutto questo con il resto del mondo politico che non può assistere in maniera passiva a questo via vai di tensioni sulla sopravvivenza del governo (e della legislatura).
La Lega ha mostrato una certa ritrovata unità dopo l'ennesimo incontro Giorgetti-Salvini: "Voteremo compatti, certo. Forse vi state confondendo - ha detto Giorgetti - i problemi non sono all'interno della Lega ma del M5S. Il Governo andrà avanti senza di loro? Chiedetelo a Draghi e al Parlamento. Per noi non ci sono problemi se ci fossero i numeri per andare avanti. Di sicuro faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per ostacolare lo Ius Scholae e la legalizzazione della cannabis che sono proposte, va specificato, parlamentari e non del governo".
Pace fatta, quindi, nella Lega mentre con il crescere delle tensioni grilline aumentano i dubbi nel Pd; dubbi sull'opportunità di costruire un'alleanza politico-elettorale con quel che resta dei pentastellati in vista delle politiche 2023. Sono sempre di più gli esponenti di spicco del Partito Democratico a guardare con maggior interesse a quanto sta accadendo al "centro" (da sottolineare il lungo colloquio di ieri, non il primo, tra Luigi Di Maio e Beppe Sala) piuttosto che legarsi ad un partito sulla cui forza elettorale e soprattutto tenuta interna, ci sono enormi dubbi.
Per questo i prossimi giorni saranno forse ancora più decisivi per conoscere le sorti del governo e forse anche della prossima campagna elettorale: Sembrano essere tutti in movimento, frenetico; tutti tranne uno: il premier.
«Ho la sensazione che entro fine mese i 5 Stelle usciranno dal Governo e oggi cosa sarà del Movimento non ha nessuna importanza. Ogni cosa deve esistere al momento e al tempo giusto». Lo sfogo di Federica Daga deputata passata con Di Maio, dà l'esatta dimensione di quanto sta accadendo nel mondo grillino.
Come mai prima d’ora Il futuro del Movimento 5 Stelle dipenderà dalle scelte che prenderanno in queste ore. Per i Grillini oggi è il giorno più lungo ma già l’incontro di ieri tra Mario Draghi e Giuseppe Conte ha delineato un quadro molto chiaro. Il documento portato ieri da Conte non ha convinto diversi dei puri del Movimento 5 Stelle che si sentono ancora una volta rassegnati e presi in giro da scelte che sembrerebbero fatte appositamente per distruggerli. Dai punti sulla carta che Draghi dovrà approvare infatti è sparito il termovalorizzatore cavallo di battaglia per la tutela dell’ambiente dei 5 stelle. Un’ennesima delusione per il loro elettorato ma soprattutto chi l’avrebbe mai detto che dall’inceneritore di Roma dipendessero gli equilibri del Governo stesso?
Tra i protagonisti della crisi oltre ad esserci un sempre più ambizioso Luigi di Maio c’è il fautore di tutto, Beppe Grillo. Il creatore del Movimento secondo i ben informati non avrebbe mai superato l’astio con Giuseppe Conte e non nasconde più la sua vicinanza a Mario Draghi. Infatti la settimana scorsa in una riunione con le 5 commissioni parlamentari avrebbe ammesso ai suoi di aver ceduto alle lusinghe di Draghi improvvisando una telefonata finta con il premier che aveva tutta l’aria di essere uno sketch. Ma se l’accoppiata comico/banchiere diverte tanto Grillo allo stesso tempo spaventa chi è rimasto nel Movimento. I Grillini non si fidano più di nessuno, ricevono continue telefonate e messaggi, si nascondono evitano di parlare ma soprattutto temono che Grillo si accordi con Luigi Di Maio. Ma non solo, crescono anche i dubbi verso il capo gruppo della Camera, Davide Crippa; si teme sia un infiltrato e faccia il salto nel nuovo Gruppo dei dimaiani “Insieme per il futuro” che nelle prossime elezioni potrebbe unirsi a Carlo Calenda portando con se altri parlamentari. Intanto dallo staff del Ministro Di Maio arriverebbero chiamate a diversi parlamentari per sondare il terreno forse per reclutare nuovi scontenti da arruolare nel gruppo di chi non vuole fermarsi al secondo mandato. Ma cosa può offrire di Maio? Non certo l’anima di un movimento ormai smembrato ne posti come parlamentare, ma forse degli incarichi pubblici futuri per non lasciare nessuno a bocca asciutta?
Tra loro c’è anche chi non teme di esternare I propri dubbi come il senatore dei 5 Stelle Daniele Pesco che in un post pubblico su fb ha scritto: «Fora di ball. Ieri in assemblea M5S congiunta Camera, Senato ho fatto presente che se ci fossero ancora dei colleghi "indecisi", magari lusingati dai colleghi scissionisti, a lasciare il Movimento 5 Stelle, sarebbe utile che lo facessero, gentilmente, il più presto possibile» o ancora come il senatore grillino Gianluca Castaldi che ci ha dichiarato:« Sono giorni che scriviamo liberamente in chat e non escono fuori le nostre conversazioni sui giornali, perché evidentemente chi sfruttava questi messaggi a proprio piacimento se n’è andato dall’altra parte».
Ma la cronaca dei 5 Stelle si fa sempre più impietosa e chi non é scappato con Di Maio potrebbe farlo con il Pd come si vocifera sul conto del Ministro con i rapporti del Parlamento Federico d’Inca e del Presidente della Camera dei deputati Roberto Fico.
Ma cosa ha spinto i 5 stelle a fuggire con di Maio?«Io sono al secondo mandato ma non sono uscita per questo-ci spiega Federica Daga-anche se sul discorso delle competenze acquisite nel corso del tempo sono d’accordo che non vadano disperse. Sentirmi dire che dopo anni devo prendere e sparire dopo 16 anni di attivismo è abbastanza cattivo e dubito che i 5 Stelle cambino questa regola perché Grillo ha detto che i due mandati resteranno e per lui quello che penso io o gli altri conta zero».
Qual è stata la scelta determinante?
«Il fatto di voler stare in maggioranza perché riesco a lavorarci e a ottenere delle cose mentre in opposizione non si ottiene nulla. Io ho fatto un passo di lato e sono nel gruppo parlamentare che abbiamo formato “Insieme per il futuro”, siamo in tutto 60:50 della Camera e 10 del Senato.I temi che porteremo avanti non cambieranno direzione ma si faranno solo se si avranno gli strumenti necessari per lavorarci».
Lei quindi ha creduto che il Movimento uscisse dal Governo?
«Io ho la sensazione che entro fine mese usciranno e oggi cosa sarà del Movimento 5 stelle non ha nessuna importanza. Ogni cosa deve esistere al momento e al tempo giusto, poi la storia politica italiana cambia sempre».
Cosa ne pensa del termovalorizzatore?
«La questione dell’inceneritore nel testo di legge nemmeno è scritta. C’è un’esigenza di una città, non sono d’accordo con gli inceneritori ma questa è una valutazione che deve fare il sindaco di Roma non posso farla io. Cosa dovrei fare dal sindaco di Roma con la bandierina piantata nel suo ufficio dicendo non lo puoi fare?».