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March 11 2014
Ai nostrani sostenitori delle quote rosa non fa molto gioco invocare come modello gli Stati Uniti, che – contrariamente a quanto accade nel settore privato e nell’educazione – nella vita politica non impongono vincoli di genere o di altra natura. Il risultato è che ci sono soltanto sette donne nel governo di Barack Obama, il presidente che aveva promesso invano una rivoluzione sessuale a Washington. Si è parzialmente rifatto nominando due donne alla Corte suprema, che si sono aggiunte alla storica Ruth Bader Ginsburg. Venti seggi del Senato su cento sono occupati da donne, mentre alla Camera la percentuale femminile si ferma al 18 per cento. Nei ruoli esecutivi a livello dei singoli stati ci sono 74 donne su 318 (23 per cento), equamente divise fra democratici e repubblicani.
Soltanto cinque dei cinquanta governatori sono donne. E per grande scorno dei liberal quattro di queste sono repubblicane, due delle quali persino di una minoranza etnica, tanto da far apparire il Gop come il vero partito dell’inclusione e della “diversity”. Non si sfonda la soglia del venti per cento se si dà un’occhiata ai sindaci: il 18 per cento delle città americane con più di 30 mila abitanti sono guidate da prime cittadine, ma la quota rosa si abbassa attorno al 12 per cento se si restringe l’indagine alle cento città più popolose d’America. Gli Stati Uniti hanno una forte tradizione di quote su base etnica iniziata con la grande battaglia per i diritti civili degli afromaericani. Per garantire un’effettiva eguaglianza di opportunità sono state introdotte leggi per regolare l’accesso alle università e al mercato del lavoro, misure che nel tempo sono state spesso contestate come discriminatorie o ormai inadeguate rispetto alle mutate condizioni sociali. Le donne però non sono mai state oggetto di politiche specifiche per includerne una quota stabilita nella vita pubblica, e si sono affidate al lavoro indefesso di figure in grado di “rompere il soffitto di vetro”, come dicono gli americani, e segnare così un nuovo passaggio femminile. Ma senza bisogno di quote rosa. Hillary Clinton, che sta scaldando i motori per una campagna elettorale della quale manca soltanto l’annuncio formale, ne sa qualcosa.