Immagine del film "Madre" (PFA Films)
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Madre, il vero capolavoro di Bong Joon-ho. Migliore di Parasite

Se avete amato Parasite, quindi avete visto con gioia Memorie di un assassino - Memories of Murder(2003), riproposto al cinema dopo il successo di Parasite, vincitore di 4 Oscar nel 2020, vi stupirete a scoprire che Bong Joon-ho ha fatto anche di meglio. Ovvero: Madre, il capolavoro assoluto del regista sudcoreano, autore diventato una sorta di caso, adorato dai cinefili e ritenuto ormai punta di diamante del cinema contemporaneo (la Mostra del cinema di Venezia ha fatto il colpaccio di assicurarselo come presidente di giuria dell'edizione imminente).

Madre di Bong Joon-ho è un film del 2009, presentato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, e finalmente esce al cinema anche in Italia, dal 1° luglio distribuito da PFA Films ed Emme Cinematografica. È soprattutto un film da non perdere. Fidatevi. È anche superiore a Parasite. Uno di quei film per cui correre al cinema anche se in sala bisogna indossare la mascherina, anche se l'estate porta spesso gli italiani lontani dal grande schermo.

Perché Madre è migliore di Parasite

Parasite è più sottile e affilato, Madre è più viscerale e dirompente. Sconquassa nel profondo.
Parasite ha saputo esplorare le differenze di classe in maniera impietosa, prima in punta di pennello, quindi affondando la lama. Un thriller sociale al contempo diafano e scuro. Madre è un giallo e un dramma crudele e splendente che indaga il rapporto primordiale all'origine di tutto, quello materno. E intanto, nella lotta feroce di una madre per salvare suo figlio, mette dentro tante tematiche, toccandole con profondità, acume e verità: i lati più caldi e torbidi di un rapporto madre-figlio, la superficialità della polizia coreana, la povertà, adolescenze perdute, disabilità, quanto si è disposti a cadere in basso per raggiungere i propri obiettivi…

Il tutto avvolto da un'estetica raffinata e carnosa, da colori luminosi, mentre lo scorrere della trama, audace e silenziosamente devastante, ci lascia spiazzati. Bong Joon-ho orchestra dall'alto, tessendo svolte imprevedibili. E intanto mescola le atmosfere, i toni e soprattutto gli affetti.

Immagine del film "Madre" (Foto: PFA Films)

La scena d'apertura vale tutto il film: da vedere e rivedere

La scena d'apertura di Madre, che meraviglia! La più bella mai vista al cinema. Due minuti abbondanti di pura poesia. La mamma protagonista, donna minuta di mezza età, interpretata da una maestosa Kim Hye-ja, veterana dell'industria cinematografica e televisiva coreana, si avvicina frontalmente alla camera, camminando con fare smarrito in un campo di grano dorato. Indossa gonna e giacca sgualcite ma di una stoffa blu e viola brillante. E inizia un ballo del tutto personale che è insieme lamento e liberazione, sulla musica malinconica ma frizzante di Lee Byeong-woo. Una sequenza che è quanto di umano si avvicini di più al divino.

Quando Bong Joon-ho ha stilato la sua lista di 30 film preferiti, ha segnalato il dramma Wendy e Lucy (2008) di Kelly Reichardt con Michelle Williams definendolo il film «con una delle più belle scene d'apertura della storia del cinema». Ha in effetti qualche richiamo con la scena d'apertura di Madre (la musica, la protagonista che cammina in mezzo alla natura), ma Bong Joon-ho vola sopra ogni altro lido.

Così magnificamente crudele

Madre (non ha altro nome nel film) si prende cura da sola di suo figlio Do-joon, la sua unica ragione di vita, la costante preoccupazione. Quando è nel suo raggio di occhiata, lei non molla mai da lui lo sguardo, teso, quasi morboso e in continuo controllo (anche quando fa la pipì…). Do-joon ha 27 anni, è un bel ragazzo, «i suoi occhi sono un'opera d'arte, come quelli di un cervo», e ha un evidente ritardo mentale. Per mantenersi, a fatica, lei gestisce un piccolo dispensario di piante medicinali e pratica di nascosto l'agopuntura, in una piccola città della Corea del Sud.
Quando Do-joon viene accusato di un crimine efferato e messo in galera, questa mamma premurosa, umile e, a sorpresa, impudente, farà di tutto per scagionarlo. Di fronte alla sciatteria della polizia locale, si metterà ad indagare sul caso da sola. Arrivando a un esito sconvolgente. Com'è sconvolgente la parabola che compie questa «madre Coraggio» e spudorata. Come una goccia cinese, insiste, cerca, scopre, ammanta. Mentre suo figlio Do-joon, pur nella sua semplicità confinata, la osserva, ricorda, mette a nudo le colpe.

Immagine del film "Madre" (Foto: PFA Films)

Quanto amore e quanta violenza possono contenere un esile corpo umano? Quali nefandezze e quali tenerezze possono esibire un cuore in allerta? A che soglia di compromesso con la propria etica si può arrivare per proteggere chi si ama?

La madre meravigliosa e terribile di Kim Hye-ja è eroina e anti-eroina. È la crudeltà della vita, che non può non lordare il bene di male. Come Bong Joon-ho ci ha mostrato poi in Parasite, anche i poveri e gli indifesi sono capaci melliflue ambiguità e di azioni disumane. Il volto tormentato della madre, mentre la polizia la conduce in auto verso il crudele epilogo, fa male. Come brucia la sua domanda disperata: «Dimmi, ce li hai i genitori? Non ce l'hai una mamma?».

Tutto torna

Il sangue dal naso, la rabbia di Do-joon verso chi gli dà del ritardato, le palline da golf, il robivecchi che passa con l'ombrello, l'ago da conficcare nella coscia per dimenticare i ricordi, le frasi sconnesse di Do-joon, il cofanetto per l'agopuntura… Tutto torna. I tanti elementi narrativi disseminati lungo le due ore abbondanti di film sono tutti abilmente collegati tra loro, come in un puzzle che si compone per giungere alla soluzione dell'intrigo. Come nei migliori gialli. Ma in gioco qui, oltre allo svelamento del caso, c'è qualcosa di molto più doloroso e triste. Che ha a che fare con scelte terribili e con dover ergersi a giudici di vite e di morti.

Immagine del film "Madre" (Foto: PFA Films)

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