Moda
August 12 2022
Inaugurata durante la settimana della moda maschile di giugno a Milano negli spazi di Armani/Silos in via Bergonone, la mostra dedicata alla fotografia Magnum Photos - Colors, Places, Faces si presenta come un racconto composito e multiforme creato da vari fotografi per portare la loro visione unica di arte, giornalismo e narrazione.
Giorgio Armani ha scelto le immagini come riflessione sul caleidoscopio unisono di visioni di dieci fotografi internazionali e i rispettivi modi di intendere la fotografia, uniti dal desiderio di esplorare la realtà e di renderne, in forma di scatto artistico, suggestioni ed emozioni.
«La fotografia mi appassiona da sempre perché l’emozione che suscita è strettamente legata alla sorpresa nell’osservare la realtà da un punto di vista inaspettato; – dichiara Armani - in particolare ammiro il lavoro dei fotografi del gruppo Magnum, che ho iniziato a conoscere nel momento in cui io stesso iniziavo a vedere il mondo con occhi nuovi». Colors, Places, Faces accompagna in un viaggio a colori attraverso mondi e culture vicini e lontani, ognuno proposto da ciascuno degli artisti attraverso la sua visione personale.
Fondata 75 anni fa da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, Chim Seymour e George Rodger, Magnum Photos è una delle agenzie fotografiche più famose al mondo che prosegue indomita nel raccontare il mondo attraverso le immagini.
I suoi fotografi sono stati spesso tra i primi ad andare controcorrente, passando dal bianco e nero al colore, condividendo viaggi e scoperte sulle pagine di riviste e periodici in un momento in cui i viaggi di massa ancora non esistevano.
Ancora oggi sono testimoni attenti della storia e continuano a suggerire punti di vista e nuovi modi per guardare alla realtà.
La mostra sostiene i progetti di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e per garantire loro un futuro e una educazione, e si potrà visitare fino al 6 novembre 2022.
Fra i protagonisti, gli scatti intensi di Werner Bischof che ritraggono gli Stati Uniti nel momento della crescita quale superpotenza globale, facendo un uso del colore con le sue sfumature e profondità. Le sue inquadrature audaci ne fanno uno dei precursori del ritratto fotografico americano.
Il mondo latino sudamericano e i Caraibi sono la scelta del racconto di Alex Webb, un altro pioniere dello scatto a colori, famoso per aver catturato momenti enigmatici di casualità, gesti, contrasti evocativi. «Tutto è fotografia; bisogna andare fuori e scoprire il mondo attraverso l’obiettivo» commenta l’artista.
Christopher Anderson porta il racconto della Cina, ritratta nelle sue atmosfere teatrali e surreali, che evocano le sensazioni delle megalopoli e dei volti dei giovani impegnati nel raggiungere i sogni di un paese protagonista per avanguardia tecnologica e consumismo.
Una sua citazione: «Le emozioni sono l’unica cosa che mi interessa in una fotografia. Tutto il resto è solo trucco».
Tokyo e Venezia sono i luoghi del reportage di Gueorgui Pinkhassov che immortala momenti vividi e intensi della realtà quotidiana sulle strade, centrando soprattutto elementi meno noti resi protagonisti da primi piani sfocati, tonalità accese, riflessi e ombre.
Renè Burri si occupa dell’aspetto socio-politico degli edifici e delle persone che vi abitano, utilizzando lo scatto fotografico per contemplare l’architettura: «Quello che conta è riprodurre nelle immagini la stesa intensità che hai sperimentato di persona».
Dubai diviene il racconto di Olivia Arthur, città contemporanea fonte allo stesso tempo di meraviglia e alienazione, cresciuta a ritmi incalzanti e che attrae persone da ogni parte del mondo.
Newsha Tavakolina parla della sua terra, l’Iran, attraverso foto ricche di sfumature e pregne di vita quotidiana locale dove le figure umane sembrano emergere dal mix di realtà e immaginazione.
Narrazione visiva pungente del popolo britannico è quella di Martin Parr che specifica: «Con la fotografia voglio creare una storia partendo dalla realtà e sfruttando i pregiudizi innati delle persone, per poi ribaltarli.
I paesaggi di Salè, Rabat, Marrakesh e Tangeri, sono lo sfondo artistico di Bruno Barbey che ritrae il ritmo di vita lento, le tradizioni artigianali, le architetture quasi intatte, di queste terre complesse e affascinanti.
Chiude l’esibizione, un altro rivoluzionario nell’uso creativo del colore, influenzato dagli effetti cinematografici e da una visione emotiva e narrativa dei paesaggi quali luoghi sublimi. Harry Gruyaert commenta: «Noi riscriviamo il mondo per poi rileggerlo e ridefinirlo. Ciò che è periferico si sposta al centro, i bordi diventano confini insormontabili e spostiamo l’obiettivo per restarne in equilibrio».