Maignan e il razzismo, come vincere la partita

Ha ragione Mike Maignan quando dice che quella contro i razzisti è una lotta difficile e che richiederà tempo e coraggio per essere vinta. Una questione complessa che riguarda gli stadi ma che viene da lontano e che deve interessare l'intera società. Non solo il calcio. Però il numero uno del Milan, vittima di odiosi insulti di stampo razzista a Udine e divenuto l'immagine simbolo del rifiuto di accettare passivamente la deriva discriminatoria, va oltre e accusa l'intero sistema di complicità chiamando all'assunzione di responsabilità tutti. Invito da accogliere senza se e senza ma, ma anche senza dimenticare che passi avanti sono stati fatti e cancellarli sull'onda dell'indignazione allontana e non avvicina il giorno della vittoria.

Ansa

Le regole ci sono e a Udine sono state fatte applicare. Dopo gli ultimi episodi la Figc le ha riscritte e razionalizzate dando a ciascuno degli attori in campo ruoli e responsabilità precisi. L'arbitro Maresca è stato perfetto nell'applicarle e riconoscerlo significa riconoscere che il sistema calcio ha fatto tesoro di alcuni inaccettabili interpretazioni del passato. Chi argomenta che la soluzione giusta fosse la sospensione definitiva della partita con conseguente sconfitta a tavolino per l'Udinese ignora, o finge di ignorare, che ogni provvedimento ulteriore rispetto a quanto fatto da Maresca in campo dipende dalle autorità di pubblica sicurezza e non da un arbitro di calcio.

Per altro, non ci sono leghe che prevedano questo automatismo anche tra quelle indicate come all'avanguardia nella lotta al razzismo. Sbaglia il presidente della fifa, Gianni Infantino, nel prospettare un inasprimento in questo senso delle regole: la Serie A ci è già passata salvo accorgersi rapidamente dell'enorme potere ricattatorio consegnato ai capi bastone delle curve. La soluzione è diversa, esiste ed è già stata praticata.

Gli insulti a Maignan sono stati percepiti dal francese e pochi altri. Lo ha confermato lo stesso portiere del Milan, ricostruendo quanto accaduto, e lo mostra anche la reazione degli stessi compagni di reparto nel momento della "ribellione" di Maignan. Significa che si è trattato di qualche idiota razzista in libera uscita che non deve più mettere piede in uno stadio italiano. Serve certezza della pena che si traduce prima di tutto in certezza dell'identificazione dei responsabili.

Non è una cosa rivoluzionaria ed è uno dei passi avanti compiuti negli ultimi anni. C'è una data da scolpire nella memoria ed è il 4 aprile 2023, il giorno degli ululati contro Lukaku da parte di tifosi juventini allo Stadium. Vicenda chiusa con 171 provvedimenti di allontanamento dopo qualche giorno di indagine utilizzando le tecnologie dell'impianto. Costano qualche centinaia di migliaia di euro, sono alla portata di qualsiasi club o comune che pratichi il massimo campionato. Le parole servono a zero, bisogna andare avanti su questa strada. L'unica che consenta di rispondere a Maignan con i fatti, fargli sentire di essere in un Paese civile dove il razzismo non trova terreno fertile e coperture e nemmeno viene ridotto ogni volta ad argomento da salotto indignato.

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