Maldini resta al Milan (ma hanno perso tutti)

Paolo Maldini e Ricky Massara restano al Milan. L'accordo sul rinnovo del contratto come responsabili dell'area tecnica è arrivato in extremis rispetto alla scadenza del 30 giugno, ma è arrivato. Fine di un tormentone che si è dipanato tra Italia e Stati Uniti e che ha consegnato agli osservatori esterni l'immagine di una società spaccata al suo interno, con visioni e caratteri contrapposti e con questioni non risolte del tutto che affondano nel passato. Un club in movimento, che sta cambiando proprietà e, forse, facce e nel quale l'ex capitano resterà il riferimento principale nelle questioni di mercato. Con quale autonomia e margine di manovra sarà da verificare, perché la storia di queste settimane ha raccontato una realtà parallela rispetto a quella della concordia e condivisione su cui si era basata la cavalcata rossonera fino alla scudetto.

Lo stallo si è sbloccato nella mattinata dell'ultimo giorno, quando dagli States è stata recapitata la bozza corretta con lo spazio solo per le due firme di Maldini e Massara. Prendere o lasciare, in pratica. Paolo Maldini ha preso scrivendo l'ultima pagina del romanzetto estivo che non resterà, però, senza conseguenze. La sensazione è che non ci siano vincitori in questa partita, ma solo sconfitte. E una grande vittima.

Hanno perso Paolo Maldini e Ricky Massara, soprattutto il primo: le vicende degli ultimi mesi hanno portato alla luce una realtà che era rimasta sotto traccia e che ridimensiona ruolo e lavoro del direttore dell'area tecnica. Il Milan ha conquistato uno scudetto inatteso per molti versi, ma evidentemente dentro la società non tutti erano disposti a riconoscerne il merito maggiore all'ex leggenda diventato dirigente. L'uscita pubblica sulla Gazzetta dello Sport che ha aperto la crisi, chiudendo la festa scudetto, non è stata apprezzata (eufemismo) dalla proprietà e ha ricordato quasi più lo sfogo di un calciatore, mancando di tempismo e di una qualità fondamentale per chi siede dietro la scrivania e cioè lavare i panni sporchi in famiglia evitando di sovrapporre se stesso al club. Con la firma esce apparentemente vincitore, ma lo strappo resta e anche la macchia sulla sua immagine.

Ha perso Elliott, che si è fatto esplodere per le mani il caso quando ci sarebbero stati mesi per disinnescarlo. E' vero che l'uscita di Maldini è stata improvvida e ha causato l'irrigidimento delle parti, ma che il contratto dell'area tecnica scadesse il 30 giugno era noto da sempre ed evidentemente nell'inverno non si è compiuto alcun passo decisivo per risolvere la questione. Che il lavoro fosse eccellente non serviva lo scudetto per vidimarlo, ma se anche si fosse ritenuto il contrario si sarebbe potuto provvedere a un soluzione diversa e non arrivare in extremis per digerire una firma arrivata dopo una trattativa così divisiva e che indebolisce tutti.

Non ha vinto nemmeno Gerry Cardinale che in autunno subentrerà ai Singer alla guida del Milan. Il suo è un ruolo indefinito: proprietario in pectore, ma non ancora formalmente, sa che avrà un socio importante sia per quota che per dipendenza economica da lui (il famoso prestito del venditore). Prima di sparire a New York per proseguire nella sua opera, Cardinale ha rilasciato una lunga intervista entusiastica su Maldini e sul progetto: era l'11 giugno, sono seguiti altri 19 giorni di guerra fredda a Casa Milan come se il suo volere contasse meno di altre dinamiche.

Le vittime sono i tifosi del Milan, cui la festa scudetto è stata parzialmente mandata di traverso da un mese di giugno surreale. E' vero che niente cancella l'emozione per l'impresa tricolore, però assistere al regolamento di conti su pubblica piazza ha causato prima stupore e poi crescente irritazione in milioni di persone che pensavano di essersi messe alle spalle gli anni bui del Milan con più anime. Non è stato un bello spettacolo e non lo sarebbe stato con qualunque finale della storia.

Ricucire lo strappo, rammendare le ferite e tornare a restituire una sensazione di compattezza saranno il lavoro dei prossimi mesi. Non sarà semplice e sarebbe importante capire in fretta chi se lo dovrà accollare, visto che suona inverosimile che la nuova proprietà non cambi nulla, ma proprio nulla, della struttura della azienda Milan, non metta qualche suo uomo nei posti che contano, non faccia pesare quel miliardo abbondante che si è impegnata a versare per mettersi a capo di un brand mondiale come il Milan.

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