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September 05 2023
Un colpo solo, tirato con un grosso pugnale dal basso verso l'alto per spaccare il cuore, e il generale in pensione dell'aeronautica italiana Roberto Boemio, 58 anni, cade ferito a morte, mercoledì notte 13 gennaio a Bruxelles, sul marciapiede di fronte al suo garage, al numero 68 di rue Jean Baptiste Colyns, nel quartiere di Ixelles, uno dei più esclusivi della capitale belga. "Un lavoro da professionisti" riconosce la polizia locale, che pure all'inizio crede a un tentativo di rapina da parte di tre giovani balordi nordafricani, rilasciati poi giovedì 14 gennaio. Il fatto è che l'aggressione al generale è una rapina ben atipica: troppi particolari concorrono nel fare emergere la tesi di un freddo omicidio a lungo premeditato, mascherato come azione di normali rapinatori. Innanzitutto: perché mai aggredire un uomo grande e grosso, atletico, in un quartiere nel quale due nordafricani danno subito nell'occhio e in una via tranquilla e silenziosa composta da una fila di casette borghesi e di garage privati (e difatti i testimoni oculari dell' assassinio, dalle loro case, sono molti)? E poi: il portafoglio del generale è stato trovato, intatto, nella tasca interna della sua giacca. E ancora. La Ford Escort bianca usata dai due killer era stata rubata alla periferia di Bruxelles sei ore prima, ma la targa era stata sostituita con quella di un'auto scomparsa nello stesso quartiere centrale di Ixelles molti mesi addietro: un lavoro da esperti, per non destare sospetti in un casuale incontro con qualche pattuglia della polizia, non un'opera di banditelli da strapazzo. La stessa auto è stata trovata, giorni dopo, con l'abitacolo pieno della schiuma di un estintore: è il sistema migliore per cancellare le impronte digitali e anche qui si vede l'opera di professionisti.
Ma quel che più colpisce è il comportamento dei due aggressori subito dopo l'omicidio. Che cosa fanno due balordi che uccidono per errore durante una rapina? Scompaiono, tornano a casa, abbandonano rapidamente la macchina: questa è la norma. I due, invece, quaranta minuti più tardi, tamponano volontariamente un'auto nel quartiere di Jette, dalla parte opposta della città, derubano il proprietario del portafoglio e si allontanano. Il rapinato ha il tempo di annotare tranquillamente la targa: EPT 651. In Belgio, c' è un'espressione giudiziaria che esprime questo comportamento: raggiungere una "certezza poliziesca ragionevole" di innocenza. Vale a dire: se noi della Ford Escort abbiamo fatto quella rapina all'una e un quarto di notte di martedì 12 gennaio, è altamente improbabile che, quaranta minuti prima, abbiamo ucciso una persona (i due, ovviamente, non sanno che la targa della loro auto era stata annotata da alcuni vicini di casa del generale). E anche: noi siamo semplicemente dei rapinatori. Anche in questo caso, molta freddezza e grande professionalità. Ammette il giudice Guy Laffineur, che conduce l'indagine sull' omicidio dei generale Roberto Boemio: "Più passa il tempo, più diminuisce la certezza della rapina".
Bruxelles non è una città qualsiasi. La presenza del quartier generale della Nato una delle principali fonti di vita e di guadagno del complesso militare - industriale internazionale e di tutti gli uffici centrali della Comunità economica europea hanno attirato nella capitale belga non solo politici tecnici, esperti di ogni genere ma anche banchieri, lobbysti e affaristi, di grado più o meno elevato. I servizi segreti di ogni Paese sono di casa: quelli legali sono inseriti nelle strutture di Nato e Cee, quelli più o meno occulti controllano e lavorano nell'ombra.
Di questa guerra sotterranea qualcosa, ogni tanto, appare in superficie. Episodi di spionaggio, furti atipici o altro, ma poi tutto viene ricomposto. Due anni fa, nel quartiere di Uccle, non lontano da Ixelles, fu ucciso davanti a casa sua, proprio come il generale Boemio, John Gerard Bull, l' inventore del supercannone che avrebbe dovuto essere consegnato, in pezzi, a Saddam Hussein. Se ne occupò il Gruppo interforze antiterrorista belga (Gia), che ora indaga anche sull'omicidio del generale italiano, ma non venne a capo di nulla. E' difficile fare indagini in una città piena di spioni che, alla fin fine, si proteggono l'uno con l'altro.
Anche il generale Roberto Boemio non era un personaggio qualunque. Dopo anni di amarezze nell'aeronautica militare italiana, dal settembre scorso era tornato a nuova vita. Con un lavoro diverso: "area manager" della società Alenia, gruppo Iri, nata dalla fusione di Aeritalia e Selenia, specializzata in costruzioni aeronautiche, armamenti ed elettronica. Il generale aveva fatto arredare e tappezzare a nuovo un bell'appartamento al numero 70 di rue Camille Lemonnier, proprio all'angolo del garage di fronte al quale è stato ucciso, aveva chiamato a Bruxelles la moglie e si era gettato a capofitto nella sua nuova professione. Tramite i suoi amici ufficiali della Nato, seguiva i nuovi progetti di sviluppo e armonizzazione dei sistemi d'arma Nato per assicurare all'Alenia la realizzazione di una parte, elettronica, radaristica o militare in senso stretto, di tali progetti. Affari grossi: basti pensare che solo per potenziare con materiale italiano i nostri vecchi caccia F 104 c'erano a disposizione ben 800 miliardi di lire. A Bruxelles il carattere del generale era tornato quello, allegro e gioviale, di un tempo. Nella capitale belga il generale Roberto Boemio aveva potuto dimenticare l'incubo dei suoi ultimi anni in aeronautica: la tragedia di Ustica, il Dc 9 dell' Itavia caduto la sera del 27 giugno 1980 con 81 persone a bordo, le violente polemiche di tanti anni, i sospetti pesanti su tanti ufficiali, le sei morti sospette di militari che, nelle indagini su Ustica, erano stati protagonisti.
Nel 1980 il generale era capo di stato maggiore della Terza regione aerea, che da Bari controllava tutto il Centro - sud dell'Italia, il centro di coordinamento Roc di Martinafranca e i radar di Marsala e di Licola. Se c'erano aerei militari in volo quella sera, se nel cielo era scoppiata una battaglia aerea che ha coinvolto il Dc 9, Boemio doveva aver visto o saputo tutto. Nell'autunno del 1991 il giudice Rosario Priore interroga il generale, un mese dopo il magistrato incrimina per diversi reati, dalla reticenza all'alto tradimento, alti ufficiali dell'aeronautica, Boemio compreso.
La sua carriera militare è spezzata: il generale, ormai appannato e stanco, sa che non può più aspirare a incarichi Nato o ad altissimi comandi di fine carriera e, un anno fa, si dimette dall'aeronautica. Per qualche mese collabora con la società Agusta, che sta progettando l'elicottero comune della Nato, e poi, finalmente, il lavoro felice di Bruxelles. E quella strana morte, con un colpo di pugnale, che in un primo momento è stato attribuito a tre presunti balordi nordafricani.