«Mamma ed imprenditore? Si può, ed è bellissimo»

Mentre in Italia infuriavano le polemiche sulla dichiarazione della parlamentare FDI, Lavinia Menunni, circa il fatto che le donne dovrebbero avere come prima ambizione la maternità, a Milano una giovane donna, imprenditrice, si preparava a raggiungere due dei suoi più grandi obiettivi: chiudere il bilancio della sua start-up a +232% e partorire il suo primo figlio.

Jasmine Haffadi, 27 anni, nata in Marocco e cresciuta a Bologna, dove ha frequentato le scuole ed è stata più volte vittima di bullismo, ha sempre avuto due sogni nella vita: diventare una imprenditrice e diventare una mamma.Due sogni che, per come la vede lei, sono perfettamente complementari, che non si escludono a vicenda, anzi si rafforzano e si motivano l’uno con l’altro.

“Sinceramente non ho davvero capito perché le parole dell’on. Menunni abbiano destato tanto scalpore - spiega -. Sognare di diventare mamma, di avere una famiglia non esclude che una donna ambisca a costruirsi una carriera, una professione o, come nel mio caso, un’azienda. Al contrario io credo che la maternità, che ho vissuto come il più bel regalo della mia vita, sia una motivazione in più per affermarsi nella vita”.

Mamma, a capo di un’azienda (Storefit) che, nata nel 2021, oggi conta 53 collaboratori e 14 palestre diffuse su tutto il territorio nazionale a cui si aggiungono altri 14 point e la previsione di 15 nuove aperture entro la fine del 2024, Jasmine non ha mai smesso di lavorare non per vocazione al martirio,” ma perché - come racconta lei stessa - la gravidanza non è una malattia invalidante, ma una condizione a cui il corpo piano piano si abitua, trasformandosi di giorno in giorno. Non dico che sia sempre stato facile conciliare il lavoro con qualche disagio fisico che vivevo, dico solo che io volevo farcela: volevo lavorare perché amo ciò che faccio e so che è proprio grazie a questo che potrò garantire a mio figlio un futuro di prosperità e serenità”.

Il passato di questa giovane donna, legatissima alla sua famiglia di origine che ha di recente lasciato a Bologna per trasferirsi, assieme al marito, a Milano non è stato semplice. L’infanzia vissuta non certo nel lusso, le scuole dove più di una volta i suoi compagni le avevano strappato l’hijab dai capelli, l’impossibilità di frequentare l’università perché la sua famiglia non poteva premettersela. Eppure era da quella famiglia, dall’umiltà dei suoi genitori, dal loro affetto, che Jasmine traeva la forza per giurare a se stessa che ce l’avrebbe fatta, che avrebbe avuto tutto quello che sognava e che non si sarebbe mai fermata finché non ci fosse riuscita.

“Io volevo diventare mamma - spiega oggi mentre allatta suo figlio e, contemporaneamente, risponde alle e-mail - lo volevo con tutta me stessa. Non so se fosse il primo desiderio della mia vita, ma so che era un desiderio fortissimo. Così come era fortissimo il desiderio di diventare un’imprenditrice. Da che ho memoria li ho avuti entrambi e non ho mai pensato, nemmeno per un attimo che si potessero escludere a vicenda. E oggi che tengo in braccio Justin mentre guardo i numeri del bilancio della mia start-up che ha chiuso il 2023 con un fatturato di un milione di euro posso solo dire alle donne ‘cosiddette in carriera’ che considerano i figli un bagaglio troppo pesante e accusano la società di non supportarle nella maternità, che devono smetterla di giudicare le altre donne, quelle che invece desiderano solo essere madri. Perché per me mio figlio è il completamento di una gioia che ho iniziato a costruire 3 anni fa quando ho creato la mia azienda, non è certo un ostacolo ad essa e al mio lavoro”

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