Manganese: effetto farfalla?

Nella teoria del caos viene sviluppato il concetto che piccole variazioni nelle condizioni iniziali di un sistema possano indurre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine: “il battito d'ali di una farfalla a Pechino può causare un uragano a New York.” Ed è questo che potrebbe accadere nel mercato del manganese, non precisamente un metallo glamour, forse anche a causa della sua natura popolare: è il dodicesimo elemento più abbondante nella crosta terrestre o del suo prezzo talvolta opaco.

In questi giorni in Cina, per l’appunto, stanno accadendo fatti che inducono a credere che i loro effetti potrebbero propagarsi a livello globale. Un tribunale cinese ha messo in amministrazione controllata per insolvenza la Ningxia Tianyuan Manganese Industry (TMI) di proprietà del miliardario cinese Jia Tianjiang: per usare un paragone calzante di un esperto del settore è come se, per l'industria del minerale di ferro, fallisse Rio Tinto.

Jia Tianjiang da venditore ambulante di mele è diventato un magnate del settore minerario cinese con legami tra i più alti settori della finanza governativa cinese. In Cina, ma non solo, strette connessioni a livello politico possono aiutare gli uomini d'affari, come Jia, ad accumulare enormi ricchezze personali ma un cambiamento nel clima politico può riportarli altrettanto rapidamente nell’oblio, o peggio, in carcere. Eventi che in questo periodo, in Cina, sono piuttosto frequenti: da He Jinbi di Maike Metals International, il più grande importatore cinese di rame, a Liu Zhongtian, fondatore della più grande azienda di alluminio dell'Asia, fino a Hui Ka Yan, il fondatore di Evergrande.

La Cina produce oltre il 90% dei prodotti mondiali a base di manganese ma soprattutto detiene di fatto il monopolio del solfato di manganese ad alta purezza, fondamentale per la costruzione di batterie per la mobilità “sostenibile”. Il solfato di manganese viene utilizzato sia nelle batterie basate sulla chimica del nichel (nichel-cobalto-manganese, NCM), che in quelle basate sulla chimica del ferro fosfato dove l’introduzione del manganese, realizzata quest’anno dal principale produttore globale di batterie Contemporary Amperex Technology (CATL), ha portato alla creazione della chimica litio-manganese-ferro-fosfato (LMFP).

Diverse analisi prevedono che la chimica LMFP sarà dominante nei catodi (la parte caricata positivamente di una batteria) nel panorama delle batterie entro il 2030. L'industria globale delle batterie sta assistendo a un significativo spostamento verso il solfato di manganese ad alta purezza come componente chiave nelle batterie anche per ridurre al minimo l’utilizzo del cobalto più problematico da gestire sia per l'instabilità dei prezzi che per le questioni etiche legate alla sua estrazione.

Un paio di anni fa la maggior parte dei trasformatori cinesi di manganese, che rappresentano la maggior parte della capacità globale, ha aderito a una campagna sostenuta dallo Stato per costituire una "alleanza per l'innovazione del manganese". La Manganese Innovation Alliance è guidata dal proprio dal Ningxia Tianyuan Manganese Industry Group di proprietà di Jia Tianjiang. Si tratta, di fatto, di un cartello finalizzato a gestire al meglio il monopolio del settore come confermò in un’intervista proprio lo stesso Jia: "Come leader di questo settore per adempiere alla nostra leadership e influenza, dobbiamo gestire al meglio la nostra produzione per sostenere i prezzi".

Ed infatti dai documenti di pianificazione ed obiettivi emerge chiaramente la finalità di costituire un cartello di produzione prevedendo la centralizzazione del controllo sull'offerta di prodotti chiave, il coordinamento dei prezzi, la costituzione di scorte e reti di mutua assistenza finanziaria. Ora il cardine di questa “Alleanza”, che di fatto controlla una materia prima chiave della batteria di un’auto elettrica, è in amministrazione controllata.

L’uragano che potrebbe abbattersi su New York assume quindi la forma di una impennata dei prezzi del manganese conseguenza delle potenziali interruzioni nelle catene di approvvigionamento cruciali in tutto il mondo per i produttori di batterie vista la situazione critica di Tianjiang. Questo nel momento in cui il ruolo del manganese, un metallo dimenticato nel panorama dei “metalli critici”, è in progressiva crescita poiché l’aumento del suo utilizzo, secondo alcune stime, potrebbe consentire di produrre il 10% in più di batterie con la stessa quantità di nichel, a tutto a beneficio delle case automobilistiche.

Così, mentre il "re del manganese" è alle prese con il suo impero in rovina, le implicazioni sono di vasta portata perché il panorama globale è costituito da una ragnatela di aziende cinesi, spesso partecipate dallo Stato, che si estende in ogni angolo del globo. Quello che sta avvenendo a molti industriali cinesi sono segnali, come governance aziendale, livelli di debito o supervisione normativa, che provengono dall'interno dell'ecosistema imprenditoriale del Dragone e che hanno il potenziale per sconvolgere le catene di approvvigionamento globali che dipendono fortemente dalle industrie cinesi.

Va sottolineato, per coloro non hanno familiarità con le complessità dell'industria metallurgica, che il manganese è un metallo fondamentale anche nella produzione di praticamente ogni tipo di acciaio e questo utilizzo costituisce circa il 90% della domanda. Qualsiasi instabilità all'interno della “Fabbrica del Mondo”, il più grande produttore e consumatore mondiale di acciaio, potrebbe avere ripercussioni significative a livello globale. Il collasso di questi imperi industriali cinesi solleva interrogativi sulla salute generale del suo settore industriale e sui potenziali rischi associati alla dipendenza dell’Occidente da un singolo paese per le risorse critiche.

Ma il manganese è parte strutturale di quella supply chain che il presidente Xi Jinping considera strategica per dominare l'industria globale delle batterie. E mentre si sta avviando un progetto per una nuova unità operativa di TMI in grado di produrre 1 milione di tonnellate all'anno di solfato di manganese ad alta purezza, rendendola il più grande produttore al mondo, è poco probabile che si verifichi il fallimento dell’azienda. Molto più probabili, quasi inevitabili, saranno i ritardi nella produzione programmata esattamente come, inevitabile, pare essere la fine del regno del “re del manganese”.

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