Manovra 2025. L’obiettivo è non fare deficit

Parola d’ordine: non fare deficit. Il cammino verso la Manovra 2025 procede, di vertice in vertice. Tra annunci di ipotesi, ritocchi e cambiamenti, l’unica certezza è l’avvertimento della premier e del ministro dell’economia: il costo della manovra deve restare all’interno dei parametri europei. Una legge di bilancio da 23/25 miliardi di euro.

Martedì prossimo dovrebbe essere esaminato in Consiglio dei ministri il Piano strutturale di bilancio, che poi potrà essere ritoccato. È stato infatti posticipato l’invio a Bruxelles, inizialmente previsto per il 20 settembre, così da poter “usare” anche i dati che l’Istat pubblicherà lunedì 23 settembre sulle stime dei conti pubblici. Il governo punta su una revisione al rialzo del Pil, che garantirebbe più copertura (10miliardi) per la Legge di Bilancio.

Nella Manovra dovrebbe essere confermato il taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi fino a 35mila euro. Lo conferma il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (neo-vicesegretario della Lega) in un’intervista a La Verità: “I contenuti sono scolpiti nella pietra. La priorità va ai salari, quindi la conferma degli sgravi sul cuneo fiscale, e alle famiglie”. Anche per il 2025 quindi una riduzione dei contributi previdenziali di 7 punti percentuali per i redditi fino a 25 mila euro e di 6 punti per quelli fino a 35 mila euro. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe anche quella di estenderlo ai redditi fino a 50-60mila euro. Ma già così il taglio del cuneo fiscale ha un costo di circa 9 miliardi e mezzo di euro. Altra conferma illustre dovrebbe essere la riduzione dell’Irpef, da quattro a tre aliquote, ma forse con qualche ritocco rispetto all’anno scorso. Così come è la conferma costerebbe circa 4 miliardi di euro. Nella Manovra dovrebbe esserci anche la super deduzione al 120% dei contributi sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato.

Le pensioni? Tramontata Quota 41 potrebbero arrivare modifiche su Quota 103, che verrebbe rimodulata con finestre di uscita prolungate. Nella pubblica amministrazione si sta pensando alla possibilità di poter restare al lavoro fino a 70 anni per il tutoraggio o l'affiancamento dei nuovi assunti. E di portare a 67 anni, come nel privato, il limite per la pensione anticipata una volta maturati i requisiti. Per i neoassunti potrebbe scattare l’obbligo di destinare il 20-25% del Tfr ai fondi pensione: “Stiamo lavorando su tre ipotesi: obbligatorietà di trasferire il 25% della liquidazione per tutti i nuovi lavoratori, dare la possibilità di fare una scelta dopo 6 mesi dal trasferimento e silenzio assenso”, conferma Durigon.

Cambiamenti in vista invece per le famiglie. Una delle ipotesi (ma sono stati sollevati dubbi) è di intervenire sulle detrazioni fiscali per chi ha più figli, alleggerendo il carico fiscale delle famiglie numerose. Come? Applicando il quoziente familiare, che permette di calcolare il carico fiscale in base non solo al reddito, ma anche al numero di membri della famiglia. In concreto meno tasse a chi ha più figli. La politica di incentivo alla natalità del governo potrebbe però prendere anche la strada di un rafforzamento dell’Assegno Unico. “Se vogliamo dare una segnale tangibile alle famiglie l’entità della misura deve essere quella, almeno 4-5 miliardi”, quantifica Durigon nell’intervista.

Come era successo l’anno scorso, anche ora si torna a ventilare l’ipotesi degli extraprofitti. Sul tavolo ci sarebbe però solo la possibilità di stabilire un contributo solidale non solo per le banche ma per tutte le grandi imprese.

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