maratea
(Biagio Calderano)
Italia

Maratea, la bellezza venuta dal mare…

Posta in un ideale abbraccio di mare, monti e cielo, Maratea, l’unico affaccio sul mar Tirreno della piccola ed ancora poco conosciuta Basilicata, è divenuta nel corso dell’ultimo settantennio il luogo-simbolo per un’intensa riscoperta culturale, ambientale, sentimentale e, perché no, spirituale: un luogo-ammirazione per una vitalità turistica che segue un singolare itinerario umano ed imprenditoriale consolidatosi a partire da una data simbolica. «(…) Provenendo da Lagonegro, il Conte Stefano accompagnato da papà Oreste, giunto al passo della Colla (in quegli anni, non essendovi autostrada per raggiungere la Calabria, bisognava attraversare i diversi centri, e fra questi, Maratea), fu ammaliato dall’incantevole scenario che si presentò ai suoi occhi. Oltrepassati i monti dell’entroterra lucano, una ridente vallata degradava al mare che lambiva una costa selvaggia e nel contempo dolce ed armoniosa. Il Conte Stefano, affascinato dall’immensa bellezza della natura, come ricorda con commozione chi quel giorno lo accompagnava, con tono perentorio disse: “andiamo a vedere giù”. Giunti a valle, il Conte incaricò i suoi compagni di viaggio di chiedere chi fosse il sindaco di quel luogo che gli appariva quasi incantato. E fu proprio quel giorno del 23 marzo del 1953 che il Conte Stefano Rivetti con grande commozione e trasporto proprio di chi resta folgorato con passione esclamò: “ci fermiamo qui!”».

A ricordare questa pagina fondamentale della storia locale è la giornalista Marianna Trotta, tipico viso mediterraneo incoronato da una cascata di boccoli castani, che rafforzano la passione per la promozione del territorio di questo angolo del Golfo di Policastro, equamente suddiviso tra Campania a nord ovest, Basilicata e Calabria a sud. Il conte cui accenna è Stefano Rivetti di Val Cervo, “l’imprenditore gentiluomo”, che in un lontano e piovoso 23 marzo del 1953 giunse, quasi per caso, a Maratea, contribuendo a cambiare le sorti di questo angolo di una delle regioni, allora, più sconosciute d’Italia. E da quel momento, coniugando abilità imprenditoriale tutta piemontese (i Rivetti di Biella erano, all’epoca, una delle famiglie nobiliari piemontesi che già da secoli legava il proprio nome all’imprenditoria tessile) alla stupefacente natura del Golfo di Policastro, il Conte Stefano avviò un articolato programma di sviluppo industriale e turistico dell’intero territorio posto a cavallo di queste tre regioni, culminato con l’apertura di numerose fabbriche tessili che avrebbero segnato il destino economico di centinaia e centinaia di uomini e donne di questa parte del Mezzogiorno, uscito estremamente povero dal secondo conflitto bellico. Rivetti, dunque: “spinto dal desiderio esaltante e sincero di portare vita nuova in zone che ne avevano veramente bisogno e ne possedevano i presupposti, ma che erano state mortificate dal disinteresse e dall’abbandono di sempre”, come amava ripetere personalmente a chi gli chiedeva di raccontare del suo arrivo in questa parte d’Italia. Sconosciuta all’opinione pubblica, allora, Maratea, metà d’élite oggi, tra le più ambite non solo dal turismo “made in Italy”, ma dal circuito internazionale, di recente ben rappresentato da inglesi ed americani che sempre più spesso e sempre più numerosi vi approdano per trascorrervi lunghe vacanze ed acquistarvi antichi casali da restaurare. “Una perla di eleganza che vuole rimanere nascosta”, titolava nel 2005 proprio Panorama, sottolineando come anche il turista vip scelga Maratea per rimanere nell’ombra, non essere visto, essere ignorato.

Un mix di ricercatezza e tradizioni, fascino e semplicità, dunque: quel fascino che la natura ha elevato a paradigma: «(…) dai monti lo sguardo spazia e scopre la costa di Maratea, la finestra lucana aperta sul Tirreno. Maratea è entrata nel mito per il suo mare, per la costa frastagliata, che conserva -intatto- il fascino di vicende leggendarie: come se davvero fra un’insenatura e l’altra si possano ancora scoprire i rottami di qualche vascello corsaro o trovare resti di bivacchi saraceni. Il senso di un’esatta armonia emerge dal mare, a qualsiasi ora, con qualsiasi cielo, in qualsiasi stagione, nel respiro misterioso della creazione (…)».

Mario Trufelli, scrittore, poeta e giornalista che della “lucanità” ha fatto una ragione di vita prima che di professione -giornalista Rai e poi direttore dell’Azienda di promozione turistica di Basilicata- così descriveva Maratea commentando le spettacolari fotografie di Enzo Capitolino, all’interno di un testo dedicato all’entusiasmante disinvoltura con cui il paesaggio tipicamente marino, quello collinare, e, più su, quello spiccatamente montano si fondono in un mix con pochi eguali.

Maratea, una e molte, verrebbe da dire: sono, infatti, ben undici le frazioni -da nord, al confine con la campana Sapri, a sud con la calabrese Tortora- che giocano a nascondino con la natura: Acquafredda, Cersuta, Fiumicello, Porto, Maratea-centro, Castello-Santa Caterina, Massa, Brefaro, Marina e Castrocucco evocano di continuo quel rapporto ancestrale che si è intessuto nelle ultime sette decadi tra uomo e natura. Non che prima il paesaggio non fosse di una scintillante bellezza: era solo che mancava la forza propulsiva, quella che fece del boom economico italiano non solo un esempio di crescita economica, ma, soprattutto, un’innovativa percezione del territorio e del paesaggio. E qui la natura veramente dà il meglio di sé, alternando paesaggi esclusivamente rivieraschi a scenari montani, in un trionfo di spiagge e calette, grotte e ripari, fiumi, canali e valloni, che rendono davvero reale l’irreale mix di mare e montagna: ora romantiche discese in acqua in una delle tante calette di cui è disseminata la costa, ora percorsi da trekking per escursioni in quota per ammirare, in un sol colpo, un’area geografica che va da Capo Palinuro ai monti del Cilento, dalle cime del Pollino sino alla lunga costa calabrese. Con tanto di sorpresa finale: il cono vulcanico di Stromboli, sospeso a mezz’aria, a dominare le isole Eolie…

Eccola Maratea, «(…) uno scenario di cui forse la natura si era servita per rappresentare sé stessa in una manifestazione di eccezionale generosità. Una distesa d’acqua di colore azzurro chiaro, sui cui a mala pena si distinguevano minuscole imbarcazioni con le vele spiegate come ali di gabbiani, fungeva infatti da sfondo ad una valle dall’andamento irregolare, dove la primavera già da qualche settimana, rinverdendo la vegetazione, aveva diffuso nell’aria la fragranza dell’erba e dei fiori appena sbocciati (…)», come ricorda Tina Polisciano, dinamica presidentessa del Centro Culturale Mario Jose Cernicchiaro, da mezzo secolo cerniera ideale tra paesaggio e cultura.

Eccola Maratea, balcone sul Tirreno, “balcone sul mondo”, come ha sinteticamente scritto quel fine estetologo che risponde al nome di Francesco Sisinni, già direttore generale del Ministero dei beni ambientali e culturali, che contribuì ad istituire da collaboratore di Giovanni Spadolini nel 1974, e che proprio dal suo borgo natale continua a deliziare tutti gli amanti della “Bellezza”: quella “venuta dal mare”, perché «la bellezza dall’antica patria venne a Roma dal mare e Roma la restituì al mondo attraverso il mare, il Mediterraneo (…)».Benvenuti a Maratea!






​Per saperne di più:

  1. Marianna Trotta, Il Conte Stefano Rivetti. L’imprenditore gentiluomo, Centro Grafico Lucano, Lauria (Pz) 2005;
  2. Enzo Capitolino, Immagini per una terra, Roma 1993, (con testi di Mario Trufelli);
  3. Giuseppe Appella, Giovanni Russo, Vanni Scheiwiller (a cura di), Calabria e Lucania, i luoghi, le arti, le lettere, Libri Scheiwiller, Milano, 1990;
  4. Tina Polisciano, Maratea. Quando il pane aveva il sapore del mare, Newton&Compton Editori, Roma 2004;
  5. Francesco Sisinni (a cura di), La bellezza venuta dal mare, De Luca Editori D’Arte, Roma 2003.

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