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Marcinelle, il ricordo della tragedia nella miniera belga

Marcinelle, il ricordo della tragedia nella miniera belga

L’8 agosto del 1956 nelle viscere della miniera del Bois du Cazier morivano 262 minatori. 136 erano italiani fuggiti dalla miseria

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Lo sguardo perso del minatore Rocco Romasco, uno dei pochissimi soravvissuti alla tragedia

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Archivio Nino Di Pietrantonio

L’ing. Calicis (direttore dei lavori della miniera) scende nel pozzo n.1 l’8 agosto 1956. Condannato nel 1961 a soli sei mesi.

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Folla di parenti in attesa di notizie ai cancelli della miniera del Bois du Cazier

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Distribuzione dei viveri ai piccoli orfani dell’incidente del Bois du Cazier

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Gabriele Martinelli il giorno dei funerali di suo padre Modesto l’11 agosto 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Milano, agosto 1956. I parenti delle vittime di Marcinelle alla Stazione Centrale di Milano

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Una immagine del 17 agosto 1956 del funerale di 32 dei 262 minatori morti nella miniera.

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Ansa

I pompieri di Charleroi intenti alla lettura dei primi quotidiani sulla tragedia dell’8 agosto 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Lettomanoppello (Pescara). Funerali dei minatori rientrati dal Bois du Cazier

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Turrivalignani (Abruzzo). L’ultimo saluto alle vittime di Marcinelle

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Archivio Nino Di Pietrantonio

I primi funerali delle vittime l’11 agosto 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Minatori italiani durante un momento di svago. Moriranno tutti nella tragedia del 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

La torre Foraky al Bois du Cazier nel 1956. Questa struttura più moderna e sicura era ancora in costruzione il giorno dell’incidente

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Una montagna di carbone sovrasta le misere baracche del campo Saint Nicolas abitate prima dei minatori da prigionieri di guerra.

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Archivio Nino Di Pietrantonio

La famiglia Di Pietrantonio ritratta davanti alle baracche dove visse per un periodo all’arrivo in Belgio

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Archivio Nino Di Pietrantonio

La casa della famiglia Di Pietrantonio negli anni ’80

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Il passaporto dell’emigrante Orlando Ferrante, morto al Bois du Cazier

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Archivio Nino Di Pietrantonio

La signora grazia Toppi Di Pietrantonio sul ponte di Charleroi nel 1954

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Grazia Toppi con i figli un anno prima del disastro del 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Le vedove Toppi ritratte a Charleroi nel settembre 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Minatori al campo Saint Nicolas nel 1955

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Camillo Ferrante con la moglie a Saint Nicolas nel 1955

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Paolo del Rosso con un collega. Sullo sfondo l’impianto del Bois du Cazier. Del Rosso perde la vita l’8 agosto 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Re Baldovino del Belgio in visita alla miniera nell’agosto 1956

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Archivio Nino Di Pietrantonio

Il monumento alle vittime del Bois du Cazier a Marcinelle nel 1981

I Belgi li trattavano più o meno come prigionieri di guerra. Erano i lavoratori italiani della miniera del Bois du Cazier a Marcinelle vicino a Charleroi. Si erano sentiti spesso chiamare “musi neri” o “sporchi maccaroni“. Siamo nel 1956, ma le condizioni di vita dei minatori emigrati riportavano ad almento 10 anni indietro, quando le misere baracche dove alloggiavano erano state utilizzate prima come lager dai nazisti e poi come campo di prigionia per gli stessi tedeschi. 

Il Belgio si trovava in quegli anni in una situazione opposta a quella dell’Italia stremata da una guerra perduta. Aveva molte risorse e poca mano d’opera disponibile. Il nostro Paese invece mancava completamente di riserve energetiche, centellinate dai vincitori. 

Fu un accordo politico siglato nel 1948 dai governi di Roma e Bruxelles a portare decine di migliaia di italiani spinti dalla fame a lavorare nei pericolosi cunicoli delle miniere del Belgio. Braccia umane in cambio di carbone. Il contratto prevedeva per i minatori un periodo minimo di un anno di lavoro, pena l’arresto in caso di rescissione da parte loro. Per 8 anni fino al giorno della tragedia, gli italiani lavorarono giorno e notte in cunicoli alti appena 50 centimetri a più di 1000 metri dentro le viscere della terra, spesso vittima di esplosioni di grisù e di malattie gravi come la silicosi.

La speranza per 262 minatori, di cui 136 italiani, si spense poco dopo le 8,20 del mattino dell’8 agosto 1956. Nel pozzo N.1, un impianto obsoleto in funzione dal 1930, si verificò un incidente ad un ascensore carico di carrelli di carbone. Uno di questi sporgeva di alcuni centimetri dal vano di carico e per un errore umano fu fatto partire verso la superficie. L’attrito del carrello sporgente spezzò contemporaneamente cavi elettrici e tubazioni d’olio per macchinari ad alta pressione.

L’incendio si innescò immediatamente e invase presto le gallerie puntellate con travi di legno e prive di sistemi di sicurezza efficaci. Presto dai due pozzi della miniera iniziarono a levarsi alte colonne di fumo, mentre la squadra di soccorso del Bois du Cazier distava ben 1,5 km dall’impianto. Non fu neppure fermato il pozzo di aerazione, fatto che contribuirà ad alimentare l’incendio ed i gas letali da questo sprigionati. Le fiamme furono domate solo 24 ore dopo con l’ausilio dei pompieri di Charleroi, ma i superstiti furono soltanto 13. 262 cadaveri giacevano inghiottiti nelle gallerie, ed i quotidiani uscirono con il titolo a cinque colonne “Sono tutti morti“.

Gli ultimi corpi furono recuperati il 22 marzo del 1957, mentre iniziava l’inchiesta sulle responsabilità della tragedia. Come prevedibile, la Commissione belga nella quale furono chiamati anche alcuni ingegneri minerari italiani, scagionò la società delle miniere del Bois du Cazier in un iter pieno di omissioni e vizi di forma. Nessuna tra le vittime ebbe giustizia né risarcimento in quell’estate di 60 anni fa quando la vita umana valeva una manciata di carbone.

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Per un approfondimento sulla storia del disastro di Marcinelle, segnaliamo il libro di Toni Ricciardi “Marcinelle, 1956: quando la vita valeva meno del carbone”, da cui sono tratte le immagini della gallery di questo articolo.

(Questo articolo è stato pubblicato la prima volta l’8 agosto del 2016)

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