Margherita Missoni, paladina della moda senza spocchia

Prezioso, specie per una femmina, chiedere consigli di stile e «bon vivre» a una giovane donna che per mestiere ha fatto anche il volto nel mondo di una maison di moda, che poi è quella fondata dai suoi avi. La frivola conversazione avviene a 24 ore dalla nomina di nonna Rosita a Cavaliere del lavoro «attesissima, perché, più di nonno Ottavio, era lei quella con la testa da imprenditore lombardo» e a pochi giorni dal riconoscimento assegnatole dall’Italy-Usa Foundation per «il suo successo nelle relazioni transatlantiche». Appena rientrata a Varese, dopo tre giorni a New York, Margherita Maccapani Missoni, neomamma 31enne, è dunque nel suo assetto più credibile per dare dritte da globetrotter.

Che cosa aveva nella valigia?

Poche cose perché uso sempre il bagaglio a mano. Sono superorganizzata e impiego un sacco di tempo a prepararlo. Due sono le regole: una sola lunghezza di gonne e pantaloni su cui abbinare scarpe e capispalla proporzionati; una sola cromia intorno a cui far ruotare tutti i look.

Gli oggetti necessari per un lungo viaggio.

Ipod, gambaletti per la circolazione del Dr. Scholl’s che fanno la differenza perché così non si gonfiano le gambe in volo, cuffie silenzianti del Dr. Dre, melatonina liquida che si assimila meglio ad alta quota, maglia con cappuccio: evita gli spifferi, oscura, isola.

L’accessorio glamour.

Le cinture da sera: su un abito semplice, o anche da gran sera, danno un tocco moderno e cosmopolita. Finiscono il look. Le più belle sono quelle di Alaïa.

Cosa declassa un look?

Di questi tempi, tutto ciò che è eccessivo e trendy è fuori luogo. I tacchi scultura e i bracciali fino al gomito, per esempio.

I suoi trucchi di bellezza.

Il lavandino pieno di acqua gelata in cui immergere il viso e la doccia alternata calda e fredda sono fondamentali quando ho dormito poco. Nella cosmesi, di recente, ho scoperto uno stick iridescente di Marc Jacobs che do sulle guance anche da non truccata, per un aspetto fresco. E i correttori di By Terry.

Lo stilista preferito, dopo Missoni.

Il migliore al mondo è Yohji Yamamoto, poi Isa Arfen.

Un film, un libro, una canzone.

La strada, di Federico Fellini, Memorie d’una ragazza perbene, di Simone de Beauvoir, Sweet Child O’ Mine deiGuns N’ Roses, il mio gruppo preferito.

Il viaggio più bello.

Mi ha colpito il Laos. Sulla Lonely Planet avevo letto che sono «the chillest people of the world»: è vero, impressiona la tranquillità di quelle persone.

Vissuta tra la provincia di Varese, Milano e New York: quale città la ispira?

Se oggi potessi trasferirmi, senza avere vincoli familiari o lavorativi (è sposata con Eugenio Amos, ndr), andrei a Los Angeles: non l’avrei detto dieci anni fa, ma ora è cambiata, non è solo la Hollywood degli eccessi.

Una stanza di hotel che merita di essere vista.

L’ultima, al piano terra sulla sinistra, dell’hotel Pellicano, a Porto Ercole. Un luogo senza tempo, che non significa rétro.

La casa dei Missoni è a Sumirago, vicino a Varese. Che cosa consiglia di vedere da quelle parti?

Il paesino medievale di Santa Maria del Monte,

al Sacromonte: una montagna sacra dove ci si imbatte in persone di forte spiritualità.

È mamma di Otto da poco più di un anno: come ci si veste decentemente in gravidanza?

Esiste un sito geniale, Nineinthemirror.com, che seleziona capi «normali», compatibili con donne incinte: trovo triste il «premaman». Altrimenti, il cappotto della gravidanza lo avevo comprato da Coss: fa capi con volumi a uovo, un po’ nordici che coprono tutto e non costano un capitale.

Per Missoni disegna le linee bambina, mare, accessori e bijoux: di quale progetto è più fiera?

La borsa Miss 01, a trapezio: sta andando molto bene.

Nel fashion system è nata e cresciuta: chi le piace di questo mondo?

È difficile per me separarlo dal resto della vita.

Mi piace chi è rimasto ancorato alla realtà senza scendere a compromessi: Suzy Menkes, giornalista; Stella Tennant, modella; Marco De Vincenzo, designer; Jürgen Teller, fotografo.

Chi non le piace?

Tutti quelli, ridicoli, che non sanno rendersi conto che facciamo solo vestiti: regaliamo sogni, ma non salviamo il mondo.

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