Personaggi
December 07 2022
Nella sua prima biografia, La stoffa della mia vita - un intreccio di trama e ordito, Martino Midali ripercorre 40 anni di carriera, una storia di successi, stoffe, ricami, di lotte alla discriminazione di taglie, età anagrafica, professione, e la celebrazione di una moda che ha sempre voluto essere inclusiva.
Fondatore del brand che porta il suo nome, fin dal principio della sua carriera Midali si è distinto nel panorama fashion della Milano degli anni Settanta e Ottanta per la sua capacità di comprendere i bisogni della donna, sempre più libera, forte ed emancipata, anticipando di fatto i tempi attuali, dominati dall’athleisure e da capi fluidi o sportivi.
Profondamente legato alla città di Milano, che negli anni è diventata la sua casa, quest’anno lo stilista è stato premiato con l’Ambrogino d’oro, la più importante onorificenza conferita dal comune di Milano.
Quest’anno si celebrano i primi 40 anni del suo brand. Come si sente ad aver raggiunto questo traguardo?
I miei 40 di lavoro sono stati un momento un momento di riflessione. Ho iniziato questo percorso molto giovane e non mi sono mai fermato a capire davvero quello che mi stesse succedendo. Mi sono reso indipendente a una giovane età, il mio obiettivo era fare qualcosa che mi piacesse, che mi potesse rendere felice e credo di esserci riuscito.
Il suo lavoro ha influito in maniera importante sull’evoluzione della moda italiana negli anni Ottanta. Cosa ricorda di quel periodo?
Sono figlio di una generazione che non sento propriamente mia. Mi sento un figlio dei fiori, parte di quella generazione del cambiamento. I romanzi di Jack Kerouac hanno rappresentato per me una grande fonte di ispirazione soprattutto nella mia formazione artistica. Ho sempre ricercato questa idea di libertà. Sapevo di essere una persona molto creativa, ma al tempo stesso ero consapevole che la mia sensibilità poteva diventare pericolosa, per questo motivo mi sono sempre tenuto lontano dal mondo delle droghe, non volevo trovare la mia realizzazione in quel mondo.
Quali sono stati i primi passi di Martino Midali stilista?
È iniziato tutto con una tshirt. Volevo dare vita a una semplice maglietta, ma che avesse il mio tocco unico. Ecco allora che è nata una tshirt molto colorata, molto americana. In una avevo preso un’immagine di Rod Stewart con i suoi capelli che si tingevano di vari colori, in un’altra gli ho messo tra le mani un rossetto, come segno di divertissement. Un prodotto molto all’avanguardia.
Cos’è successo dopo?
Ho fatto diventare di moda le felpe, fatte di un materiale povero. Da lì ho iniziato a lavorare con il jersey e fare pantaloni e gonne con l’elastico in vita. Ho sempre avuto ben chiaro la donna per cui creo i miei abiti, una donna che si vuole realizzare nel suo lavoro che vuole proteggere la propria femminilità per assumere un ruolo di rilievo. Dal giorno in cui ho scoperto il jersey come materiale e l’ho fatto mio per dare forma a un’idea di donna che non esisteva fino a quel momento.
Come continua a rinnovarsi Martino Midali anche dopo 40 anni?
Quando si fa il mio lavoro, se lo ami davvero, trovi sempre cose nuove a cui ispirarti. Anche dopo 40 anni di lavoro, continuo a creare con la stessa passione per una moda capace di rispettare l’individualità delle donne, in un continuo dialogo con quest’ultime, perché le esigenze cambiano. La mia donna resta però la stessa, quella radical chic milanese contemporanea, dinamica e sofisticata.
Cosa significa per qualcuno legato a Milano come lei ricevere l’Ambrogino d’oro?
L’Ambrogino è un riconoscimento molto ambito per i milanesi ed è stato lo stesso anche per me. Ho vissuto Milano prima che fosse una metropoli e nel mio piccolo, con la mia moda, ho contribuito a trasformarla in quella che è oggi. Nel 2020, ho deciso di aderire al progetto ORME Ortica Memoria, «Il Duomo» all’Ortica». Per puro caso il mio centro logistica si trova in quel quartiere, a cui sono da sempre molto legato, per questo ho deciso di partecipare e decorare i muri con dei graffiti sulla città di Milano, un’espressione della mia milanesità. Per me Milano è un motore importantissimo per l’Italia, ma è anche qualcosa di indispensabile per la mia personalità e il mio essere.