Economia
September 30 2022
Il consenso non c’è, non si trova (o non si vuole trovare) e pare impossibile percorrere una strada unitaria per uscire compatti dalla guerra del gas. Dopo l’ennesimo vertice fallimentare dell’Unione Europea il senso di svilimento di fronte alla capacità di agire compatta dell’Europa è palpabile.
Il Consiglio europeo che si riuniva oggi non aveva in agenda il tema del price cap (rimandato a data da destinarsi) e ha raggiunto un generico “accordo politico” in merito alle “misure per mitigare i prezzi elevati dell'elettricità: riduzione obbligatoria della domanda di elettricità, massimale sui ricavi di mercato dei produttori di elettricità inframarginali”, i cosiddetti extraprofitti, e "contributo di solidarietà dei produttori di combustibili fossili".
Al suo arrivo al Consiglio UE Sul Kadri Simson, commissaria UE all’energia in merito al price cap ha detto: “dobbiamo trovare una strada che sia accettabile per tutti gli Stati membri perché altrimenti l’approccio a livello Ue creerà divisioni” e ha poi aggiunto “Diversi Stati membri si aspettano soluzioni differenti, ma la Commissione deve presentare un’idea che abbia un ampio consenso”.
Consenso che, evidentemente, non c’è come spiega a Panorama.it Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity che commenta così il mancato accordo sul price cap, ovvero il tetto da imporre al prezzo del gas naturale d’importazione.
“Oggi siamo di fronte a un grande fallimento della diplomazia italiana e del Ministro Cingolani – esordisce Torlizzi che poi spiega - che ha spinto per mesi sul discorso del price cap proponendo che fosse generalizzato a tutti i paesi importatori senza considerare i rischi che un provvedimento del genere potrebbe comportare perché provocherebbe non solo il dirottamento del gas liquefatto lontano dall’Europa e verso l’Asia, ma andrebbe anche a rovinare le relazioni con quei Paesi che oggi dovrebbero aiutarci nell’affrancamento dalla dipendenza dal gas russo”.
Torlizzi, tra i massimi esperti del tema, ha aggiunto: “Senza considerare questo il governo è andato avanti in maniera testarda su questa linea non curante neanche delle opposizioni e della contrarietà degli altri Paesi che, nella maniera più evidente possibile, continuavano a mostrare delle perplessità. Posso anche capire un tentativo, ma se si comprende che non c’è un contesto favorevole bisognava da tempo fare un passo indietro. E’chiaro che il tentativo di imporre un tetto europeo al prezzo del gas si stava facendo perché si ha consapevolezza dei ridotti spazi di bilancio che ha l’Italia, ma la realtà è che questo provvedimento non sarebbe mai stato approvato”.
A fronte, quindi, dell’attuale situazione adesso l’Italia deve rimboccarsi le maniche e come gli altri strati membri agire in prima persona per tutelare imprese e cittadini.
“Il problema – chiosa Torlizzi - non è tanto il fallimento del governo – visto che si tratta di un esecutivo uscente – ma piuttosto di cosa ereditiamo da questa situazione. Se adesso passa l’idea di un price cap solamente nei confronti del gas russo questo avrebbe un impatto molto pesante nei confronti dell’Italia perché adesso i flussi di gas rimanenti che arrivano dalla Russia sono quelli che passano dall’Ucraina e arrivano a Tarvisio. E’ chiaro che se oggi andassimo a fare un cap solamente sul gas russo – che già era abbastanza concreta l’idea che questi prima o poi lo avrebbero tagliato – li inviti a tagliare le forniture ancora prima ed è un grandissimo peccato perché negli ultimi giorni il prezzo del gas italiano quotato al PSV stava mostrando uno sconto anche forte rispetto al TTF di Amsterdam in relazione al forte calo dei consumi industriali”.
Una doppia cecità che rende l’Italia doppiamente responsabile della situazione “Non si è capito né l’andamento del mercato, né la fattibilità del piano e quindi il rischio è davvero quello di ritrovarsi a corto di gas questo inverno. E’ chiaro che la priorità numero uno è quella di agire sulle bollette e anche in questo senso l’Europa dà segnali forti che l’Italia non coglie. Prima il Regno Unito, poi la Rrancia adesso la Germania col maxipiano da 200 miliardi avevano già mostrato la loro totale mancanza di fiducia nei confronti dell’ipotesi del price cap indicando la via del “cap” sulle bollette . Se poi ognuno agisce per i cavoli suoi varando un cap non sul costo del gas ma su quello delle bollette è un segnale che avrebbe dovuto indurre a perseguire questa strada. E’ urgente che anche il nostro governo vari un cap alle bollette perché il rischio è di creare un gap di competitività nei confronti delle imprese europee che potranno vantare degli aiuti maggiori nei confronti delle loro imprese”.
Uno scenario che Gianclaudio Torlizzi aveva già ipotizzato mesi fa. “A me sembra – sostiene - che si stia un po’ dipanando quello scenario di cui già a marzo parlavo e che cioè questa crisi energetica rischia di pregiudicare in maniera irreversibile la questione tra i paesi europei. L’unione monetaria deve assolutamente tutelarsi perché questa crisi altrimenti rischia di essere irreversibile”.
Un’Europa inetta e inefficiente, quindi, sta pregiudicando un’unione che, nei fatti, non c’è. In Europa ogni Stato membro ha esigenze e bisogni diversi ed è utopico oltre che inutile pensare di disegnare un progetto comune e che vada bene a tutti. Ogni nazione dovrebbe avere il diritto e il dovere di pensare per sé e tutelare i propri interessi sapendo che l’Europa esiste per sovrintendere tale tutela nazionane. “L’Europa – prosegue l’economista - nei confronti di quei paesi che non hanno spazio in bilancio – come l’Italia - dovrebbe tendere una mano e sostenere un’azione d’aiuto. Se non lo dovesse fare il rischio sarebbe che poi l’Italia si trovi da sola nei confronti dei mercati a dover giustificare questa azione. Serve un placet europeo per gestire quella che potrebbe essere una reazione negativa del mercato. Se questo non avviene è fondamentale che l’Italia, nell’annunciare un piano d’aiuto, al tempo stesso evidenzi anche un piano di rientro credibile e serio dopo questa fase di aiuto. In questa maniera i mercati potrebbero essere meglio gestiti e il nervosismo ne verrebbe sopito. Se tu “Stato” nell’ampliare il tuo bilancio comunque comunichi un piano serio di rientro resti credibile anche se è chiaro che sarebbe meglio se ci aiutasse l’Europa”.
Torlizzi poi conclude profetico: “L’Italia è il Paese più esposto alla dipendenza dal gas russo al pari della Germania, ma la Germania ha più spazio in bilancio e quindi si è potuta muovere in maniera più autonoma, mentre l’Italia questo spazio non lo ha. Questo non vuol dire che dobbiamo lasciare le nostre imprese alla mercé imprese straniere perché se non si fa niente rischiamo una scalata generalizzata al nostro sistema industriale nazionale da parte delle imprese europee. Al si là della tensione sociale che ovviamente tornerebbe a salire, c’è il rischio di una take over sul sistema industriale italiano se non si agisce per tempo, una scalata al nostro sistema d’imprese che metterebbe a rischio l’intero sistema produttivo italiano”.