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October 23 2024
In cinquant’anni la Liguria ha perso 300 mila abitanti. Nel 1974, infatti, i residenti erano 1,8 milioni e ora sono 1,5 milioni. Un’emorragia che non si è arrestata nonostante l’arrivo di 150 mila stranieri. Tra le regioni d’Italia, quella che si reca al voto per eleggere il nuovo governatore (ne parliamo a pagina 14) dovrebbe dunque prestare la massima attenzione al tema della denatalità e alla questione degli incentivi per aumentare la popolazione. Invece, in vista delle elezioni, le forze politiche sono riuscite a dividersi pure sul tema dei figli. È bastato che Marco Bucci, sindaco di Genova e candidato del centrodestra, dicesse cose normali, circa la necessità di aiutare le famiglie, per scatenare il putiferio. Durante un dibattito elettorale organizzato dalla diocesi del capoluogo ligure, il manager artefice della ricostruzione del ponte Morandi si è fatto «sfuggire» che «se non si fanno figli non è solo un problema economico, ma di altro tipo. E io vorrei che tutti noi avessimo fatto figli. Fare figli fa bene alla società». E ancora: «Bisogna che ci sia un welfare che supporti le famiglie. Ma siamo di fronte a un problema sociale, educativo, che va affrontato con l’aiuto di associazioni a livello della cosiddetta società civile». Di più: «Non raggiungeremo il risultato se non siamo in grado, dal punto di vista sociale, di dare il grande messaggio che chi fa figli contribuisce al successo della nostra società».
Non si era ancora spenta l’eco delle sue parole che l’altro candidato, Andrea Orlando, più volte ministro nei governi di sinistra, era già sul piede di guerra e accusava l’avversario di voler criminalizzare chi non ha avuto figli. A seguire sono arrivate le prese di posizione della Conferenza delle donne democratiche, che hanno definito gravi e inadeguate le parole di Bucci, il quale - a loro dire - non avrebbe tenuto «in alcun modo in considerazione la complessità della questione», arrivando a «discriminare chi, per ragioni personali, mediche ed economiche non ha potuto o voluto fare figli». Ovviamente, non poteva mancare la Cgil, che attraverso la sua segretaria confederale ha definito «offensivi i termini utilizzati da Bucci nel confronto tra candidati. Anche lui, come la destra al governo, pensa di contrastare la denatalità colpevolizzando chi non fa figli» eccetera.
Poteva essere la classica tempesta in un bicchiere d’acqua, invece ci si sono messi anche i pesi massimi del pensiero progressista contemporaneo, ovvero Lilli Gruber, Michela Marzano, Aldo Cazzullo. La conduttrice di Otto e mezzo, forse sentendosi chiamata in causa come donna, è apparsa addirittura stizzita: «Queste uscite sono non commentabili. Il sindaco di Genova Marco Bucci se le tenga per sé queste cose, anche perché la stragrande maggioranza delle donne non è contenta». Per l’occasione è scesa in campo anche Roberta Pinotti, ligure come Orlando ed ex ministro in quota Pd, la quale si è detta indignata e amareggiata. «Le parole di Bucci mi hanno fatto rivivere il dolore di non poter avere figli». Mi scuso se ho riportato molte delle frasi che hanno alimentato la polemica, ma credo che rileggerle aiuti a capire che il duello andato in scena a Genova è qualche cosa di più di uno scontro tra candidati in vista di un appuntamento elettorale locale, ma è la rappresentazione di un’idea diversa di società fra due parti politiche. La prima, quella esplicitata da Bucci, prende le mosse da un problema demografico drammatico. Panorama alla questione ha dedicato due anni fa una copertina. Secondo l’Istat, nel giro di cinquant’anni la popolazione italiana passerà da 59 a 47 milioni. Tutto ciò, considerando un tasso attivo di 6,5 milioni di migranti. In pratica, gli italiani entro il 2070 diminuiranno di un terzo e saranno quasi 20 milioni in meno. Un demografo come Roberto Volpi alla questione ha dedicato un libro, dal titolo inequivocabile: Gli ultimi italiani. Come si estingue un popolo.
La seconda idea di società che emerge dalla polemica genovese è quella della sinistra, che della questione della natalità e dell’autunno demografico non vuol sentir parlare e reagisce con fastidio al discorso del sindaco di Genova, perché offende chi non vuole o non può fare figli. Forse deriva dalla convinzione che a controbilanciare il calo della popolazione contribuiranno i migranti. Come dimostrano le previsioni Istat, ma anche il libro di Volpi, è una convinzione sbagliata. O forse più semplicemente le forze politiche di sinistra e gli intellettuali che la sostengono pensano che la maternità non sia argomento da mettere al centro del dibattito politico e nemmeno da sostenere con politiche adeguate. Infatti, che c’è di male nel dire che se non vogliamo estinguerci, e dunque che se non vogliamo che la nostra società e la nostra cultura spariscano, dobbiamo avere degli eredi? Perché si deve rimuovere il problema, che esiste e, ribadisco, è drammatico, in nome di un presunto rispetto di una minoranza che non può o non vuole fare figli? Bucci ha ragione: bisogna creare le condizioni economiche e il welfare per aiutare le famiglie. Ma occorre soprattutto educare i giovani all’idea che fare figli è una gioia e non un fastidio. Perché dietro al calo delle nascite si nasconde anche un problema culturale, un individualismo che spinge a non immaginare un futuro per sé e per le persone a cui si vuole bene. Non fare figli, per volontà non per necessità, a volte è una scelta egoista, di chi pensa che crescere un bambino sottragga tempo alla propria carriera, alla propria libertà e al proprio divertimento. Naturalmente, ogni aspirazione è legittima, anche quella di non avere legami e di vivere senza alcuna responsabilità nei confronti di altri. Ma non è legittimo impedire ad altri di discutere di denatalità e di modi per aiutare le donne ad avere figli. Oppure l’unica «conquista» della società moderna di cui secondo la sinistra si può parlare senza essere censurati sono i bambini nati dall’utero in affitto?