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March 14 2022
Mancano 99 giorni alla maturità. Per quasi mezzo milione di studenti l’esame di Stato più controverso della storia avrà inizio il 22 giugno con la prima prova, il tema di italiano uguale per tutti, come da tradizione. Seguirà la seconda prova, modellata sulle discipline di indirizzo di ogni istituto (latino e greco al classico, matematica e fisica allo scientifico, per intendersi) e poi ci sarà il colloquio orale conclusivo.
I giorni di scuola sono 200, per cui l’ordinanza odierna che regola e disciplina l’esame finale giunge a metà anno appena superata. Avremmo potuto aspettarci di meglio dal punto di vista della gestione dei tempi, per non parlare di quanto viene stabilito per disciplinare le prove e i punteggi.
La cronistoria di questo esame è assai complessa. Dopo due anni di maturità costituita dal solo colloquio orale causa Covid, a gennaio il ministero aveva predisposto il ritorno delle prove scritte, scatenando molte polemiche. Da una parte c’era chi sosteneva che le classi quinte di quest'anno fossero le più colpite dalla pandemia e dalla didattica a distanza e quindi quelle da tutelare maggiormente. Dall’altra parte c'era, come chi scrive, chi sosteneva che comunque ci fosse il tempo per ritrovarsi nelle difficoltà e imparare ad affrontarle insieme, con cinque mesi di lavoro sodo, insieme, con ruoli differenti e desiderio di riscatto da parte di tutti.
L’ordinanza di oggi non modifica il calendario d’esame, ma agisce profondamente sulla sua sostanza. Vengono assegnati 10 centesimi (anziché 20!) alla seconda prova, da sempre la più temuta, svuotandola totalmente di significato. Perché uno studente dovrebbe impegnarsi a fondo per affinare la sua preparazione o per colmare le sue lacune nelle discipline di indirizzo se il suo sforzo varrà un paio di centesimi?
Che differenza ci sarà tra prendere quattro e prendere sette in una valutazione finale che conta non 10 punti, come in classe ogni giorno, ma 100? Non si studia per il voto, certamente, o meglio non si studia solo per il voto, però è chiaro che avvicinarsi alla prova finale significa anche misurarsi con un numero di uscita da raggiungere, o da sognare, o da scongiurare.
Così invece cade un po’ tutto, perché questa ordinanza pilatesca scontenta tutti. Chi voleva il ripristino delle prove scritte non trova in questo sistema un pungolo motivazionale per l’ultimo sforzo. Chi invece si è battuto perché questa fosse un’ulteriore maturità emergenziale, si ritrova con tre prove, di cui due scritte, che valgono meno ma che generano e genereranno ansia e polemiche.
Al di là di tutto questo mondo perfettibile che è la scuola e la sua legislazione, ora serve pensare ai ragazzi e dedicarsi a loro, per garantire loro i 99 giorni migliori della loro scuola superiore. Dovranno trovare – non nelle carte e nella burocrazia – energia e stimoli per concludere al meglio un percorso tormentato. Dovranno trovare la forza per ascoltare le lezioni meglio che mai, con la certezza, a ogni inizio di lezione, che ciò che si ascolta e si capisce a fine marzo, ad aprile e a maggio, a giugno si ricorda ancora.
Dovranno trovare il modo per studiare insieme, facendo squadra, sentendosi compagni di viaggio nella sventura di questi anni, mettendo in comune il silenzio di un’aula di studio e il tempo per ascoltare ripetere l’altro. Dovranno farcela da soli, con la loro classe fatta di compagni-amici-docenti-genitori nonostante questa ulteriore, nuova e sbalorditiva ordinanza circa il loro percorso scolastico. L’ultima. Salvo rettifiche.