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Politica
May 15 2024
Presidente, io mi leverei subito il problema, visto che tante persone vogliono saperlo: cosa pensa dell’inchiesta di Genova?
«Quello che vedo è che il presidente della Regione Liguria ha detto che avrebbe letto le carte e che poi avrebbe dato la sua versione dei fatti. Penso che il minimo sindacale di rispetto per un uomo che governa bene da diversi anni sia attendere le sue parole. Non ho altro da aggiungere sulla vicenda perché non ho gli elementi per farlo».
Veniamo al confronto con Elly Schlein. È la prima volta che un premier in carica, candidato, si confronta con il leader del partito dell’opposizione. Perché lo fa?
«Perché il confronto mi piace, è il sale della democrazia, soprattutto incampagna elettorale. E francamente mi fa sorridere il dibattito di questi giorni. Io penso che sia normale raccontare agli italiani che ci sono due modelli di Europa: da una parte la proposta socialista e dall’altra quella dei conservatori. Mettere a confronti le ricette e le visioni è un modo di aiutare i cittadini nella loro scelta. Dopodiché storicamente non sono una persona che ha il timore di confrontarsi. Sarà anche che sono stata tanti anni all’opposizione, per cui mi fanno sorridere quelli che oggi si stracciano le vesti dicendo che non si può fare, che il confronto va fatto con tutti... Non ricordo le stesse parole quando ero dall’altra parte. Se gli altri comunque vogliono organizzare confronti diversi sono liberissimi di farlo, ma che si brighi per tentare di impedire questo mi pare insomma francamente eccessivamente. Vedremo cosa accadrà».
Vedremo cosa accadrà... quindi cosa si aspetta? Gli altri li vede preoccupati?
«Noto che si sta muovendo qualcosa, magari con l’idea che sarebbe meglio che questo confronto non si facesse. Io lo considererei un errore, è una cosa utile per tutti».
Lei ha detto: «Sulla scheda scrivete Giorgia», rivendicando il suo status di «pesciaiola», «borgatara», cosa le avevano detto?
«La correggo, è “pesciarola” e non “pesciaiola”» (ride). «Ma posso andare avanti per ore: “fruttivendola”, “regina di Coattonia”, “borgatara”...».
La accusano di demagogia?
«Ma guardi, mi accusano di qualsiasi cosa. La verità è che sono fiera del fatto che a un anno e mezzo di distanza dal giorno in cui sono diventata presidente del Consiglio la maggior parte delle persone che mi incontra per strada mi chiama ancora Giorgia. Temevo che il ruolo potesse creare una distanza, ma sono fiera del fatto che le persone mi diano ancora del tu. Gli avversari pensavano che darmi della “borgatara” fosse il peggiore insulto che mi si potesse rivolgere, non capendo che per me non lo era. Se io sono diventata premier vuol dire che il destino delle persone non è determinato dalla loro condizione d’origine. Carlo Cottarelli dice: “Non chiamatemi Carlo, chiamatemi dottore”. Bene, bravo, per carità. Però in Italia c’è anche tanta gente che non è stata nella condizione di laurearsi e a queste persone voglio dire che il loro destino non è segnato. Non conta la condizione dalla quale provieni, ma la tua disponibilità al sacrificio, la tua capacità di dimostrare quello che vali. Io la vedo così e in questo non siamo uguali ala sinistra».
Lei ha parlato di obiettivi da raggiungere. Ma il suo obiettivo, scendendo in campo, qual è?
«Confermare il consenso che avevo quando sono diventata premier. Lo considererei importante perché in questo anno e mezzo molto complesso abbiamo dovuto prendere decisioni difficili, coraggiose. Io non sto al governo per me stessa. Faccio questa vita solamente per i cittadini italiani e solo se loro sono d’accordo. Sono stata contestata dal Movimento 5 stelle, secondo il quale la candidatura dei parlamentari e dei membri del governo è una truffa. Secondo me la democrazia non è mai una truffa. Lo è invece, ad esempio, mettere a capo del governo un signore che non si era mai candidato e gli italiani non sapevano nemmeno chi fosse».
C’è qualcuno che dice che dopo le europee ci sarà un rimpasto di governo, una parola terribile, da Prima repubblica. E che il rimpasto servirebbe anche a mandare qualche esponente del governo in Europa, come commissario.
«Intanto non ho mai pensato a un rimpasto. Anzi, tra le cose sulle quali mi piacerebbe fare la differenza c’è proprio arrivare a cinque anni con il governo che ho nominato. Non è mai accaduto nella storia d’Italia. Dopodiché, a maggior ragione, non per fare il commissario europeo commissario europeo. Il commissario è uno e bisogna vedere qual è la delega che l’Italia riesce a spuntare».