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November 22 2014
Ma dove vuole arrivare Maurizio Landini? Forse alla guida di un piccolo partito di sinistra-sinistra, poi forse alla presidenza della Camera e a una pensione dorata. Perché Landini ricorda molto da vicino un predecessore “illustre”: Fausto Bertinotti.
Gli assalti di Landini a Matteo Renzi sono sempre più politici e sempre meno legati a rivendicazioni sindacali. Le sue affermazioni sono sempre più forti e hanno toni sempre più alti, con l’aggravante che dietro ci sono masse di lavoratori che scendono sempre più violentieri in piazza e si confrontano anche fisicamente con polizia e carabinieri.
A dirla tutta, non è la sua ultima gaffe a colpirmi. Aver detto che Renzi deve rendersi conto che non ha più il consenso delle "persone oneste" non è questo scandalo. Si tratta di parole pronunciate in corteo tra mille altre dentro il microfono di un giornalista, per elogiare e blandire quanti manifestano contro Renzi più che per denigrare quelli che lo sostengono come disonesti, e non sembrano così insultanti o dirompenti.
Landini contro Renzi: le parole sbagliate
Mi colpisce di più che Landini annunci l’occupazione delle fabbriche, che dica che qui non c’è più da scherzare, che il governo deve scendere a patti con lui, con la sua gente, con l’urlo della piazza, piuttosto che procedere in Parlamento attraverso il voto democratico espresso dalle assemblee, come si deve in una democrazia liberal-parlamentare quale è ancora la nostra.
L’arroganza del capo-popolo, del sindacalista radicale, riporta le lancette della storia indietro a periodi cupi della narrazione repubblicana, quando la volontà della maggioranza (silenziosa) degli italiani soccombeva sotto i colpi di una piazza potenzialmente e a volte anche realmente violenta, alla prevaricazione di una rappresentanza organizzata ma nel paese minoritaria.
A Landini comprensibilmente, direi istituzionalmente, non preme il lavoro per chi non ce l’ha, ma il lavoro di chi ce l’ha ed è garantito. Eppure, tutte le sue ultime esternazioni seguono una logica più politica che sindacale, rivolta non solo ai “lavoratori”, in un linguaggio che comprende categorie diverse da quella degli iscritti alla FIOM. Landini punta a essere l’anti-Renzi nel PD, forse a sostituirsi alla leader della Cgil, Susanna Camusso, per poi spiccare il volo verso il confronto nazional-politico con Matteo. Landini sarebbe (scommetto che sarà) un altro leader sindacale che utilizza il mandato come trampolino verso i palazzi della politica.
Tutti ben sistemati gli ultimi segretari della Cgil (e non solo). Un esempio per tutti è l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, leader di “Essere sindacato” che era la corrente più a sinistra della Cgil).
Landini come Bertinotti, quindi. Però senza gli anni di Bertinotti, senza la sua “erre moscia”, ma con la stessa pacifica tracotanza da potere politico-sindacale, quintessenza della conservazione in un’Italia che se non cambia, è condannata.