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March 15 2017
Maurizio Martina è il prototipo del politico di professione. In 38 anni non ha mai fatto un altro lavoro in vita sua. Bergamasco, famiglia operaia, ha frequentato l'istituto agrario e poi si è laureato in scienze politiche.
Sposato con Mara, padre di due figli, timido ai limiti della trasparenza, il ministro dell'Agricoltura sta ottenendo una botta di vera notorietà solo in questi giorni.
Matteo Renzi, che gli ha affidato l'organizzazione del Lingotto, lo ha infatti scelto come suo vice nella battaglia per vincere le primarie del Pd del 30 aprile.
Il carattere
Il primo incarico politico arriva nel 2004: segretario provinciale. Eletto consigliere comunale nel 1999, la sua militanza nella giovanile dei Pds inizia già sui banchi di scuola. Con la nascita del Pd, dal 2007 in poi, è sempre stato un dirigente della federazione lombarda. La timidezza è il suo principale limite. Incapace di sgomitare per farsi spazio, di rubare la scena al prossimo, è riuscito a passare inosservato anche quando ha assunto un ruolo di spicco come quello di ministro dell'Agricoltura del governo Renzi e poi di quello Gentiloni.
Le ambizioni
Uno dei motivi che hanno convinto l'ex premier a sceglierlo come secondo nella corsa verso la riconferma a segretario del Pd, è anche questo: l'assenza di spirito di competizione. Ma anche di “comunicazione”: mai una battuta fuori luogo da parte sua, ma nemmeno una in grado di guadagnarsi un titolo da prima pagina. “Non mi riesce”, ha ammesso lui stesso. Molti sostengono che più che nei panni di futuro leader nazionale, Martina si veda piuttosto in quelli di amministratore locale, magari di una grande regione come la sua Lombardia.
Le sconfitte
Non riuscendogli di brillare di luce propria, Martina ha coltivato nel tempo un talento eccezionale nel riuscire a piazzarsi sempre sotto il cono giusto di luce altrui e a tirarsene fuori al momento opportuno. Le numerose e cocenti batoste rimediate negli anni dello strapotere berlusconiano non sono bastate a fiaccarne lo spirito e la tenacia. Perse le politiche nel 2008, le provinciali ovunque si votasse nel 2009. Nel 2010 si schierò con Stefano Boeri alle primarie per il sindaco di Milano e le vinse Pisapia. Non gli andò bene alle regionali del dopo Formigoni (quelle vinte da Maroni contro Ambrosoli) e nemmeno nel 2013 quando sostenne Gianni Cuperlo. Tuttavia si è sempre rialzato e ripiazzato più forte e motivato di prima.
I rapporti
Bersaniano ieri, renziano oggi, con l'ascesa di Matteo, l'unico a regalargli qualche soddisfazione in casa propria (come giorgio Gori sindaco della sua Bergamo), Martina si è messo alla testa di una corrente di minoranza dialogante, “Sinistra è cambiamento”, in appoggio al renzismo. Gran lavoratore, solido, preparato, dotato di uno spiccato senso pratico, Martina è un ottimo organizzatore e mediatore. Nonostante la mimica facciale e l'asprezza del tono di voce non lo aiutino, il ministro è un abile tessitore di rapporti. Ne ha intrattenuti anche con la Compagnia delle Opere e con Comunione e Liberazione, ma quelli che ha stretto davvero sono tutti a sinistra. A portare Emma Bonino a Torino, per esempio, è stato lui (GUARDA ANCHE: Chi c'era al Ligotto).
Il tema non sono le provenienze di ciascuno ma la nuova appartenenza comune. Oltre la fusione fredda e il partito con il trattino #Lingotto
— Maurizio Martina (@maumartina) 11 marzo 2017
Perché Renzi l'ha scelto per il ticket
Il secondo motivo per cui Renzi ha voluto metterselo al fianco nel ruolo di facilitatore è che Martina è il chiavistello in grado di forzare e aprire porte che per l'ex premier resterebbero sbarrate o alle quali, intimamente, non avrebbe nemmeno voglia di bussare. Martina dovrebbe infatti essere l'uomo in grado di scongiurare l'emorragia di consensi a sinistra e strappare qualche voto a Michele Emilano e soprattutto ad Andrea Orlando.
Il possibile futuro
Sabato scorso la platea del Lingotto gli ha riservato gli applausi più calorosi e incoraggianti. La sua emozione era palpabile e si vedeva quanto faticasse a staccare gli occhi dal foglio e contenere il tremore delle mani che li reggevano. Martina ha tentato di scherzarci su definendo se stesso “esuberante ed espansivo” e Renzi quello con “problemi di timidezza”. “Li vincerà nel giro di qualche giorno” ha aggiunto augurando implicitamente a se stesso di farcela. Continuare a passare inosservato è un lusso che Maurizio Martina non può più permettersi. Soprattutto se c'è chi comincia già a pensare a lui come futuro leader della prima era post-renziana.