Mazzillo: «Servono misure per favorire la crescita»

“La nostra priorità è mettere un argine al caro energia e alla speculazione, accelerare in ogni modo la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e la produzione nazionale. Gli italiani chiedono risposte immediate, e noi gliele daremo. Non c'è più tempo da perdere". Sono state lapidarie le parole del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che scandisce il tempo delle priorità economiche del nuovo esecutivo che mette sul tavolo del Consiglio dei Ministri il pacchetto più caustico e complesso del mandato ovvero quello legato alle misure economiche necessarie per traghettare l’Italia oltre la crisi che il mondo intero sta attraversando a causa della tempesta perfetta montata col Covid e culminata con la guerra tra Russia e Ucraina.

Le priorità del Governo

Inflazione, caro energia, aumento del costo delle materie prime, debito pubblico galoppante e impoverimento della popolazione sono i problemi più immediati da affrontare cui si aggiungono le riforme strutturali prioritarie per il Paese come quella legata al sistema fiscale e al nodo delle pensioni. A tutto questo si aggiunge l’urgenza di riavviare la crescita spingendo sull’acceleratore delle imprese.

I tempi sono strettittismi, entro fine anno deve essere approvata la Legge di Bilancio e sul tavolo del consiglio dei Ministri arriva il Nadef (Nota di aggiornamento di economia e finanza) che mette in primo piano il caro bollette con un budget iniziale di 5 miliardi presi dal “tesoretto” di 20 miliardi lasciato dal Governo Draghi.

Del resto il sostegno a famiglie e imprese parte proprio dal supporto al pagamento delle bollette come sottolinea anche il Professor Andrea Mazzillo, docente di economia presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale che, intervistato da Panorama.it spiega: “La prima sfida che l’esecutivo dovrà affrontare è quella legata al cosiddetto caro bolletta e anche alla speculazione che si è venuta a creare nell’ambito dei mercati dell’energia che ha costretto non solo l’Italia, ma anche gli altri stati, a doversi attrezzare per rispondere a questa emergenza”

Oltre al tema energetico c’è poi il nodo legato all’inflazione e la connessa urgenza di restituire potere d’acquisto alle famiglie

“Con l’inflazione oltre l’8% - conferma Mazzillo - anche il potere d’acquisto del sistema paese diventa sempre più debole. Il che se da un lato ha un effetto benefico sulla spesa per indebitamento dall’altra parte vede la BCE costretta a contrastarla con l’aumento dei tassi con cui la Banca Centrale assicura liquidità al mercato e conseguentemente innalza il costo del debito che pone i paesi fortemente indebitati come l’Italia in una posizione estremamente delicata. Se a questo si aggiunge il blocco agli acquisti dei titoli del debito italiano da parte della BCE ci si troverà a breve a dover sostenere un incremento di spesa per interessi che si aggira attorno ai 30 miliardi di euro. In sostanza minori risorse dello Stato per finanziare la crescita e la necessità di ideare strategie, magari coinvolgendo investitori privati nel delicato compito di far ripartire l’economia e assicurare una crescita del PIL in linea con le previsioni del MEF”.

Autonomia fiscale e riforma del sistema contributivo sono gli altri due dossier che premono all’interno dell’agenda economica del Presidente Meloni, come argomenta ancora il professor Mazzillo

“Altro aspetto molto delicato è quello legato all’autonomia delle regioni con l’avvio del cosiddetto regionalismo differenziato volto a restituire competenze e governo delle entrate alle singole Regioni. Una operazione non priva di incognite viste le forti disparità tra Regioni del Nord e del Sud del paese con capacità fiscali più elevate nel Nord e un residuo ridotto al lumicino al Sud”.

“La riforma fiscale – specifica - di cui si è discusso ai tempi del governo Draghi aveva una radice ben piantata all’interno dell’amministrazione centrale, oggi si cerca anche per il tramite delle pre-intese di assicurare alle Regioni più “ricche” di mantenere all’interno del proprio territorio una porzione importante della ricchezza prodotta. Sebbene sia una proposta identitaria di alcune delle forze politiche che sostengono l’esecutivo, si apre l’incognita legata alle risorse necessarie per sostenere le spese generali dello stato (difesa, scuola, sanità). Se i residui fiscali sono più alti in alcune parti d’Italia rispetto ad altre è evidente che si tratta di una sfida nella sfida, ovvero realizzare una autonomia differenziata che assicuri maggiori risorse alle Regioni più “virtuose” e al tempo stesso consenta allo Stato di continuare a garantire i servizi ai cittadini, senza disparità tra territori”

E se la pagina “fisco” è di per sé complessa, non lo è da meno quella legata alle riforme del sistema pensionistico.

“Il problema è che da un lato mancano le risorse e, con l’inflazione che sta galoppando, ci sono meccanismi di adeguamento automatico delle misure previdenziali al costo della vita e quindi già oggi si stimano fabbisogni in crescita di almeno 20 miliardi necessari per adeguare le pensioni all’inflazione. Alle tensioni di cassa si aggiunge la necessità di realizzare una riforma previdenziale – che del resto l’Europa ci chiede e che è stata inserita all’interno del piano di resilienza – e questo è ancora più vincolante e difficile da realizzare perché tutto deve passare a mio avviso attraverso una riforma sostanziale degli strumenti di supporto per le imprese. Mi riferisco in particolare alla necessità non più procrastinabile, vista anche la volontà di rivedere il reddito di cittadinanza, di ridurre il cuneo fiscale per agevolare le imprese che producono ricchezza e offrono lavoro qualificato sul territorio nazionale. Un’esigenza quella di far ripartire il mercato del lavoro per assicurare la tenuta dei conti pubblici e la protezione previdenziale necessaria per un paese che dalle ultime rilevazioni dell’Istat sta invecchiando sempre di più. E’ necessario e fondamentale supportare chi investe in Italia e chi produce; quindi ben vengano gli aiuti alle cosiddette imprese energivore. Ma allo stesso modo occorre sostenere il tessuto imprenditoriale delle piccole imprese, soprattutto quelle che hanno risentito della crisi pandemica ed ora di quella energetica. Penso ad esempio al settore turistico che traina oltre un quinto del PIL. Servono quindi iniziative di sostegno alle imprese che sono il vero motore dell’Italia e che contribuiscono, indiscutibilmente, a riempire le casse dello Stato”.

Quali potrebbero essere le misure più efficaci per sostenere le famiglie, altro tassello chiave degli impegni presi da Meloni nei confronti degli italiani?

“La rimodulazione delle accise sul carburante è stata sicuramente un’iniziativa molto positiva. Rimodulare le aliquote rispetto ad alcuni beni e servizi che incidono particolarmente sulla vita delle famiglie potrebbe essere quindi una buona soluzione di breve periodo, oggi le famiglie sono quel mattoncino su cui proseguire a costruire il paese. Ben vengano queste misure e poi ci vuole un intervento importante per stimolare l’economia, non solo attraverso i fondi del Pnrr - fondamentali in questo momento storico - occorre, a mio avviso, dare fondo alla nostra migliore capacità amministrativa, avvalendosi anche di professionalità esterne agli enti, per utilizzare tutte le risorse disponibili in particolare quelle della programmazione europea”

Si parla tanto di un’eventuale rimodulazione del Pnrr, secondo Lei è un aspetto positivo?

“Sinceramente ritengo il PNRR un piano estremamente importante per assicurare la ripartenza ma occorre governare fenomeni come quelli dell’indebitamento visto che si tornerà a pagare tra 80 e 90 miliardi di euro soltanto per finanziare il nostro debito. Il nostro debito “monstre” di 2.700 miliardi per una minima cifra interessa il PNRR, ciò a cui bisogna guardare non è tanto la scadenza del 2026 ma oltre pensare alla programmazione 2021 – 2027 e poi puntare sugli strumenti messi a disposizione da istituti come la BEI o da CDP che supportano con risorse pubbliche le imprese offrendo consulenza tecnica e garanzie a chi vuole investire nel nostro paese. Il tema non è tanto quello di rivedere il piano (un’operazione di cosmesi sarà necessaria) ma quello che serve non sono solo le risorse del PNRR ma occorre una visione strategica su tutte le risorse in campo ricordo che si sono in campo 1000 miliardi che provengono dalla programmazione pluriennale dell’UE. Sono queste le risorse sulle quali si può fare affidamento e quelle che verranno dopo. Noi sognamo di restituire all’Europa un’Italia che entro il 2026, ad esempio, sia sul piano delle infrastrutture sia competitiva con l’Europa, ma sappiamo bene che alcune opere non saranno pronte per il 2026 e quindi occorre attrezzarsi sin da ora per evitare che siano le nuove cattedrali nel deserto”.

In un contesto macro e micro economico tanto complesso, secondo Lei qual è l'errore assolutamente da evitare da parte del Governo?

“La cosa più importante in questo momento con i tassi d’interesse che stanno salendo credo che ciò che paga di più è assicurare la credibilità e la reputazione del paese e spero che sia la priorità “non detta” del governo. Per il bene del paese e per la sua tenuta economica è fondamentale che l’esecutivo sia coeso e che dia una risposta unisona e univoca all’Europa e agli investitori che ci guardano quantomeno perplessi”.

YOU MAY ALSO LIKE