Tasse
July 20 2023
È tempo di restituire certezza ed unità all'intero ordinamento tributario, considerando che ogni tributo gode tuttora di una sua propria disciplina, mentre non è ormai più rinviabile una disciplina unitaria dell'obbligazione tributaria. Tra gli obiettivi della riforma, allora la tanto invocata certezza del diritto, perseguita anche con la redazione di testi unici e specifici interventi sugli aspetti ad oggi più controversi dei singoli tributi. Senza dimenticare la semplificazione, non solo dei singoli tributi -anche con eliminazione di quelli minori che costano molto e rendono poco- ma anche degli adempimenti, eliminando per esempio le tanto temute scadenze di agosto. In questo senso la riforma dovrebbe intervenire sui singoli tributi, partendo dall’abrogazione dell'Irap, considerato un tributo inefficiente ed estremamente complesso o, almeno, dal suo accorpamento all'Ires, di fatto con un'aliquota più alta, ma applicata con le stesse regole dell'Ires.
Anche l’Irpef è oggetto di discussione, come la sua progressività: ci si è dimenticati però come essa sia un “mix” tra imposte, spesa sociale e spesa assistenziale, sicché è riduttivo farla dipendere dalle mere aliquote dell’Irpef, pure considerando che la progressività dello stesso tributo non si ottiene solo con le aliquote. Allora la delega alla riforma, nella lettura che ne dà l'esperto, punta poi a considerare la composizione del nucleo familiare, riportandola nell’alveo della fiscalità dalla quale l'assegno unico la ha tolta, pur essendo di fatto proprio uno dei fattori più importanti per garantire personalità e progressività dell’imposizione. Si vuole inoltre perseguire l’obiettivo di avere un carico fiscale uguale quale che sia il tipo di reddito che si produce, rimediando alle attuali discriminazioni tra categorie.
Panorama.it ha rivolto alcune domande al professore Giuseppe Melis, ordinario di diritto tributario alla Luiss di Roma, per il quale «la delega contiene una nuova visione che guarda con forza anche ai diritti del contribuente».
Professore, partiamo dalla comparazione tra la delega fiscale Meloni e quella Draghi…
«Partiamo dal dato quantitativo: la delega Meloni è, dal punto di vista dimensionale, quasi quattro volte tanto la delega Draghi, perché essa si occupa di molti argomenti in più e tratta gli argomenti comuni alle due deleghe con un livello di dettaglio non paragonabile. La Delega Draghi era infatti caratterizzata da una notevole vaghezza frutto della necessità di trovare un “minimo comune denominatore” tra le posizioni spesso distanti tra loro delle variegate anime politiche che componevano la maggioranza di allora».
Importante è stato il lavoro di audizione.
«Non v’è dubbio: a suo tempo il lavoro svolto dalle Commissioni parlamentari competenti ha costituito una base importante anche per la Delega Meloni, che ha saputo tuttavia darne uno sviluppo molto più compiuto».
Ci descriva l’impianto di questa delega fiscale.
«Molto robusto, attraversa complessivamente il nostro sistema tributario, evidenziandone le principali inefficienze e proponendo soluzioni molto equilibrate. Da un lato tutela gli interessi dell’Erario, dall’altro tiene in dovuto conto anche gli interessi dei contribuenti, cittadini e non sudditi. Si tratta di un’occasione unica per rendere il nostro sistema maggiormente competitivo aumentandone l’appeal verso gli investimenti dall’estero e mantenendo qui le imprese che attualmente già vi operano».
E ci parli del contenzioso tributario…
«Le novità si innestano sulla riforma del 2022, ulteriormente potenziandola. Sono previsti interventi di semplificazione processuale, come la possibilità che anche una sola parte processuale possa discutere da remoto senza il preventivo consenso della controparte, come la più rapida decisione tramite la comunicazione del dispositivo in udienza, e, infine, l’accelerazione della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo grado che già era stato interessato dalla Riforma dello scorso anno».
Si punta molto sulla tutela cautelare!
«Si tratta di una fase essenziale, perché i poteri del Fisco nella fase della riscossione sono molto forti e rischiano di compromettere la situazione finanziaria ed economica dei contribuenti ove non ottengano in tempi brevi un provvedimento che sospenda gli effetti dei provvedimenti impugnati».
E per quanto riguarda le PMI, sono previsti dei benefici?
«Bisogna far comprendere che l’intero tessuto imprenditoriale nazionale potrà trarre benefici dalla delega soprattutto perché il suo obiettivo principale è quello di restituire certezza al diritto tributario, di aumentare il livello di tutela dell’affidamento dei contribuenti nonché di potenziare le garanzie nella fase dell’accertamento attraverso la valorizzazione dell’istituto dell’autotutela in cui il Fisco sarà adesso obbligato a rispondere».
Senza dimenticare altri benefici…
«Come dimenticare il diritto di accesso sinora negato, il contraddittorio sinora “zoppo” e che non prevedeva neanche l’obbligo dell’amministrazione di dare conto delle osservazioni del contribuente e della motivazione degli atti di accertamento che dovrà adesso finalmente contenere l’indicazione delle prove. Si tratta di diritti fondamentali di cui la Delega Draghi si era purtroppo completamente dimenticata».
Possiamo considerare conclusi gli aspetti conducenti?
«Ancora no, perché sono previsti anche numerosi interventi sul reddito di impresa, tra cui il più importante riguarda la riduzione dell’aliquota dell’imposta societaria nel caso di impiego in investimenti e in nuove assunzioni, oltre a misure volte ad incentivare l’investimento in Italia da parte di soggetti esteri».
Veniamo al tema di maggior impatto mediatico: ci sono norme che favoriscono l’evasione fiscale?
«Direi, con assoluta certezza, che questo rischio non si corre, perché la prevenzione e la riduzione dell’evasione sono espressamente contenute tra i principi generali della delega Meloni, prevedendosi la piena utilizzazione dei dati dell’anagrafe, il potenziamento dell’analisi di rischio, il pieno utilizzo dei dati emergenti dalla fatturazione elettronica, la cooperazione tra amministrazioni nazionali ed internazionali e via dicendo».
Sono anche previste significative garanzie per i contribuenti…
«Ciò che dimostra la diversità di approccio culturale tra le due deleghe. L’approccio sanzionatorio rimane sostanzialmente invariato, tranne ribadire la necessità di ricondurre a ragionevolezza le abnormi sanzioni attualmente previste, e prevedere un coordinamento tra sistema sanzionatorio amministrativo e penale di cui la delega Draghi non si occupava ma che il principio del ne bis in idem elaborato dalle corti di giustizia internazionali ci impone».
S’impone un coordinamento tra le diverse forme sanzionatorie…
«Non è possibile che un contribuente possa oggi essere destinatario di sanzioni amministrative, di sanzioni penali, di sanzioni derivanti dalla Legge 231 del 2001 sulla responsabilità degli enti, di sanzioni accessorie e, in generale, di sequestri e confische, persino quella per sproporzione. Quando fare impresa diventa troppo rischioso i contribuenti che possono scappano e dall’estero non viene nessuno. Questo è l’approccio culturale che va modificato».