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May 15 2024
Tre scrigni: tutti e tre delle medesime dimensioni, ma di diverso materiale. Il primo è d’oro, e ha inciso la scritta: “chi mi sceglie, otterrà quello che molti desiderano”; il secondo è d’argento, e recita: “chi lo elegge avrà quanto merita”. Il terzo è di grave piombo e porta un’iscrizione degna di lui: “chi mi prende convien dia ed arrischi tutto ciò che ha”.
Ecco i tre scrigni posti all’entrata della corte della bella Porzia di Belmonte, preparati dal defunto padre in un preciso e congegnato piano, affinché solo il valido pretendente che sceglierà l’esatto contenitore, possa unirsi in matrimonio con la sua splendida e virtuosa figlia.
La bellezza di Porzia è tale che, come declama tra i sospiri l’innamorato Bassanio, per i suoi riccioli d’oro, arrivano per lei pretendenti illustri e nobili da ogni parte del mondo.
L’unico modo per il giovane Bassanio di presentarsi a corte per riscuotere i favori della bella Porzia è farsi prestare molti denari dall’affezionato Antonio, un ricco mercante di Venezia, che non avendo però liquidità, pur di accontentare l’amico, si rivolgerà all’usuraio più livoroso di Venezia: Shylock.
L’ebreo Shylock, descritto come un personaggio meschino e pieno di disprezzo, concede il prestito, non però senza una promessa feroce: se i tremila denari non verranno restituiti alla data pattuita, il suo pegno, sarà una libbra della carne di Antonio, tagliata vicino al cuore.
Il mercante di Venezia di William Shakespeare, rappresentato per la prima volta nel 1598 a Londra, porta in scena tematiche sempre moderne, ponendo al pubblico contemporaneo dibattiti attualissimi, come lealtà, avidità, amicizia e ancor più importante in questo preciso momento storico, la questione interreligiosa.
È portato in scena fino al 19 maggio al Manzoni di Milano, in una nuova e raffinata versione firmata da Paolo Valerio, accompagnato da un più che pregevole gruppo di attori, capeggiato da un magistrale Franco Branciaroli, nel ruolo di Shylock, capace di regalare al suo personaggio diverse sfaccettature.
La personalità di Shylock donatagli da William Shakespeare, infatti, ha una profonda impronta antisemita, un usuraio pieno di avidità, rancore e sete di vendetta, che presta capitali al solo scopo di guadagnare, a differenza del buon Antonio, che concede denari senza interessi. Il buon Antonio che però, in nome della sua religione, non si esime dall’insultare, sputare e commettere una vera e propria violenza psicologica sul rivale a fine opera.
Franco Branciaroli e Paolo Valerio, riescono, invece, a offrire una spiegazione al comportamento crudele e ossessionato di Shylock, cucendogli addosso toppe di compassione e tenue comprensione, non facendolo sparireflebilmente come nella commedia del drammaturgo inglese, ma regalandogli la piena apparizione proprio nella scena finale.