Economia
November 15 2022
Emergenza climatica, etica e salute. Sono stati questi i tre vettori che, nel 2019, hanno trascinato al rialzo l’industria dell’alimentazione vegana che, per i trader, era destinata a trasformarsi nella nuova gallina dalle uovo d’oro sul fronte degli investimenti.
A due anni dal boom dei principali titoli del settore, però, le cose sono radicalmente cambiate e il mondo vegan è tornato a cedere il passo all’industria della carne.
I numeri pubblicati dalla piattaforma di social investing eToro parlano chiaro e il valore dei principali listini legati a prodotti vegani si è dimezzato negli ultimi 12 mesi. eToro ha condotto un’analisi comparativa delle performance borsistiche dei 10 maggiori titoli vegan comparati con i risultati delle 10 azioni delle più rinomate aziende produttrici di carne. Con una valutazione in dollari statunitensi, il paniere vegano ha perso il 51% del suo valore negli ultimi 12 mesi (-36% nell’ultimo biennio). Al contrario chi ha investito nell’industria della carne ha perso solo il 12% nell'ultimo anno, fruttando però un guadagno del 7% su un arco di tempo di 24 mesi.
Si tratta di un'inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, quando il prezzo delle azioni vegane era salito alle stelle.
Un cambio di rotta che comunque non va a inficiare la performance del lungo periodo. Se si amplia l’analisi considerando un lasso di tempo maggiore, infatti, il paniere vegano si rivela un investimento migliore di quello della carne, con un rendimento del 38% contro un -10% su un periodo di tre anni e del 20% contro il 5% su cinque anni. Ciò è dovuto, però, esclusivamente alla fenomenale crescita dell'azienda produttrice di bevande vegane Celsius Holdings, che ha visto il prezzo delle sue azioni balzare di oltre il 1.500% in cinque anni soprattutto grazie all’accordo di distribuzione a lungo termine con PepsiCo, Inc.
La vegan economy, quindi, oggi sta vivendo una drammatica crisi che era inimmaginabile solo 24 mesi fa e la ragione è facilemente intuibile. In tempi di guerra, inflazione, aumento dei tassi e crisi energetica fare la spesa si è quasi trasformato in un lusso e le famiglie tagliano dove possono tagliare. I prodotti vegani, biosostenibili e 100% naturali sono ancora appannaggio delle tasche di pochi (tanto più oggi) e se le famiglie hanno bisogno di ridurre voci di spesa devono farlo nei beni non essenziali o comunque sostituibili con altri più economici. La nicchia di maggiori acquirenti di prodotti vegan, inoltre, è quella dei millennials; ragazzi attenti alla dieta e alla salute e consapevoli dei rischi ambientali di un eccessivo consumo di prodotti di origine animale. I più giovani, però, sono anche coloro che hanno meno autonomia economica e stabilità lavorativa e quindi sono coloro che hanno dovuto maggiormente stringere la cinghia in tempi difficili come gli attuali.
In termini di crisi del settore il caso di Beyond Meat, in questo senso è esemplare.
Beyond Meat è un’azienda californiana che produce surrogati della carne, del pesce e dei latticini e nel 2019 è stata quotata in Borsa: si tratta della prima azienda vegan quotata al mondo.
Il valore dei suoi titoli era schizzato alle stelle e nel primo trimestre del 2019 la compagnia aveva riportato ricavi netti per 40,2 milioni di dollari, con un incremento del 215% rispetto allo stesso periodo del 2018. Beyond Meat prevedeva di chiudere l’anno con ricavi netti per 210 milioni di dollari, in aumento del 140% rispetto al 2018. I trader parlavano già di “megatrend” vegano e infatti nel giro di poco tempo colossi del calibro di Nestlé o Burger King avevano introdotto una linea vegan tra i prodotti in commercio.
Il trend però è durato pochissimo. Oggi Beyond Meat segna una perdita del 79% nell’anno in corso e dell’84,97% su base annua. Se si guarda alle performance sui tre anni – cioè nel suo momento d’oro – il titolo vegano ha perso l’82,24%.
Ben Laidler, Global Markets Strategist di eToro, ha commentato: "Molti dei cosiddetti titoli vegani si sono impennati negli ultimi anni, grazie all’attenzione del venture capital e della tecnologia sul ramo del foodtech, ma ora stanno crollando a causa delle difficili condizioni di mercato, degli alti tassi di interesse e dei rischi di recessione. Molti di questi titoli hanno registrato performance spaventose dopo quotazioni relativamente recenti”.
Al contrario è in forte ripresa l’indistria della carne come spiega ancora Laidler: “Gli operatori storici del settore proteico e i colossi alimentari affermati stanno reagendo e si stanno espandendo in nuove linee di prodotti non a base di carne, sfruttando i loro vantaggi di scala e di distribuzione. La performance dei titoli tradizionali della carne è stata lenta e costante e probabilmente queste aziende stanno ora beneficiando del passaggio dei consumatori a fonti proteiche più economiche a fronte della crisi del costo della vita, mentre gli investitori, nel clima attuale, si stanno orientando maggiormente verso i beni essenziali di base, ovvero verso titoli di tipo value."