Economia
November 11 2024
Sono stati annunciati tagli in Volkswagen, Nissan, Audi, c’è crisi nera in Stellantis, l’indotto licenzia. L’industria automotive europea sta ormai andando a pezzi ma la politica di Bruxelles non accenna a cambiare rotta. Anzi, taluni fanno finta di non ricordare dove tutto questo è iniziato, ovvero con uno scandalo soltanto tedesco, il Volkswagen-gate, che Frau Merkel con grande faccia tosta riuscì a far pagare a tutti gli europei come Diesel-gate. Da quel momento cominciò una campagna di uccisione dei motori a gasolio nonostante la loro grande efficienza e promettente evoluzione. In seguito, tra le perversioni della prima Commissione Ursula ci fu l’approvazione delle multe per i costruttori che producono vetture ritenute comunque inquinanti seppure modernissime, quindi, oggi, non soltanto l’Unione vuole fermare le vendite di motori endotermici entro una data irrealistica, 2035, ma persiste nell’assurda punizione di chi tarda ad adeguarsi. Con il risultato che taluni costruttori asiatici e americani fermano le importazioni di quei modelli per non pagare multe, impoverendo la gamma e di conseguenza la scelta dei clienti. Un modus operandi persino peggiore di quello dei Paesi comunisti nell’era della Guerra fredda. Ma siccome la Ue è matrigna e tiene molto alla nostra sicurezza, le autovetture attualmente disponibili sul mercato sono zeppe di sistemi elettronici di scurezza (guida-dritto, resta-sveglio, Sos, eccetera), che hanno tutti un costo ma ben poco valore, su vetture che soprattutto non sono quelle che servirebbero agli automobilisti in termini di caratteristiche e prestazioni. Se provate a recarvi in un concessionario per farvi fare un preventivo vi renderete conto che ormai caratteristiche come la motorizzazione, la ripresa e la potenza, prima fondamentali per una scelta, oggi sono del tutto secondarie rispetto a quanto si riesce a scontare il prodotto fruendo di incentivi e soprattutto a dove si può accedere con quella vettura nelle Ztl. I colori delle carrozzerie sono ormai pochissimi, gli allestimenti comuni a diversi Paesi e spesso insensati, come avere di serie i sedili riscaldati o il navigatore e come optional la ruota di scorta. Evidentemente deve esserci una legge europea che impone di bucare rigorosamente dal basso verso l’alto, e se si taglia lo pneumatico di lato si chiama il carro attrezzi perché l’automobilista europeo contemporaneo non deve neppure provare a cambiare la ruota.
Intanto le piattaforme comuni dei cosiddetti “pianali” hanno portato ad avere vetture troppo simili tra loro, anonime se non addirittura identiche. Per anni si è voluta distruggere l’immagine dell’automobile come simbolo e strumento di libertà personale e anche di realizzazione; e dall’altro lato si è cercato di sopravvivere a un attacco politico senza precedenti utilizzando strumenti obsoleti e palliativi come gli incentivi statali. Ormai si vendono in prevalenza Suv, sono quasi scomparsi i veri fuoristrada – ma non le strade di montagna – sono pochissime le spider e stanno ricomparendo a fatica le piccole utilitarie come le configurazioni a tre porte, perché finalmente qualcuno ha capito che servono auto piccole. Ma senza scelta né entusiasmo non ci può essere un acquisto e le cifre dell’usato, in termini di transazioni e tenuta del valore, parlano da sole, specialmente in Italia: +16% a luglio, + 18% a settembre. Inutile piangere sull’età media dei veicoli – da noi prossima a 12 anni – se l’alternativa è un lustro passato a indebitarsi per ricevere in cambio un oggetto troppo costoso che ci “porta in giro” e che sei mesi dopo l’acquisto ha perso il 70% del suo valore. Come poi si potesse pensare che un popolo che vive per il 75% in palazzi cittadini potesse abbracciare l’auto elettrica ricaricandola alla colonnina comune è da laurea in idiozia. Nel frattempo, però, aziende dell’indotto vanno in malora e sentiamo ministri (!) dire che sapere che il 2035 arriverà comunque… crea certezze. Quello che stiamo vivendo è l’invadenza ideologica delle euro-politiche nell’industria e nella vita delle persone con tanto di mantra “per il loro bene”, con un costante voler accomunare le esigenze di mobilità di nazioni grandi tre volte l’Italia ma con una popolazione inferiore a quella della sola Lombardia, senza Alpi né Appennini, senza stradine da borghi storici. Peggio del Dopoguerra, quando l’industria era distrutta ma c’era la libertà di creare e si lasciavano lavorare gente come Dante Giacosa e Sergio Scaglietti.
Questi, intanto, i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: ad ottobre 2024 sono state immatricolate 126.488 autovetture a fronte delle 139.078 iscrizioni registrate nello stesso mese dell’anno precedente, pari ad una diminuzione del 9,05%. I trasferimenti di proprietà sono stati 545.234 a fronte di 494.553 passaggi registrati ad ottobre 2023, con un aumento del 10,25%. Il volume globale delle vendite mensili, pari a 671.722, ha interessato per il 18,83% vetture nuove e per l’81,17% vetture usate.