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October 16 2014
I 28 corpi ritrovati in una fossa comune nello Stato di Guerrero in Messico non sono dei 43 studenti desaparecidos il 26 settembre scorso. La notizia arriva mentre le autorità continuano a cercare e i Vescovi delle diocesi messicane si uniscono in un appello durissimo per chiedere il ritorno a casa dei ragazzi e la fine delle violenze. Ma il Messico non combatte solo una guerra contro i narcos. Il pericolo maggiore sono i poliziotti al soldo dei cartelli della droga, che in modo deviato agiscono per conto dei capi dei narcotrafficanti e sono coperti da alti funzionari dello Stato.
E' una storia antica, una piaga che l'ex presidente Felipe Calderon non è riuscito a sanare e che il nuovo presidente Enrique Peña Nieto ha difficoltà a maneggiare. D'altronde è sotto gli occhi di tutti. Passare il confine dagli Usa al Messico e ritrovarsi a Tijuana è come entrare in un altro mondo. Un mondo parallello dove la "giustizia" e la sicurezza sono gestite da uomini che sembrano i fratelli dei narcos e che si comportano nello stesso modo.
La sparatoria che ha lasciato sul terreno 6 vittime tra gli studenti di Iguala è solo l'ultima operazione di un connubio tra forze dell'ordine e narcotrafficanti che rappresenta la vera piaga messicana. Una sparatoria al di fuori di ogni legge che ha causato morti innocenti e 43 desaparecidos e che per la prima volta ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale sullo stato della Polizia messicana, che non è solo "corrotta", come in tanti altri Paesi del mondo, ma che non esita ad agire apertamente al fianco dei suoi "capi", i narcos dei cartelli della droga.
Nel 2008 l'ex presidente Felipe Calderon aveva lanciato l'Operacion Limpieza, Operazione Pulizia, per stanare le mele marce all'interno della Polizia e della Pubblica Amministrazione e interrompere il flusso di pagamenti dai cartelli della droga alle forze di sicurezza del Paese. Già prima dell'intervento di Calderon il problema era emerso con manette ai polsi di nomi illustri, come lo zar antidroga Noé Ramírez Mandujano, il giudice anti-narcos detto il Generale, accusato di essere stipendiato dalla criminalità organizzata per 400.000 euro mensili. Il Generale per anni ha protetto i vertici delle principali organizzazioni criminali del Paese, perseguendo i loro pesci piccoli e facendo di tutto per lasciare a piede libero i capi dei capi.
E in manette nel 2010 finisce anche il direttore dell'Interpol messicana, Rodolfo de la Guardia, che percepiva un salario di 8.000 euro mensili dal cartello di BeltranLeyva, uno dei più potenti e feroci del Paese. Con il Generale e il capo dell'Interpol vengono poi arrestati una serie di funzionari dello Stato, direttori dell'agenzia delle imposte, giudici e magistrati, oltre a decine di poliziotti. Ma nel 2013, dopo tre anni di carcere, molti di questi nomi escono di galera, sccagionati dai giudici che non trovano le prove del loro coinvolgimento nella criminalità organizzata. E' il fallimento totale dell'Operacion Limpieza di Calderon. Al potere ora c'è Nieto, ma il Paese è tutt'altro che ripulito.
I dati sono allarmanti. Secondo un dossier del Senato datato 2010, sei comuni messicani su 10 sono controllati dai re del narcotraffico. 3.200 poliziotti federali, il 10% dell'intero corpo dello Stato, percepiscono denaro dai criminali per coprire o agevolare le loro operazioni. E' la sfida più grande del Messico, quella di estirpare dalle radici il cancro della criminalità organizzata andando a intevenire in tutti i settori della Pubblica Amministrazione.
Purtroppo, in Messico i desaparecidos "non fanno notizia". Solo negli ultimi anni sono scomparse 400 donne a Ciudad Juarez. Molte di loro erano giovanissime, anche minorenni. Sono state rapite all'uscita dalla fabbriche o mentre si recavano al lavoro. I testimoni dicono che in molti casi sono state avvicinate da poliziotti e criminali. Le loro famiglie non hanno potuto riavere i corpi, e quando è successo madri e padri hanno pianto vite spezzate con una ferocia inaudita.
Una violenza bestiale, in cui larga parte della Polizia dello Stato agisce da complice, laddove, invece, dovrebbe garantire giustizia. A Iguala, nello Stato di Guerrero, gli studenti continuano a manifestare chiedendo il ritorno a casa dei 43 ragazzi desaparecidos. I vertici del Paese sono sul banco degli imputati. La folla in piazza organizza squadre "private" di vigilantes, per impedire che ci siano altre sparatorie. Il Messico in questo momento è coperto da nuvole. E man mano che passano i giorni la speranza di rivedere i ragazzi scomparsi si assottiglia.