Lifestyle
October 27 2014
Ci sono posti al mondo in cui la vita vale meno di una bottiglia di birra e il confine tra l'esistere e il sopravvivere è così sottile da non badare troppo all'etichetta. Criminale o calciatore, fa poca differenza. Conta il denaro, il denaro e nulla più. E' storia di ieri: il portiere della nazionale sudafricana, Senza Meywa, anni 27, è stato ucciso alle porte di Johannesburg in seguito, pare, a un tentativo di rapina finito male. Anzi, malissimo. Giocava negli Orlando Pirates, una delle squadre più titolate degli ultimi anni, e sabato sera era sceso in campo nei quarti della coppa di lega per difendere i pali del club di Parktown nella sfida casalinga con l'Ajax di Cape Town. Meywa era nel giro della Nazionale maggiore dal 2013. Aveva anche giocato da titolare nelle file dei Bafana Bafana alcune gare valide per le qualificazione alla Coppa d'Africa 2013. Insomma, nel suo Paese era un personaggio noto. Non un fuoriclasse, vero, ma pur sempre un calciatore tra i più importanti del Sudafrica. Un colpo di pistola, forse due, e Meywa è rimasto a terra, stecchito.
Il caso del centravanti Ebossé
Non è la prima volta che accade. Nella storia del pallone internazionale sono numerosi i casi di calciatori che sono morti fuori e dentro il campo per la follia di criminali di professione o di tifosi-killer. Lo scorso agosto, il centravanti camerunense Albert Ebossé è stato fulminato da una pietra lanciata dagli spalti dello stadio Titi Ouzou, a 110 chilometri a est di Algeri. A nulla è servito il ricovero d'urgenza in ospedale: il giocatore ha riportato un trauma cranico ed è deceduto in ospedale. Aveva 24 anni e lo scorso anno era stato il capocannoniere del campionato algerino.
Gli episodi brutali in Brasile
Dall'Africa al Sud America, per un'altra striscia di sangue. Il Brasile che si stava preparando ad accogliere i Mondiali è stato teatro nel 2013 di due episodi che hanno fatto il giro del mondo per la brutalità che li ha contraddistinti. A settembre, il mediano diciottenne Gabriel Costa, giovane promessa della Fluminense, è stato dato in pasto ai pesci dagli uomini al soldo di un boss del narcotraffico locale perché avrebbe rubato un'auto nella favela. Poche settimane prima, a Pio XII, un paesino nell'entroterra del Maranhao, nord-est del Brasile, nel corso di una gara tra dilettanti il direttore di gara ha ferito mortalmente con un coltello un calciatore della squadra di casa, scatenando la furia cieca di alcuni tifosi, che prima l'hanno ucciso e poi ne hanno esibito la testa come trofeo. Drammi e deliri che con il calcio hanno evidentemente poco a che fare.
Le vittime in Siria
La guerra, poi, quella vera, non guarda in faccia a nessuno. Nel novembre dello scorso anno, è morto combattendo da jihadista in Siria il giovane Burak Karan, ex talentino del calcio tedesco e compagno di viaggio, nelle giovanili, di giocatori affermati come Sami Khedira e Kevin-Prince Boateng, che lo hanno ricordato con grande affetto. “Riposa in pace, mio fratello Burak, non dimenticherò mai i tempi passati insieme eri un vero amico”, ha scritto l'ex rossonero su Twitter. Aveva lasciato il pallone per imbracciare un fucile. Se n'è andato sotto i bombardamenti dell'aviazione di Assad. Sempre in Siria, alcuni mesi prima, aveva perso la vita il 19enne Youssef Suleiman, attaccante della Wathbah, la squadra di Homs. Si stava allenando con i compagni per preparare la sfida di campionato contro la Mawaair di Hama. Un colpo di mortaio l'ha ferito al collo e per lui non c'è stato più nulla da fare.
Re Cecconi e Bergamini
Anche l'Italia piange da diversi anni due calciatori vittime inconsapevoli di disgrazie tutt'altro che inevitabili. Il 18 gennaio del 1977, il talentuoso centrocampista della Lazio, Luciano Re Cecconi, venne freddato da un gioielliere che pare non avesse inteso lo scherzo dell'amico calciatore. A distanza di 37 anni dalla tragedia, c'è ancora chi sostiene che le cose andarono diversamente. E cosa dire della morte di Donato Bergamini? Il 18 novembre del 1989, il giocatore del Cosenza fu trovato morto sulla Statale 106 vicino a Roseto Capo Spulico. Per anni, ci hanno raccontato che si trattò di un suicidio, che Bergamini fosse finito volutamente sotto le ruote di un camion. Nel 2011, la Procura di Castrovillari ha riaperto il caso, iscrivendo nel registro degli indagati l'ex fidanzata del giocatore e l'autista del camion.