Politica
August 29 2022
A meno di un mese dall’appuntamento elettorale Michele Sorice evidenzia come la campagna elettorale non abbia ancora fatto breccia tra gli elettori. E Panorama.it lo ha incontrato per capire i motivi.
Professore, ce l’aspettavamo, con una campagna elettorale in pieno agosto…
«Appare asfittica. Mancano i temi o, meglio, quelli di cui si discute sono assolutamente irrilevanti per la grande maggioranza delle italiane e degli italiani. Basti pensare al tema – se vogliamo chiamarlo così – delle spie russe in Italia: come se fosse un “issue” (un problema, nda) di campagna politica. Senza dimenticare che l’Italia – come giustamente ricorda il prof. Caligiuri – è sempre stato un crocevia di servizi segreti di vari paesi; eppure, questo non è mai stato un tema di campagna elettorale, nemmeno durante gli anni più aspri della guerra fredda».
Nella prima fase della campagna elettorale, i partiti sono stati impegnati principalmente nel dibattito sulle alleanze e la leadership.
«La destra discuteva – in maniera anche poco serena – sulla leadership dello schieramento; il centrosinistra invece litigava sulle alleanze: difficile per la gran parte dell’elettorato appassionarsi alla telenovela “Calenda sta con Letta oppure no”. E d’altra parte non che fosse semplice capire perché il Pd e il M5S non si sono alleati, autocondannandosi a una probabile sconfitta senza resistenza. Ma il vero tema è che il dibattito sulle alleanze e sui nomi in lista non hanno (e come avrebbero potuto?) creare interesse nell’elettorato».
C’è stato anche il tema dell’atlantismo.
«Con Letta e Meloni a mostrarsi quanto più atlantisti possibile, Salvini a cercare di giustificare le passate simpatie per Putin, Berlusconi a mostrarsi uomo moderato e di dialogo. Ma i temi per l’elettorato sono altri: il prezzo del gas, la probabile crisi alimentare, lo sviluppo futuro, la transizione ecologica (di cui, peraltro, si parla sempre meno). Per non parlare dei temi dell’occupazione, della scuola, della ricerca. Il Covid ci ha mostrato quanto l’investimento nella ricerca sia strategico (molto più degli armamenti) e gli italiani lo hanno capito benissimo. Ma di tutti questi temi non c’è traccia nelle campagne dei partiti».
E i celebri programmi, croce e delizia della storia delle nostre storiche campagne elettorali?
«Appaiono spariti dai radar della politica, a parte affermazioni generiche e, spesso, chiaramente irrealistiche. In compenso, cresce la polarizzazione politica – funzionale alla radicalizzazione dello scontro – e con essa anche il ritorno dei discorsi d’odio online. La polarizzazione, peraltro, è molto presente in entrambi gli schieramenti principali: le parole d’ordine di Meloni, il “credo” di Salvini, lo “scegli” di Letta: si richiama a una scelta di campo».
Le proposte, un tempo, erano slogan…
«Mancano totalmente (almeno fino a ora) quelle che la gente vorrebbe ascoltare: quelle sull’occupazione, sulle prospettive per i giovani, un piano serio per l’ambiente (che è una cosa che ci riguarda tutti perché impatta sulla nostra salute e le nostre vite), idee sull’approvvigionamento energetico».
In realtà, poi, alcuni partiti i programmi e le proposte li hanno pure ma non emergono nella campagna elettorale.
«I partiti più “radicali”, come per esempio “Unione Popolare”, non potendo contare su una forte visibilità mediatica si affidano all’engagement territoriale e a proposte specifiche; ma al tempo stesso, non godendo di una copertura mediatica adeguata scompaiono dal quadro».
Da questo punto di vista la campagna continua a essere povera di contenuti.
«Appare focalizzata su quanto Giorgia Meloni sia sinceramente democratica o se Enrico Letta sia più o meno tranquillizzante oppure sulla credibilità atlantica di Salvini o ancora sul “duello” – più mediatico che politico – fra Di Maio e Conte o ancora sulla cosiddetta “agenda Draghi” (anche questa, ottima formula giornalistica ma con non chiarissimi contorni politici). Temi lontanissimi dai problemi reali della gente».
In questo contesto, non è difficile ipotizzare un forte astensionismo.
«Non perché la campagna sia poco spettacolarizzata: la rappresentazione mediatica è forte come sempre anche perché connessa alla personalizzazione dello scontro; ma perché mancano i temi. Almeno fino ad ora. Poi magari i partiti ci stupiranno nelle ultime tre settimane di campagna ma al momento non mi sembra di intravvedere un cambio di marcia nelle strategie comunicative».
Il tema dell’astensionismo ci interessa…
«Ci tengo a sottolineare che il “popolo degli indecisi” non è composto solo da apatici disinteressati o ignoranti: in molti casi l’incertezza nasce dall’assenza di rappresentanza o dalla percezione (poco importa se motivata o meno) dell’inutilità della politica. Spesso gli indecisi sono molto informati e proprio per questo non sanno cosa scegliere e nemmeno se recarsi a scegliere: e l’astensione – al di là del giudizio che se ne vuole dare – ha oggi anche una valenza politica, segnala un disagio. Troppo semplicistico rubricare l’astensione al solo disinteresse degli apatici».
Voteranno milioni di 18enni, per la prima volta anche per il Senato.
«Spesso si fa riferimento all’impegno politico dei giovani: scarsissimo nella militanza nei partiti, forte e consapevole nel volontariato e nella cittadinanza attiva. Non è un caso. E non è un caso che in questi giorni l’unica piattaforma “politica” sia stata l’Agenda climatica, presentata dalle ragazze e dai ragazzi di Fridays for Future: che, però, appunto, non sono un partito».