Televisione
November 04 2020
Tanta musica, tante storie. La terza stagione di All Together Now debutta con diverse novità: il game show resta una grande festa di piazza, un karaoke collettivo con quattro giurati vip, un muro di 100 personaggi (assiemamento consentito, visto che a tutti è stato fatto il tampone) ma i dodici concorrenti pronti a sfidarsi per il premio da 50 mila euro si metteranno ancora più in gioco. «Sarà un'edizione più calda, in linea con i tempi che viviamo: non sono solo belle voci ma persone con storie importanti da raccontare», spiega a Panorama.it Michelle Hunziker, confermata al timone del programma prodotto da Endemol Shine Italy, al via su Canale 5 da mercoledì 4 novembre.
Michelle, qual è la forza di All Together Now?
«La musica. Soprattutto in questo momento storico è un balsamo per l'anima. Abbiamo bisogno di distrarci per qualche ora, di staccare la testa. E All Together Now è una bella festa di piazza: resta un game show ma quest'anno sarà ancora più caldo».
In che modo?
«Durante le selezioni ci siamo resi conto che ognuno dei possibili concorrenti aveva una motivazione forte che lo spingeva a partecipare e a vincere. Per questo abbiamo scelto di scendere da 16 a 12 protagonisti e di mettere le loro storie al centro del racconto: così il pubblico li conoscerà meglio e si affezionerà a loro».
Qual è la storia che l'ha colpita di più?
«Tutte, a dire il vero. Mi viene in mente quella di un artista di strada che si esibisce da anni in Piazza Duomo, a Milano: arriva da Giakarta, qui in Italia ha inseguito il suo sogno e ha trovato anche l'amore. Quando canta, è di una bravura che ti spettina. Poi c'è un'altra artista di strada che tira fuori tutta la sua sofferenza: è stata a lungo bullizzata, si riteneva diversa perché omosessuale e con la musica racconta un'interiorità forte».
La sfida più grande cui mettete davanti i concorrenti?
«Li obblighiamo a uscire dalla loro confort zone. Così tirano fuori il talento vero».
L'altra novità è la giuria vip composta da J-Ax, Rita Pavone, Francesco Renga e Anna Tatangelo. Chi l'ha spiazzata?
«Rita Pavone, perché è una forza della natura, è la nostra Tina Turner: a 77 anni ha la grinta di una ragazzina e si mangia il palco. Ma con tutti i giudici si è creata un'alchimia speciale: rimanevamo in studio a cantare, poi la sera ci scambiavamo messaggi. Non capita spesso di trovare una sintonia così forte».
Saranno i soliti giudici ingessati da talent?
«No, affatto. L'unica cosa che gli ho chiesto era di divertirsi. E mi hanno preso alla lettera: hanno cantato, si sono esibiti, hanno creato dinamiche televisive contrastando il verdetto del muro quando non erano d'accordo».
Capitolo ascolti: vi aspettavate qualcosa in più, soprattutto dalla seconda edizione?
«Una media del 15% con picchi del 18%, in prima serata, non mi sembra così male. È un format pulito, di qualità, che ha bisogno di farsi conoscere dal pubblico per diventare un appuntamento fisso. Se Mediaset ha scelto di continuare a investire sullo show, vuol dire che ci crede».
La quarta stagione ci sarà?
«Intanto vediamo come va la terza e se le novità piaceranno al pubblico. Io sarei contenta di rifarlo».
A Striscia la Notizia quando torna?
«Da marzo, sempre in coppia con Gerry Scotti».
Intanto si dedica al suo marchio Goovi: da due anni ha creato una linea di cosmetici naturali e d'integratori alimentari. Come vanno le cose?
«All'inizio c'è stata un po' di fatica ma i numeri in due anni sono cresciuti e siamo soddisfatti. È un progetto in cui credo tanto, che ho sviluppato con un team molto forte: volevo un brand solido, concretamente al fianco delle donne, con una comunicazione d'impatto e autoironica. Mi sono creata il mio piano b».
Nel senso che è pronta a lasciare la spettacolo?
(ride) «Magari tra quindici anni. Ora no: l'intrattenimento è la mia vita, è il fuoco che ho dentro. Ma ho fatto un cammino importante e avevo voglia di aprire un altro file: fare l'imprenditrice non è solo prestare la mia immagine per una pubblicità, qui c'è un progetto in cui investo, credo, rilancio. C'è del rischio e a me rischiare piace tanto. Cado anche molto ma mi rialzo sempre».
Ha mai pensato: "Mollo tutto"?
«Il "mollo tutto" non esiste nel mio linguaggio. Esiste il "ho sbagliato sì, posso fare meglio". Sono autocritica e quando sbaglio soffro».
Le critiche esterne la scalfiscono?
«Le critiche le metti in conto quando fai questo lavoro, la cattiveria gratuita anche: fa parte del gioco. Con tutto quello che mi hanno detto, non sarei dovuta resistere un anno. Non puoi mettere d'accordo tutti, sia che tu sia un personaggio divisivo sia che tu sia trasversale».
Lei è più divisiva o trasversale?
«Mai stata divisiva, sono svizzera (ride). La neutralità e la diplomazia sono nel mio dna. Io mi sento pop e trasversale. Franchino Tuzio, il mio primo manager, quello che per primo ha creduto in me, mi ha sempre detto: "È un orgoglio essere nazional popolari". E aveva ragione, perché vuol dire captare il sentimento comune, arrivare al pubblico in maniera ampia. Io sono pop perché parlo il linguaggio di tutti».
A chi deve dire grazie?
«A tante persone. Sicuramente a Franchino, che è stato come un papà. Era con lui e con Eros a Ibiza quando mi avvertirono che mio padre era morto: avevo vent'anni e mio padre, pur con tutti i suoi difetti, era un'anima incredibile. Da quel momento Franchino non mi ha più lasciato, credeva in me, mi ha protetto. È mancato tre anni fa ma sento ancora le sue battute, lo sento vicino».
C'è stato un altro grande uomo di spettacolo che ha creduto in lei: Bibi Ballandi, che produsse anche lo spettacolo teatrale Mi scappa da ridere.
«Bibi è stato un amico, una colonna. C'era il suo zampino dietro il mio ritorno a Sanremo nel 2018 con Baglioni e Favino. L'ho sentito al telefono la domenica dopo l'ultima conferenza stampa del Festival e il lunedì è morto. Mi fa piacere ricordarlo perché dopo il dolore del lutto resta l'amore e dopo la tristezza, l'emozione dei ricordi».
Oggi le viene più facile fare squadra con gli uomini o con le donne?
«Dalla mia manager Graziella a Giulia Bongiorno, sono circondata dalle donne. Da sempre è il mio obiettivo fare squadra con le donne: più siamo unite, più siamo produttive e riusciamo a sfidare la società per cambiarla».
Pochi giorni fa è stata ospite a Verissimo e si è commossa parlando del suo lato più nascosto. Oltre il suo sorriso, c'è di più.
«Certo che c'è, ma sono una pudica e di solito in tv non mostro le ombre e le malinconie, perché non mi piace attaccare uno zaino di pesantezza alla gente. Però questo è un periodo strano, gioco di sottrazione, smorzo il mio entusiasmo perché ho ben chiaro che momento stiamo attraversando. Poi a Verissimo ho vissuto una grande frustrazione: l'unica cosa che avrei voluto fare era abbracciare Silvia Toffanin, un'amica vera. Ero triste e dispiaciuta per lei, sentivo il suo dolore, lo leggevo nei suoi occhi. La perdita di un genitore è il dolore più grande».
Lei con Doppia Difesa si occupa si aiutare le donne vittime di violenze e discriminazioni. Con il lockdown la situazione è peggiorata: dal vostro osservatorio che dati avete?
«In un momento tragico, le richieste di aiuto sono aumentate del 60%. Il nostro centro è rimasto aperto, non ci siamo fermati: l'attenzione è catalizzata dall'emergenza sanitaria, ma abbiamo cercato di comunicare che si poteva denunciare e che le forze dell'ordine sono comunque pronte a intervenire».
Ultima domanda: il grande sogno ancora da realizzare?
«Non smetto mai di avere sogni e traguardi da raggiungere. E non nego che mi piacerebbe tornare a teatro con uno spettacolo. Mi manca, è un palco su cui ho imparato tanto e che ti regala emozioni enormi. Lo spero anche per tutti quei lavoratori fermi da mesi e che meritano un sostegno ora».