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August 29 2017
È la Francia il vero buco nero, la vera incognita dell’accordo di Parigi sui migranti (e l’Africa). La guerra che nel marzo 2011 gettò la Libia nel caos, defenestrò il Colonnello Gheddafi e si concluse col suo barbaro linciaggio sotto gli occhi di militari e media occidentali, non è finita. Non ha finito di generare conseguenze negative.
Quella guerra fu mossa da Sarkozy, allora presidente della Francia, per rimontare un crollo di credibilità e consenso interno, quindi per ragioni di politica domestica, e per sottrarre la Libia alla sfera d’influenza italiana dopo che Berlusconi aveva chiuso il contenzioso coloniale e riallacciato rapporti di amicizia e cooperazione economica con uno dei paesi africani più ricchi di storia e risorse naturali.
Va detto con chiarezza che l’Europa non riesce a tenere una posizione unitaria sulla Libia proprio per quella persistente resilienza storicamente e culturalmente sciovinista di Parigi. Macron non fa eccezione.
In linea con il predecessore Hollande, appoggia il generale Khalifa Haftar a Bengasi contro Fayez Al Sarraj, il premier del governo di unità nazionale libico insediato a Tripoli e sostenuto non solo dall’Italia, ma dalla stessa Unione Europea nel suo complesso e dall’ONU.
L’Italia non ebbe la forza, o il coraggio, nel 2011, di opporsi alla guerra di Sarkozy: Berlusconi, che aveva visto il pericolo, era però sotto attacco da più fronti, interni e esterni. E oggi il governo Gentiloni, privo di una vera investitura popolare (al di là delle qualità personali), non può avere quella autorevolezza politica che gli consentirebbe di imporre una linea coerente ai partner europei su Libia, migranti e altro.
È un fatto che miliardi di euro sono stati stanziati per bloccare i flussi migratori lungo la rotta balcanica, grazie a un accordo con la Turchia affiancato anche da un impegno diretto della flotta Nato, perché dietro quella decisione c’era la potente Germania di Angela Merkel, mentre la rotta mediterranea dalla Libia all’Italia, per quanto in diminuzione negli ultimi giorni, continua a non essere contrastata da alcuno stanziamento decisivo.
La Francia è capace di tanta retorica, Macron non è da meno rispetto a Hollande, Sarkozy e altri prima di lui nell’intasare i microfoni di belle frasi. La Gran Bretagna fa i propri interessi (nel 2011 si schierò con Parigi), almeno però non ammanta la propria politica con princìpi di un moralismo stonato, ridondante.
Ora Macron dice che i migranti economici, a differenza dei rifugiati politici, vanno rimandati nei paesi d’origine. Ma sa benissimo che non sono mature le condizioni per un’azione di rimpatrio generalizzata. Può blindare contro le stesse regole di Schengen la frontiera di Ventimiglia. E lo ha fatto. Può alimentare la guerra civile in Libia con aiuti a Haftar attraverso l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, contro l’Italia.
I francesi guardano da un lato alle risorse energetiche e minerali di cui la Libia è ricchissima, dall’altro al controllo dei corridoi che portano verso l’Africa sub-sahariana (tuttora presidiata da Legione Straniera e truppe speciali di Parigi).
L’ipocrisia della Francia si riflette sull’intera Unione Europea. E la retorica delle dichiarazioni di principio a ogni nuovo vertice, compreso l’ultimo, si scontra con la realtà di una missione aeronavale europea, EunavForMed, che di fatto è italiana e ancora non riesce ad avere l’autorizzazione a percorrere tutte le sue fasi fino a quella che noi abbiamo dovuto intraprendere, alla fine, da soli, cioè l’ingresso con le nostre unità inquadrate in Mare Sicuro nelle acque territoriali libiche per dare aiuto alla guardia costiera di Al Sarraj e arginare le partenze dei boat people.
La guerra mossa da Sarkozy a Gheddafi rientra in una politica di potenza e prepotenza francese che contraddice l’idea stessa di cooperazione europea. E la politica verso l’Africa di Macron rientra nella stessa linea sciovinista, anti-europea, anti-italiana, irresponsabile, fallimentare, insopportabilmente ipocrita.
Nessuno da noi ha il coraggio di dichiararlo, perché la Francia è nostro partner fondamentale a Bruxelles. Ma prima o poi qualcuno dovrà pur denunciare l’assurdità di una situazione nella quale l’Italia è costretta a fare buon viso a cattivo gioco. Mentre a volte bisogna mostrare gli attributi e sviluppare e difendere i propri interessi nazionali, anche se in contrasto con quelli dei falsi amici d’Oltralpe.