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May 23 2018
L'Uefa ha bocciato per la seconda volta il Milan negandogli, dopo il voluntary agreement, anche il settlement agreement col quale il club rossonero avrebbe dovuto patteggiare sanzioni per la violazione degli obblighi del Fair Play finanziario e studiare con la stessa Uefa un piano di rientro pluriennale.
Un no che pesa tantissimo a livello di immagine, perché è inconsueto che il massimo organismo sportivo non conceda il 'patteggiamento', e che apre a scenari inquientanti quando a metà giugno il club sarà chiamato in giudizio davanti alla CFCB (Camera di Controllo Finanziario per Club dell'Uefa), l'organo giudicante che stabilirà la pena.
Sulla decisione di Nyon pesano soprattutto le incertezze legate alla proprietà della società, passata di mano nel mese di aprile 2017 al termine di un faticoso iter che ha fatto transitare le azioni dalla Fininvest all'uomo d'affari cinese Yonghong Li con l'appoggio e il finanziamento del fondo statunitense Elliott. Un'operazione da 720 milioni complessivi (debiti inclusi) con data di scadenza a ottobre 2018, il momento in cui Li dovrà restituire oltre 350 milioni a Elliott per non vedersi togliere il club.
Il no alla richiesta di settlement agreement discende proprio da queste incertezze e l'Uefa lo ha scritto nero su bianco nel comunicato ufficiale con cui il 22 maggio ha rimandato il Milan al giudizio della CFCB. "Incertezze sul rifinanziamento del prestito e sul rimborso delle obbligazioni da effettuare entro ottobre 2018" si legge, con la postilla che nel corso degli ultimi mesi la situazione non è cambiata a favore del Milan.
L'amministratore delegato del club ha più volte annunciato come imminente il rifinanziamento da parte di terzi, ma fin qui la scadenza non è mai stata rispettata e all'Uefa non è bastata la garanzia scritta da parte di Elliott che si era impegnata a garantire comunque la continuità aziendale della società.
Sullo sfondo c'è, evidente anche se non esplicita, la posizione politica del massimo organismo calcistico del Vecchio Continente che non intende 'validare' l'operazione di passaggio del Milan a Li che tanti dubbi ha sollevato nell'ultimo anno anche sulla stampa internazionale. Eppure il proprietario cinese ha fin qui sempre ottemperato agli obblighi finanziari di ricapitalizzazione e sostegno economico del Milan.
Il giudizio della CFCB prevede un ampio spettro di sanzioni. Si va dalla semplice reprimenda fino alla revoca di trofei o premi. Quest'ultimo caso non è quello che riguarda il Milan che, però, teme di essere escluso per una o più stagioni dalle competizioni europee. E' un'ipotesi sempre considerata estrema e priva di fondamento che, però, ora è diventata concreta e da scongiurare a tutti i costi.
Se è vero che esistono anche sanzioni intermedie come multe salate o forti limitazioni al mercato e alla possibilità di iscrivere giocatori nella rosa Uefa, il ragionamento da fare è che molte di queste pene accessorie erano inseribili anche nel settlement agreement rifiutato e, dunque, il timore concreto è che a giugno il tiro possa alzarsi fino all'esclusione.
Sarebbe un colpo durissimo per il Milan e per il calcio italiano, ma sarebbe anche una misura che penalizzerebbe la stessa Uefa che non può non considerare il peso della storia di un club che ha vinto 7 volte la Champions League (meno solo del Real Madrid) e che rappresenta un pezzo di storia importante del calcio europeo.
Il danno d'immagine della bocciatura del settlement agreement è già notevole. La notizia ha fatto il giro del mondo in pochi minuti allungando nuove ombre sulla vicenda societaria rossonera. In caso di esclusione dall'Europa League, però, il contraccolpo sarebbe anche finanziario sul prossimo bilancio perché la partecipazione alla coppa minore dell'Uefa garantisce comunque ricavi apprezzabili.
Nell'ultima stagione il Milan è arrivato sino agli ottavi di finale garantendosi un assegno da una ventina di milioni comprensivi di bonus partecipazione e risultati (6), market pool e incassi dal botteghino (7,9 con il top nella sfida casalinga contro l'Arsenal da 2,8).
Ovviamente va calcolato poi il possibile impatto su bonus da sponsorizzazioni in caso di assenza dal palcoscenico europeo. Insomma, uno scenario da incubo che Fassone e Li (insieme ad Elliott) devono cercare in tutti i modi di rovesciare. Il tempo è agli sgoccioli prima della sentenza che sarà presa a maggioranza semplice da una Camera composta da 5 membri (in caso di parità il voto del presidente vale doppio) e che sarà appellabile solo davanti al Cas.