Calcio
September 12 2021
Limitarsi a Zlatan Ibrahimovic per spiegare il fenomeno Milan rischia di essere un errore. Lo svedese è un highlander e l'essere tornato in campo e subito al gol dopo quattro mesi in infermeria non fa altro che alimentare il suo mito. La sostanza, però, è anche altra e chiama soprattutto a valutare il lavoro fatto da Stefano Pioli dal giorno in cui ha preso il posto del predecessore Giampolo sulla panchina dei rossoneri. Era l'ottobre 2019 e il Milan era avviluppato in una crisi di risultati e gioco che stava mandando a picco con eccessivo anticipo la stagione del presunto rilancio.
Pioli ha impiegato qualche mese per aggiustare la macchina, fare le scelte tattiche giuste, dare il via libera a chi non serviva (Suso) e accogliere Ibrahimovic dopo mesi di corteggiamento. Quando il Covid ha fermato il mondo, non si è scomposto e ha utilizzato le settimane in lockdown per mandare a regime i meccanismi che dal ritorno in campo in poi hanno funzionato come un orologio svizzero. Malgrado gli infortuni e una rosa, nella scorsa stagione, decisamente meno profonda del necessario.
C'è un dato che merita di essere sottolineato: nelle 53 partite giocate da giugno 2020 alla vittoria sulla Lazio di Sarri, il Milan ha messo insieme 118 punti con la media da altissima classifica di 2,22 a gara. Una marcia costante e sicura. Impossibile parlare di sorpresa o miracolo: questo è il Diavolo di oggi e con questa qualità e questa velocità di crociera nessun traguardo è precluso. Anche perché il mercato ha consegnato all''artefice di questa crescita una squadra più forte rispetto a quella della passata stagione, se non negli undici titolari (molto dipenderà dal rendimento di chi deve sostituire Calhanoglu passato all'Inter), certamente nel suo complesso. Un anno fa a fare il vice Ibra c'era l'ormai ex Mandzukic, ora c'è Giroud che è già stato decisivo. Tomori è un giocatore acquistato e non un prestito, Florenzi un'ottima alternativa se non di più, Bakayoko conosce ambiente e campionato e allunga le rotazioni a centrocampo, Maignan promette di non far rimpiangere Donnarumma.
Insomma, le prospettive sono quelle di poter correre un campionato ancora di vertice senza pagare pegno nel momento dello sforzo decisivo, come accaduto la scorsa primavera. Se poi Ibrahimovic si conferma attaccante eterno da quasi un gol a partita il gioco è fatto. Ma lo svedese non è l'uomo copertina del momento. Insieme a Pioli, il vero simbolo di come il lavoro a Milanello stia pagando è Sandro Tonali, talentino schiacciato la scorsa estate da una valutazione forse eccessiva, deludente nel suo primo anno rossonero e ora rilanciato.
In estate, per restare al Milan, ha accettato di ridursi lo stipendio. Ha lavorato con Pioli in silenzio, si è fatto trovare pronto e adesso è una colonna della squadra. Una in più rispetto a Bennacer e Kessié. E' lui l'immagine più bella del progetto Milan, partito per essere outsider e lanciato in testa dai numeri di questi mesi. L'orizzonte è il ritorno (difficilissimo) in Champions League e la sfida con la Juventus che stenta. Chi l'avrebbe detto di trovare Allegri e Pioli, uno contro l'altro, con il primo a inseguire col fiatone e il secondo con il vento in poppa.