Calcio
April 29 2024
In meno di una settimana è venuto giù tutto. Fuori dall'Europa League, battuti ne derby dello scudetto della seconda stella interista, costretti a vedere i cugini invadere Milano per le celebrazioni e spaccati in due come non accadeva da anni. Anzi, compatti in un'unica direzione contraria, però, a quella della proprietà e del club. Un inedito per Gerry Cardinale e anche per Elliott. Era dai tempi dell’ultimo Berlusconi che il popolo milanista non si rivoltava contro i proprietari del Milan e sta avvenendo nel nome del successore di Stefano Pioli sulla panchina.
Che il tecnico dello scudetto 2022 sia arrivato al capolinea è ormai chiaro a tutti. Impossibile sopravvivere ai sei derby persi di fila, a una stagione fatta più di ‘out’ (Champions League, Coppa Italia, Europa League e troppo in fretta lotta scudetto) che ‘in’, agli infortuni che hanno puntellato l’autunno rossonero, a un 2023 complessivamente negativo e, più in generale, al logorio di un ciclo lungo ormai oltre quattro anni.
Chi al suo posto? Qui si sta consumando la spaccatura verticale tra Cardinale, i suoi dirigenti e il tifo milanista. Che vuole un solo nome, Antonio Conte, e rifiuta quelli in circolazione. Julien Lopetegui, ex Siviglia, Real Madrid e nazionale spagnola tra le altre cose, è stato trasformato in un attimo in NoPetegui. Fonseca o alternative diverse peggio ancora. Magari nemmeno conoscendone la storia e le caratteristiche, ma per quello che rappresentano. La gente vuole l’uomo forte, garanzia di tornare a vincere in fretta anche per mettere fine al ciclo dell’Inter che brucia come sale sulla carne viva.
Ecco cosa rappresenta Conte. Il tecnico scontroso, ruvido con i suoi presidenti, pretenzioso sul mercato, abituato a chiedere e non disposto a scendere a compromessi. Quello che ha mollato sui due piedi la Juventus nel 2014, pentendosene poi, perché la riteneva un cliente da 10 euro che voleva pasteggiare in un ristorante da 100. E che a scudetto ancora caldo ha, nemmeno troppo gentilmente, chiesto a Zhang e Marotta di non salire sul carro e si è fatto liquidare con ricca buonuscita perché gli avevano prospettato cessioni dolorose.
Un meraviglioso individualista, insomma. Poco conta che Antonio da Lecce abbia fatto sapere di aver un po’ cambiato modi di fare e di essere pronto anche a prendere progetti da far crescere con il tempo. La gente del Milan vuole lui come garanzia della volontà di RedBird e Cardinale di investire per vincere e non di essere a Milano per “fare business”. Va bene lo stadio, complimenti per i bilanci a posto, contenti di non avere debiti, però… Però è ora di fare sul serio. La luna di miele è finita.
Un muro contro muro che sta consumando il presente e anche il futuro del Milan. E’ giusto che un club non si faccia influenzare dal sentimento popolare, ma è altrettanto evidente che portare a Milanello Lopetegui e una figura come lui significherà esporla a venti burrascosi dovessero esserci problemi nella fase d’approccio. Significa, insomma, proiettare sull’autunno le turbolenze di questa primavera. E anche cancellare l’idea che l’altro uomo forte imbarcato a furor di popolo, Zlatan Ibrahimovic, possa essere a suo modo garante di un milanismo rapido come lo è stato Paolo Maldini. L’aria di contestazione lambisce anche Zlatan: tutti si attendono veti e decisioni forti, lui per ora tace.
Difficile fare previsioni su come andrà a finire. Di sicuro c’è che il no della proprietà ad Antonio Conte nasce proprio dalle ragioni per cui i tifosi lo vorrebbero a qualsiasi costo, incuranti di ogni altra opzione. Il suo modo di fare assomiglia a quello di Maldini, cacciato un anno fa perché nel 2022 – a scudetto fresco – era stato impossibile farlo. Cardinale tornerà indietro sulle sue convinzioni? Non pronosticabile. Sarà un’estate calda sulla sponda rossonera del Naviglio, mentre quella interista festeggia e programma un ciclo che, parole di Marotta, ha ancora molto da esprimere.