Lifestyle
July 09 2019
Il Milan di Gattuso è arrivato a un punto dal terzo posto e se non fosse stato per la flessione finale e per una certa dose di fuoco amico nel corso della stagione, avrebbe probabilmente raggiunto il traguardo della qualificazione alla Champions League. Che poi sarebbe stata, forse, cancellata dalla sentenza Uefa che ha estromesso il club dall'Europa, ma questo è un altro discorso.
Il primo Milan di Giampaolo, Maldini e Boban - con benedizione di Gazidis per la prima estate nel pieno dei suoi poteri di uomo azienda - parte rinforzato al momento da giocatori di squadre che l'anno scorso sono finite tutte dietro ai rossoneri: l'Empoli retrocesso (Krunic e Bennacer) o la Fiorentina del desiderato Veretout. Più Theo Hernandez che ha disputato la stagione con la Real Sociedad a metà classifica della Liga e in attesa di vedere cosa accadrà con il rientrante André Silva.
Anche il tecnico ha un curriculum in cui si riconosce chiaramente la sua capacità di costruire squadre che giocano bene a pallone, ma si ignora l'adattabilità a progetti di vertice o che, in ogni caso, abbiano come obiettivo quello di un rapido rientro nell'Europa del calcio. Possibilmente dalla porta principale.
La realtà è che questa è la fotografia del Milan di oggi, che non può vivere come ha fatto in passato e che ha come obiettivo primario quello di tornare ad essere sostenibile. Lo deve fare per rispettare le necessità del fondo Elliott, che continua a guardarsi intorno se dovessero arrivare offerte per la cessione, e per evitare in futuro altri guai con la Uefa.
Una dieta dimagrante non necessariamente negativa, che è stata spiegata ai tifosi dalle parole di Gazidis e che sembra essere stata digerita. I paletti sul mercato sono evidenti. Difficile attrarre top player se la prospettiva è quella di stipendi da 2,5 milioni a stagione e le possibilità di investimento sono limitate. Il che non significa non muoversi (infatti fin qui il club ha chiuso acquisti definitivi), ma i margini sono quelli che si può permettere una società nelle condizioni in cui è il Milan attuale.
Più difficile comprendere, invece, l'innamoramento collettivo per un progetto tecnico che ad oggi assomiglia a una scommessa e nulla più. E' vero che Maldini e Boban portano in dote un carisma e una credibilità personali che fa da scudo a critiche preconcette (e Boban ha detto chiaramente di aver lasciato la Fifa solo perché convinto dalle idee di Elliott), ma alcune aperture di credito paiono quasi frutto di speranze più che di concreti ragionamenti.
La fine del mercato è lontana e arriverà anche il momento delle cessioni. Che Milan avrà in mano Giampaolo? Con quali obiettivi reali? Il solo fatto che il tecnico, intelligentemente, si sia tenuto alla larga dal dichiarare il quarto posto Champions come prospettiva concreta conferma come ad oggi i rossoneri siano un'idea affascinante e niente altro.
Impossibile immaginare duelli con la Juventus e il Napoli. Forse neanche con l'Inter, che pure un anno fa è stata a tiro e a lungo dietro. La squadra che sta nascendo è più forte della Roma e della Lazio? E della solita sorpresa Atalanta? Giampaolo ha più abitudine alle altezze cui è chiamato rispetto a Fonseca?
Domande attorno a cui gira la previsione sulla stagione milanista. Che sarà di transizione, ma dovrà necessariamente prevedere tappe di crescita rapida. La sensazione a inizio estate è che alcune risposte oggi non consentano sogni, anche se i sorrisi di Boban e Maldini hanno conquistato tutti. Con qualche endorsement impegnativo come quello di Arrigo Sacchi verso Giampaolo che da metà agosto sarà obbligato alla riprova dei risultati.