Calcio
November 25 2024
Sabato sera nel ventre di San Siro, dopo lo squallido pareggio tra Milan e Juventus, non è successo nulla. Meglio. È andato in scena il solito copione: i dirigenti del Milan si sono fermati a parlare e poi se ne sono andati salutando, ma in silenzio. Fuori riecheggiava ancora la tempesta di fischi equamente divisa tra le due squadre per lo spettacolo inesistente, ma certamente rivolta dal popolo rossonero anche al momento di squadra e società.
Mentre il tecnico Paulo Fonseca confessava che avrebbe fischiato anche lui, Furlani, Ibrahimović e Moncada non hanno mosso un dito. Nulla che faccia intendere uno stato, se non di allerta, quantomeno di forte preoccupazione per la piega che sta prendendo la stagione del Milan.
La classifica del campionato è un pianto e l’asterisco maschera appena la realtà. È vero che c’è una partita da recuperare, peraltro in trasferta a Bologna, ma la verità è che allo stato attuale il Milan è più lontano che mai dalla zona Champions League. Parlare oggi di scudetto non ha alcun senso, anche se gli investimenti degli ultimi due anni lo reclamerebbero, ma piano piano si sta trasformando in impresa anche centrare l’obiettivo minimo.
Per intenderci la proiezione attuale a fine campionato è di poco superiore a 60 punti che bastano, forse, per entrare in Conference League. Sia chiaro, il Milan non è la prima squadra nella storia del calcio ad attraversare una crisi di risultati e gioco, ma quello che sorprende è l’atteggiamento passivo con cui si sta facendo scivolare via la stagione.
Interessa a qualcuno a Casa Milan che avanti così il club sarà fuori dall’Europa che conta? Importa provare a mettere una pezza a qualche limite emerso nella rosa? Senza necessariamente processare Fonseca, i dirigenti che si occupano della parte calcistica condividono in pieno il modo in cui sta gestendo il gruppo o hanno qualche rilievo da portare?
Ecco, la sensazione è che il Milan si stia buttando via e che la cosa non interessi a nessuno, tranne che ai tifosi. Un errore imperdonabile perché sull’altare del quarto posto in questo campionato i rossoneri, da Gerry Cardinale in giù, si giocano moltissimo del futuro.
La qualificazione alla prossima Champions League è vitale per i conti della società, reduce da due utili consecutivi il secondo dei quali, però, ottenuto solo grazie alla maxi plusvalenza della cessione di Tonali al Newcastle. Perdere i ricavi della Champions League significherebbe trovarsi davanti a un bivio: investire decine di milioni di euro in perdita, oppure fare qualche passo indietro nel progetto in termini di competitività. Il sospetto è che la seconda strada potrebbe non essere sgradita nell’eventualità di un fallimento sportivo a maggio.
Ecco perché a Milanello in questo freddo autunno non servono i pompieri ma gli uomini della protezione civile. Uscendo dalla metafora, è ora che si metta da parte la prudenza per definire la situazione del Milan per quello che è: un allarme rosso che necessita interventi chiari, pubblici, rapidi e coerenti con l’obiettivo che si vuole raggiungere. Lo spettacolo di sabato a San Siro, dentro e fuori dal campo, deve restare l’ultimo atto di una recita che ha dimostrato di non poter reggere palcoscenico e cartellone.