Il confronto tra il Milan e gli ultras non è accettabile

La passerella di giocatori e staff del Milan sotto la curva degli ultras per ricevere la ramanzina (incitamento) dopo la sconfitta di La Spezia può sorprendere solo gli ingenui. Per immagine - calciatori con lo sguardo perso nel vuoto davanti al ras che arringa, allenatore che annuisce - rappresenta un clamoroso autogol per il calcio italiano, ma purtroppo non è l'unico caso e non sarà l'ultimo visto che le gogne sono un'abitudine e nemmeno le norme della Figc hanno sradicato l'abitudine.

E' vero, si può come ha dimostrato il giudice sportivo della Serie C squalificando capitano e dirigenti del Piacenza con un atto rimasto senza seguito. La Procura federale ha acceso i fari su quanto accaduto al Picco ma potrà intervenire solo in presenza di minacce o atti intimidatori che sono stati prontamente negati da tutti: dunque, finirà nel nulla come tutti i precedenti tranne uno.

Quello che sfugge a chi ha trascinato il Milan sotto quella curva (e a chi si è fatto trascinare giustificando il gesto) è il non detto dell'immagine: quel processino davanti al capo ultrà urlante non servirà a cambiare le sorti della squadra nelle prossime settimane ma solo a concedere un'aberrante certificazione a personaggi per i quali la soluzione corretta sarebbe emarginarli e non metterli su un piedistallo.

E' una primavera terribile a livello di immagini per il nostro calcio, che sul campo sta invece stupendo l'Europa. I segnali positivi sono pochi. Ad esempio, i 171 Daspo successivi alla vergogna razzista contro Lukaku nel turbolento finale di Juventus-Inter hanno dimostrato che punire i colpevoli si può. Però, poi, succede a Bergamo e le migliaia di gole urlanti "sei uno zingaro" a Vlahovic diventano 9, non di più al momento, Daspo dopo faticosa identificazione. E per fortuna che l'Atalanta ha annunciato e poi non portato in fondo l'intenzione di fare ricorso contro la chiusura della curva.

Troppa disparità di risultati nella lotta al razzismo con l'obiettivo di ripulire i nostri stadi. Anche dentro il campo, dove il presidente federale Gabriele Gravina meritoriamente ha deciso di non far passare più sotto silenzio i cartellini gialli alle vittime di discriminazione che rispondono, mentre gli arbitri vanno avanti imperterriti con l'interpretazione burocratica - quindi ottusa - delle situazioni. Il designatore Rocchi ha teorizzato che il giallo a Vlahovic è stato corretto perché il serbo non ha dato una mano all'arbitro che aveva provato a placare i razzisti. Basta guardare le immagini per capire come sia andata davvero.

YOU MAY ALSO LIKE