Televisione
March 12 2014
Sconcertante, almeno per chi abita a Milano, sentir parlare di come la ‘ndrangheta spopoli nella Lombardia di oggi. E precisamente a Trebbiate, una cittadina dell’hinterland milanese dal nome di fantasia ma molto simile ai comuni lombardi dalle radici industriali che si trovano ora in piena crisi economica e sull’orlo di una definitiva deindustrializzazione. La storia, scritta tra gli altri da Claudio Fava figlio del giornalista Giuseppe ucciso dalla mafia nel 1984, racconta la 'ndrangheta nella Lombardia di oggi.
“Le mani dentro la città costituisce l’ultimo capitolo in ordine cronologico di quella che possiamo definire una vera e propria cronaca in fiction dell’Italia criminale. Dal Capo dei Capi al Clan dei camorristi, da Squadra Antimafia a Ultimo, la Taodue negli ultimi anni ha raccontato la progressiva diffusione nel territorio e nei più diversi tessuti sociali ed economici delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Mancava a questo grande affresco il Nord Italia e in particolare Milano”, racconta il produttore Pietro Valsecchi.
È proprio da Trebbiate che iniziano le vicende dei protagonisti della nuova fiction in onda in prima serata su Canale5: la storia gira intorno a una storica fabbrica che sta per essere chiusa e che gli operai hanno occupato. Una fabbrica dietro la quale si muovono gli interessi della ‘ndrangheta e dei suoi sodali: imprenditori, politici e dirigenti pubblici.
Sì, perché la serie racconta come la ‘ndrangheta si sia infiltrata giorno dopo giorno in tutti i centri vitali della società, e non solo nei traffici illegali che possiamo immaginare. Dall’impresa alla politica, dai mercati ortofrutticoli ai locali pubblici, tutto passa per le sue mani che, attraverso la capacità di muovere montagne di denaro, riesce a determinare la vita sociale ed economica di un’intera comunità. Riesce perfino a trarre profitto dalla crisi economica.
I protagonisti della serie sono i membri della famiglia Marruso, dalle radici calabre ma dai frutti lombardi: si nascondono dietro un’impresa di ristorazione pulita dalla quale gestiscono il fiume di cocaina che quotidianamente tracima su Milano e provincia. E proprio grazie ai soldi della droga riescono a corrompere tutto il sistema socio-economico. Sarà solo la determinazione degli operai che vogliono difendere il loro lavoro (appoggiati dalla polizia) a “sconvolgere” gli ingranaggi del metodo-Marruso.
“Quello che mi ha da subito affascinato di questo progetto, è stata l’attualità del tema e il fatto che al suo interno convivessero due anime; quella moderna e tecnologica della finanza e l’aspetto arcaico della ‘ndrangheta, con le sue regole e i suoi codici che sembrano affondare le radici nella notte dei tempi. Due mondi apparentemente agli antipodi eppure capaci di unirsi e diventare in certi casi, indispensabili l’uno all’altro”, spiega il regista Alessandro Angelini.