Musica
December 03 2023
Due concerti al Madison Square Garden di New York l'1 e il 2 dicembre per salutare i fan. A conclusione di uno dei tour di commiato più lunghi della storia della musica, i Kiss (salvo sorprese clamorose) hanno salutato i fedelissimi fan della Kiss Army e chiudono i battenti.
E adesso? I Kiss in carne ed ossa appendono gli strumenti al chiodo, ma al loro posto arriva la band in versione Avatar. Nelle prossime settimane si capirà meglio dove e quando i Kiss Avatar entreranno in azione (il progetto pare simile a quello messo in scena a Londra dagli Abba)
Oltre cento milioni di album venduti, migliaia di show in tutto il mondo, decine di dischi d'oro e di platino e l'inclusione per quanto tardiva nella Rock and Roll Hall Of Fame non sono sufficienti a raccontare la storia e le pirotecniche evoluzioni musicali della band in maschera (che in realtà dal 1983 al 1995 si è esibita senza il leggendario make up).
Ed è proprio su questo aspetto che vogliamo soffermarci: poche band hanno attraversato i generi musicali con la disinvoltura dei Kiss. A differenza di quel che si potrebbe superficialmente immaginare, i Kiss non si sono risparmiati nulla. Nel bene e nel male.
Certo, a inizio anni 70 erano un gruppo di rock and roll, puro, semplice seminale e a tratti grezzo. Sono stati più meno coerenti con se stessi per i primi tre album (di cui il secondo, Hotter Than Hell, registrato malissimo). Tre dischi classici con canzoni che ancora adesso sono il cuore della scaletta live: da Black Diamond a Rock and Roll all Nite passando per Cold Gin, Got To Choose, Deuce, Strutter e così via...
Poi, con il capolavoro del 1976 e l'incontro con il geniale produttore Bob Ezrin, i Kiss cambiano pelle per la prima volta. Destroyer, diventa la loro magic box. I suoni si impreziosiscono, gli arrangiamenti diventano più complessi, la struttura delle canzoni pure, e gli effetti speciali (voci, cori, suoni, rumori di fondo) pervadono i brani (vedi Detroit Rock City). C'è spazio anche per Beth, l'hit single con pianoforte, archi ed il batterista Peter Criss alla voce. La costruzione di una nuova identità sonora che poi viene meno sia in Love Gun che in Rock and Roll Over, che invece, in particolare quest'ultimo, segnano un ritorno al rock viscerale degli inizi. Ma questa è solo la prima parte della storia.
A un certo punto arrivano i quattro dischi solisti: Quelli di Ace Frehley e Paul Stanley sono coerenti con il sound della band e le rispettive attitudini. Quello di Gene Simmons è praticamente un album da musical con parecchie collaborazioni eccellenti (vedi Donna Summer, Bob Seger e Joe Perry degli Aerosmith) con qualche divagazione disneyana. Decisamente a tinte R&B il lavoro di Peter Criss.
Nel 1979 i KIss sposano il trend disco music con I Was made for lovin' you e un 33 giri, Dynasty, che per quanto ricco di buone canzoni, di vero rock and roll ne contiene poco. Ascoltare per credere l'incipit funk di Sure Know Something e l'anima black di Dirty Livin' cantata da Peter Criss. Non cambia il sound con Unmasked, che come primo singolo presenta Shandi una ballatona da fine anni Settanta con archi e coretti a volontà. E poi, ancora, due pezzi da dancefloor come Easy as it seems e What makes the world go round. All'universo "rock" appartengono Two sides of the coin e Torpedo Girl. Tomorrow avrebbe forse voluto essere la nuova I Was Made, ma non è andata proprio così...
Archiviata l'era disco, che cosa fanno i quattro nel frattempo rimasti orfani di Peter Criss sostituito da Eric Carr? Richiamano Bob Ezrin che aveva da poco prodotto The Wall dei Pink Floyd, per un concept album pomposo, con arrangiamenti orchestrali e qualche episodio di vero rock. Al puzzle album partecipa anche Lou Reed come coautore. Il risultato finale è talmente spiazzante ed inedito che non sembra nemmeno di ascoltare i Kiss. Detto questo, complice la follia inconsapevole che pervade i brani e gli arrangiamenti, The Elder è indubbiamente una delle perle della discografia del gruppo. Il disco non vende quasi nulla, ma resta per sempre nella memoria dei fan.
Dopo la disco music e il concept album non rimaneva che ritornare al buon vecchio rock. In realtà Creatures Of The NIght, con il contributo decisivo di Vinnie Vincent (Ace Frehley è solo sulla cover), è il disco giusto nel momento più sbagliato. Un album hard and heavy con canzoni splendide (dalla title track a I Still Love You e Rock and Roll Hell). Tutto perfetto a cominciare dal devastante suono della batteria di Eric Carr. Peccato che i Kiss siano ormai fuori moda. Il tour che segue Creatures è un fiasco assoluto.
Non resta che togliere il make up (alla chitarra c'è Vinnie Vincent) e buttarsi a capofitto sull'heavy rock fast and furious degli anni Ottanta. Di dischi in questo stile i quattro ne incidono tre: Lick It Up, Animalize ed Asylum. Nell'insieme sono album che contengono pezzi di un certo spessore, spesso molto sottovalutati, come I've had enough, A million to one, King Of The mountain, Thrills in the night e And on the 8th day...
Con Crazy Nights la band cambia ancora registro a cominciare dalla title track che entra nelle zone alte della classifica UK. il mood è quello dell'hard rock in salsa pop, un po' nello stile dei Bon Jovi. Suoni puliti, laccati, ritornelli, tastiere e una ballad, Reason to Live che però resta piuttosto nell'ombra.
Nuovi cambio di direzione con Hot in The Shade, un album nel segno del rock and roll essenziale (vedi Rise To It) con un paio di grandi canzoni come Hide Your Heart e Forever, la ballad che funziona e rimanda i Kiss nella Top Ten dei singoli in America.
A inizio anni Novanta torna ancora Bob Ezrin e la musica dei Kiss diventa davvero heavy con Revenge. Un disco duro, potentissimo, lontano anni luce da Hot In The Shade, con un suono di chitarre che spacca e una manciata di pezzi notevoli come Unholy, Domino, Spit e I Just Wanna. Ad arricchire il tutto, la cover di God gave rock and roll to you e il "lento" Every Time I Look at You.
Con l'unplugged di Mtv il suono dei Kiss si riveste di essenzialità acustica (alla performance partecipano anche Peter Criss ed Ace Frehley). È l'anticamera della reunion trionfale dei quattro membri della line up originale. Ma in mezzo a tutto questo i Kiss si erano reinventati ancora una volta incidendo (con Bruce Kulick alla chitarra) Carnival Of Souls il "grande boh" della loro carriera: un disco heavy grunge, cupo e pesantemente dark: l'esatto opposto dello stile della band che ha sempre celebrato la vita, il divertimento ed il rock and roll. Neanche un disco brutto, ma un album fuori contesto, che forse mirava ad uniformarsi al sound degli anni Novanta. Una piroetta evitabile...
Rimesso il trucco, arriva Psycho Circus, un altro mistero targato Kiss. Peter Criss ed Ace Frehley ci mettono le voci in un paio di brani, per il resto l'album è un progetto di Simmons e Stanley con altri turnisti. Il risultato anche in questo caso è spiazzante. Un album puzzle senza una direzione musicale precisa, ma nel complesso venuto bene. Mistero nel mistero, la conclusiva Journey Of 1000 Years, una cavalcata progressive interpretata da Simmons e slegata da qualsiasi altro brano del disco. Bellissima.
Al magma sonoro della band nei decenni non poteva mancare l'esperienza con l'orchestra immortalata da Symphony, il live registrato in Australia. Alla chitarra c'è Tommy Thayer a tutt'oggi titolare del ruolo. A chiudere il viaggio nelle mutazioni del gruppo ci sono poi Sonic Boom, essenziale e potente come un disco dei primi tempi e Monster, una scarica di adrenalina heavy che chiude la variegata discografia dei Kiss. Fine del lungo viaggio nelle mutazioni (anche di line up) di una band che non è mai rimasta uguale a se stessa. Tranne che dal vivo dove da decenni le variazioni della setlist sono minime e dosate con il contagocce...