Lifestyle
August 31 2015
Una storia di dolore, di speranza, di fede. Quella di una madre e sua figlia, che ad appena 13 anni, si ammala di un tumore al cervello. La malattia, le cure, l’angoscia e la speranza, che davvero non muore mai. E’ il racconto, vero, racconbtato in “Kikot, la partita più importante” (Itaca Edizioni, 96 pagine, 10 euro). Si tratta di un diario commovente scritto a quattro mani da Valeria Sala e dal giornalista Andrea Avveduto.
Impossibile non commuoversi di fronte al coraggio di una bambina che, a partire da uno degli eventi più drammatici che una persona possa vivere, inizia un percorso umano che la porta addirittura a scoprire la fede. La bambina si chiama Chiara, chiamata in famiglia Kikot, appunto e la sua avventura inizia durante una partita di pallavolo quando cade a causa di un improvviso malore. Bastano solo pochi esami per capire che quella macchia nel cervello è tumore benigno che le lascia un solo anno da vivere ancora. Nel giro di poco tempo Kikot si ritrova a giocare una partita ben più importante che inizia dal rifiuto del male, passa attraverso la rabbia, la tristezza e infine la disperazione, ma che finisce con l'accettazione del proprio destino, alla fine riconosciuto come, addirittura, "buono" per lei.
Ma Chiara non è la sola a dover fare questo percorso; la parabola che parte dal rischio di gesti estremi e arriva al sorriso coinvolge tutta la sua famiglia che si ritrova, del tutto inaspettatamente, a vivere con lei un anno intensissimo, fatto di incontri inaspettati, di preghiere e di doni inattesi. Il tutto in un piccolo paesino sul Lago Maggiore, Stresa, che diventa il luogo di una specie di miracolo. Dove la morte non fa più paura.