Economia
December 06 2013
Sale la febbre da Ipo per Moncler, il noto brand dei piumini, che sembra aver già conquistato gli investitori. A pochi giorni dalla chiusura del collocamento di titoli della società, previsto alle 13.30 di mercoledì 11 dicembre, le richieste sarebbero pari a oltre 20 volte il quantitativo di azioni offerte.
Lo sbarco in borsa della società (previsto il 16 dicembre), guidata dal presidente e a.d. Remo Ruffini, si annuncia così come il terzo successo consecutivo nel settore del lusso dopo quello di Ferragamo nel 2011 e di Brunello Cucinelli nel 2012.
Lo dimostra anche l’interesse di molti big del settore, i quali, come riporta il quotidiano finanziario MF - Milano Finanza, avrebbero bussato alle porte delle banche collocatrici nei giorni scorsi.
Qualche nome: Bernard Arnault, numero uno di Lvmh, Amanio Ortega, proprietario di Zara, alcuni membri della famiglia Ferragamo (dell’omonimo marchio) e della famiglia di Al Thani, l’emiro del Qatar.
Ma cosa ha convinto gli investitori a puntare su questa fiches del made in Italy? Tra i punti di forza del titolo, secondo gli analisti del broker - elvetico Kepler Cheuvreux, al primo posto c’è il management targato Ruffini, un giovane imprenditore che ha dichiarato a una settimana dalla chiusura delle prenotazioni che non venderà le proprie azioni nella fase di Ipo (un gesto particolarmente gradito al mercato), mantenendo una quota del 32%.
Moncler a novembre, tuttavia, ha ceduto il 70% del ramo sportswear (compresi i marchi Marina Yachting, Henry Cotton’s, Coast Weber & Ahaus e la licenza 18CRR81 Cerruti) al fondo britannico Emerisque Brands.
Una vendita, comunque, stabilita da tempo e che non avrà particolari conseguenze sullo sbarco in Borsa: si sapeva che l’Ipo avrebbe riguardato solo il marchio di piumini.
Un brand (Moncler) che piace agli analisti (il target price è di 12 - 12,5 euro, sopra la forchetta di prezzo dell'Ipo di 8,75 - 10,2 euro) per il modo con il quale si distingue, oltre alla sana situazione finanziaria della società (il rapporto tra debito ed Ebitda si attesta attorno a uno), al buon bilanciamento delle vendite tra uomo e donna e all'elevata profittabilità, con un margine Ebitda del 30%.
Ma non mancano, però, i punti di debolezza. In particolare, gli analisti si definiscono "poco convinti circa il posizionamento dell'azienda tra i player del lusso", anche se "la combinazione di crescita potenziale, elevato interesse per il comparto della società, nonché il successo delle recenti Ipo della moda, ovvero di Ferragamo e di Cucinelli, probabilmente stuzzicherà l'appetito degli investitori".
Gli altri punti di debolezza, sempre secondo gli analisti, sono rappresentati dalla forte stagionalità (come sottolineato, tra l'altro, nel prospetto informativo ), visto che il grosso del fatturato è ovviamente realizzato nella stagione fredda, e dalla posizione del brand, che non è vero e proprio "Made in Italy".
"I prodotti sono realizzati nell'Est Europa - sottolineano - a parte la capsule di Gamme Rouge e gamme Bleu fatte in Italia", senza contare che il marchio è nato in Francia, a Monestier de Clermontnel nel 1952, per merito di René Ramillon, un artigiano francese di attrezzature da montagna.
Convince poco, infine, anche la decisione di Ruffini di realizzare gli occhiali attraverso una joint venture di cui Moncler detiene la maggioranza: la stessa strada percorsa in passato da Prada con De Rigo, ma con scarso successo.