«Primarie Pd, ecco perché ha vinto Elly Schlein»

All’indomani della vittoria per la segreteria del Partito democratico, gli scienziati della politica si interrogano sull’affermazione di Elly Schlein. Come fa una delle voci più autorevoli della politologia europea, quella di Leonardo Morlino, primo allievo di Giovanni Sartori. Che non ha dubbi: «La gran parte di chi segue distrattamente la politica, ma anche la maggioranza dei commentatori e dei sondaggisti si aspettava la vittoria di Stefano Bonaccini, invece ha vinto nettamente Elly Schlein che è diventata la nuova segretaria del Partito Democratico. Perché? Come è stato possibile?» Panorama.it ha incontrato l’illustre accademico per cercare di rispondere almeno alle domande di chi osserva dalla porta accanto.

Professore Morlino, già come è stato possibile?

«Due dati sono conducenti. La votazione all’interno al partito ha visto Bonaccini prevalere con quasi 20 punti di margine Schlein (Bonaccini 52,87%, Schlein al 34,88%, Cuperlo al 7,96%, De Micheli al 4,29%); invece nel corso delle primarie c.d. aperte anche agli esterni, questo diverso elettorato ha espresso il 53,75% dei voti alla Schlein e il 46,25% a Bonaccini. Come dire: un ribaltamento della prima votazione».

Senza scendere nel dettaglio della distribuzione dei voti, occorre verificare qual è qui il punto decisivo da sottolineare?

«Non possiamo prescindere dai tradizionali partiti di massa, quelli cristallizzatisi dalla fine dell’Ottocento: chi deteneva le chiavi dell’organizzazione interna vinceva e gli appartenenti c.d. interni assicuravano la propria partecipazione al voto, mobilitando al tempo stesso le proprie conoscenze con ogni forma di attrazione al voto. Solo così gli attivisti, vincendo, prendevano in mano le redini di un partito».

Ma è roba da Medioevo, un mondo totalmente scomparso.

«Appunto. Oggi i partiti politici “tradizionali” sono un ricordo per noi studiosi che ci confrontiamo, invece, con strutture leggere. Gli iscritti, meglio definiti “militanti”, non hanno più in mano nessun potere interno al partito, tranne alcuni nomi altisonanti. La conquista del voto segue canali del tutto innovatori, come quello comunicativo. Ma non si pensi che le dinamiche, anche oggi, siano facilmente interpretabili».

D’accordo la comunicazione, ma i partiti, lei ci insegna, sono fatti ancora di chi crede nella politica, per fortuna…

«Chi fa parte di un’organizzazione politica, anche nel 2023, va visto come una risorsa insostituibile, all’interno di una comunità che ha ancora molto da dire. Prendiamo queste primarie: iscritti, volontari, militanti, attivisti (come li vogliamo chiamare…) hanno permesso che migliaia di persone si recassero a votare in oltre 5.500 seggi. Ecco, già questo, al tempo d’oggi, è un miracolo di partecipazione democratica. Spetterà proprio alla Schlein non disperdere un patrimonio valoriale di tale dimensione».

Lei ha appena accennato alla comunicazione. Politica, ovviamente.

«La considero uno strumento insostituibile. Da trent’anni per vincere una competizione elettorale, a qualunque livello, non si può fare a meno di affidarsi agli strumenti comunicativi. Elly Schlein, ha puntato tutto su disuguaglianze, lavoro e ambiente, riuscendo a fare breccia su un’opinione pubblica certamente più ampia di quella interna al Pd. Offro un dato per far ragionare: il gruppo di ricercatori della Società Italiana di Scienza Politica ha appurato che fra i partecipanti alle primarie ci sono stati numerosi votanti di 5 Stelle, dei Verdi e di altri pezzi della sinistra».

Lei prefigura già gli scenari del futuro…

«Sarò ancora più chiaro. Ci troviamo innanzi ai potenziali elettori del nuovo PD».

Dovesse spiegare il senso di queste primarie ai suoi studenti in aula, cosa puntualizzerebbe?

«Fisserei almeno in tre i punti da tenere a mente. Innanzitutto la necessità di tenere a mente i temi specifici, quelli per intenderci che attraggono elettori, fanno sperare nel cambiamento: già recentemente sia la Lega che il Movimento 5 Stelle avevano fatto centro, da questo versante. Poi avvertirei che insistere sulla creazione di identità politiche, al giorno d’oggi, apparirebbe mera retorica. Infine, evidenzierei nell’ambiente, nel lavoro e nella lotta alle disuguaglianze i veri temi con cui accattivarsi l’opinione pubblica. Ormai argomenti trans-ideologici, inutile sottolinearlo».

Meloni al centro-destra e Schlein al centro-sinistra. Bipolarismo perfetto!

«Chi ancora crede vi sia spazio per il sempre acclamato terzo polo moderato, al centro della scena, evidentemente mostra di essere in ritardo sul vero meccanismo che influenza il voto: non si tratta di essere moderati o radicali e neanche riformisti. Nelle democrazie contemporanee, il vero dato calamitante il consenso (e quindi la vittoria elettorale) è dato dai temi in grado di fare breccia su un elettorato il più disomogeneo possibile. Ecco perché la Schlein ha vinto».

Se abbiamo capito bene, la politica sembra aver cambiato pelle…

«Lo ripeto: siano primarie o elezioni politiche poco importa. Non conta essere riformisti o altro. Ciò che davvero porta alla vittoria è indovinare temi attraenti, in grado di trasformare il consenso politico in voti sonanti».

Con la Schlein è nato il nuovo Pd?

«Lo vedremo. Intanto la neo-segretaria dovrà guidare un complesso processo di svecchiamento del PD: una modernizzazione fatta di tecnologie comunicative e di persuasione dell’opinione pubblica. Manca poco più di un anno alle elezioni europee: e vedremo anche se il sistema proporzionale utilizzato reggerà al cambio politico in corso».

Alla neo-segretaria piacciono le sfide, sembra capire.

«La sfida finale sarà un’altra: quella di invertire la rotta in tema di regioni (oggi il cdx governa in 15 delle venti regioni…) ed enti locali. La Schlein dovrà necessariamente dimostrare di essere diventata una leader, capace di dialogare con mondi diversi, da unificare quanto a speranze e aspettative. La Meloni vi è appena riuscita. Berlusconi aveva centrato quest’obiettivo quasi trent’anni addietro…».


Leonardo Morlino, lucano di Avigliano (Pz), classe 1947, è professore Emerito di Scienza politica alla Luiss di Roma. Dopo gli studi in scienze politiche all’Università di Napoli ha intrapreso la carriera accademica insegnando all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi, all’Istituto Juan March di Madrid, al Nuffield College di Oxford, alla Stanford University e al Centro de Estudios Politicos y Constitucionales di Madrid. Già condirettore della Rivista italiana di scienza politica, con il suo ultimo saggio, scritto a quattro mani con Francesco Raniolo, ordinario all’Università della Calabria, Disuguaglianza e democrazia (Mondadori Università 2022), ha analizzato il crescente fenomeno delle disuguaglianze nelle attuali democrazie.
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