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February 06 2020
Kirk Douglas è morto. A 103 anni il longevo attore leggenda di Hollywood se n'è andato. E fino a poco tempo fa, che aveva superato il secolo di vita e l'età e l'ictus l'avevano costretto in seggiola a rotelle, come anche a metà degli anni '40 quando afferrò con grinta la scena pubblica, ha sempre avuto stampato in viso un sorriso sfrontato, rompighiaccio.
Non ha mai voluto essere simpatico, Kirk Douglas, e con quell'esuberanza aggressiva ha cavalcato decenni di cinema da protagonista. Nato povero ad Amsterdam nello stato di New York il 9 dicembre 1916 da genitori analfabeti, figlio di un venditore di stracci ebreo, Kirk Douglas (nome d'arte di Issur Danielovitch) ha reagito alle fatiche dell'infanzia con una voglia aggressiva di emergere ed essere primo. Ce l'ha fatta nel 1946 quando, dopo l'apprendistato a Broadway, notato dagli agente della Paramount, debuttò nel cinema con una parte importante ne Lo strano amore di Marta Ivers. Biondo, lineamenti volitivi, fisico statuario, la sua presenza scenica è stata poderosa e quasi travolgente. Lo abbiamo visto spesso in ruoli forti, da duro, eroe fatto di ombre e travolto dall'ambizione, come il pugile egoista de Il grande campione (1949) di Mark Robson, per cui ricevette la prima delle tre nomination all'Oscar, o il giornalista senza scrupoli de L'asso nella manica (1951) di Billy Wilder, film che lo consacrò.
E poi, certo, Spartacus (1960), kolossal scritto dallo sceneggiatore Dalton Trumbo, osteggiato dal maccartismo e che Kirk, che del film era anche produttore, volle fortemente nella squadra. Da produttore dovette confrontarsi anche con il carattere non facile di Stanley Kubrick. «L'esserci ribellati è già stata una vittoria. Se anche uno solo dice "No, non voglio", Roma comincia a tremare», è una delle frasi epiche che ha in bocca nel film, da fiero schiavo ribelle. E poi, accanto a film meno buoni, altri film iconici.
Nel film Il bruto e la bella (1952) di Vincente Minnelli è un ambizioso produttore finito in disgrazia che tenta il rilancio. Fu nominato all'Oscar ma non lo vinse. Lo vinse invece, come migliore attrice non protagonista, Gloria Grahame. Nei panni di Jonathan Shields, Kirk ha questa battuta: «Produrre un film per me è come corteggiare una donna: la sogno, la desidero, le corro dietro, fino al successo. Poi è un crollo, e così dopo ogni film. Ho la crisi del film finito».
In Orizzonti di Gloria (1957), sempre di Stanley Kubrick, interpreta il colonnello Dax, soldato leale che, sul fronte occidentale della Prima guerra mondiale, è intrappolato nell'organizzazione militare.
La terza e ultima nomination all'Oscar, ancora una volta non andata a buon fine, la ricevette per Brama di vivere (1957) di Vincente Minnelli, dov'è un bruciante e tormentato Vincent Van Gogh.
Nella sua lunghissima carriera ha saputo essere anche un ottimo attore di western. Tra le pellicole con stivali e cappello, da ricordare Il grande cielo (1952) di Howard Hawks, pietra miliare del cinema western.
L'Oscar poi arrivò, ma alla carriera, nel 1996. E' il padre di Michael Douglas