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June 01 2018
L’Italia è politicamente pericolosa ed è un Paese da "Maneggiare con cura". Il governo di Giuseppe Conte parte con questa definizione sulla testa. L’autorevole settimanale britannico The Economist, nella sua edizione europea, gli appiccica questa etichetta che, con il duo Lega-M5s, faticherà a togliersi di dosso apparendo ora più che mai come una nazione complicata, come una bomba prossima all’esplosione soprattutto dal punto di vista strutturale. E i motivi per cui l'Italia è nei guai li riassumiamo in 5 punti qui di seguito.
Come l’Economist stesso sottolinea, il 4 marzo scorso metà degli elettori italiani ha votato per due partiti populisti che fino a poco tempo fa preferivano abbandonare l'euro: l’anticonformistaMovimento di Grillo ha trionfato nel sud più povero mentre la Lega xenofoba ha messo a segno la vittoria nel nord più ricco. Nessuno dei due partiti ha portato avanti la bandiera anti-euro durante la campagna elettorale ma la nuova formazione populista mette sull’avviso gli investitori riguardo alle debolezze profonde che stanno peggiorando e diventando più difficili da risolvere. “Per evitare un'eventuale esplosione, l'Italia ha bisogno di un'attenta gestione e di un cambio di mentalità, sia dei suoi politici che dei politici europei. La preoccupazione è che nessuno dei due sembra probabile" scrive il settimanale.
Qualunque sia la conclusione, prosegue l’Economist "l'Italia rischia, con questo suo primo governo populista, di approdare “a politiche spendaccione”, come flat tax e reddito di cittadinanza che “potrebbero costare fino al 6% del PIL annuale. Una generosità che l'Italia non può permettersi con il suo debito pubblico al 132% del PIL, il più alto al mondo dopo il Giappone e la Grecia”. E poi "il vero problema dell'Italia è il mix debilitante che c’è tra una crescita cronicamente bassa e di un debito pubblico molto elevato. Una bassa crescita determina standard di vita stagnanti che l'Italia non può eliminare solo attraverso il proprio debito; un debito elevato porta il Paese a non riuscire ad utilizzare lo stimolo fiscale per rilanciare l'economia, specialmente se c'è un altro rallentamento. Anche con la ripresa globale degli ultimi anni, l'Italia rimane una delle economie con le peggiori performance dell'Europa”.
Il problema più grande dei populisti, prosegue il settimanale britannico, è che hanno un’idea vaga di come affrontare la tante cause della stagnante produttività italiana: “Un rigido e duplice mercato del lavoro; mercati del prodotto non competitivi; la proliferazione di imprese a conduzione familiare che non crescono; un sistema bancario bloccato da crediti inesigibili; un sistema educativo poco efficace; e, più recentemente, una fuga di cervelli”.
"Lo stesso vale per la zona euro nel suo complesso. La sua cosiddetta unione bancaria è incompleta; i suoi mercati dei capitali sono sottosviluppati. E tutte le proposte per un bilancio sostanziale per aiutare i paesi stretti nella camicia di forza dell'euro, ad adattarsi agli shock, sono state respinte. I paesi creditori, guidati dalla Germania, hanno affermato che non accetteranno una maggiore condivisione del rischio senza una maggiore riduzione del rischio stesso. La richiesta dei populisti italiani di abolire le restrizioni di bilancio non fa altro che approfondire la convinzione della Germania che non ci si può fidare dell'Italia”.
“Fondatrice dell'UE, l'Italia è stata per tanto tempo uno dei membri più europei, mentre ora è tra i più euroscettici. Ma i populisti sanno che la maggior parte degli italiani, anche quelli che li hanno votati, non vogliono vedere volatilizzarsi risparmi e lavoro lasciando la moneta unica. Questo è il motivo per cui è stata attenuata la retorica anti-euro, anche se non capiscono che vivere in una moneta unica richiede un'economia flessibile. Allo stesso modo, la Germania deve ancora accettare che, se vuole prosperare, la zona euro deve avere una maggiore condivisione dei rischi. Una riforma inadeguata e visioni incompatibili del futuro dell'euro sono una combinazione velenosa e insostenibile. Se le turbolenze in Italia e la paura dei mercati servissero come promemoria di tali pericoli, e quindi a stimolare le riforme a Roma e a Bruxelles, allora potrebbe accadere qualcosa di buono. Il rischio è che renderà ogni riforma più difficile, se non impossibile".