Luigi di Maio e Matteo Salvini
ANSA/Massimo Percossi
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Movimento 5 Stelle e Lega: l'antipolitica che sa di Prima Repubblica

L'opinione dominante è la seguente: con l'elezione dei presidenti di Camera e Senato inizia ufficialmente la Terza Repubblica. E inizia nel modo più inaspettato. A dare le carte, addirittura a indirizzarle, sono due vincitori sui quali, meno di un mese fa, c'erano aspettative dignitose ma non decisive per le sorti del Paese.

Poi è arrivato il 4 marzo e con l'avvento di Luigi Di Maio e Matteo Salvini l'Italia politica sembra improvvisamente essere diventata altro dalla sua Storia. Ma è proprio così? Quella grillina e leghista è davvero una rivoluzione? E quanto propongono di inedito questi due "Gemelli diversi"?

Il sapore antico della Prima Repubblica

Sì, perché a masticare bene parole, opere e omissioni di Di Maio e Salvini, si assapora potente il sapore antico della Prima Repubblica. Anche nell'antipasto di trattative per la formazione del nuovo governo, le tattiche dei due leader dell'antipolitica si sono palesate come pienamente politiche. Le loro parole, sempre dolci, al limite dello stucchevole, nei confronti del capo dello Stato Sergio Mattarella sono la prova più evidente. E così quelle sull'Europa, sul Vaticano e persino sul Partito democratico, considerato in campagna elettorale il male assoluto, e ora ricercato quale possibile alleato di governo. Ma non è soltanto questione di attualità.

Nel Movimento 5 stelle e nella Lega la Prima Repubblica è (ri)cominciata da tempo. La vittoria dei Gemelli diversi è il frutto di una strategia molto accurata, figlia di un'organizzazione che ricorda addirittura quella del Partito comunista e di promesse elettorali di democristiana memoria.

M5S e Lega: organizzazione da Partito comunista

Partiamo dall'organizzazione. Il primo ingrediente comune a entrambi è l'abbandono dell'idea di "partito liquido" accarezzato dai leader della Seconda Repubblica. Come sostiene (bene) Flavia Perina, ex direttrice de Il Secolo d'Italia, ora editorialista de Linkiesta, M5S e Lega sono "partiti solidi, gerarchici, territoriali, statutari". È esattamente così. Come il Pci di berlingueriana e togliattiana memoria, entrambi hanno un Comitato centrale (Meetup per i 5 Stelle, consigli federali per il Carroccio), organi di stampa o para-stampa (il Blog delle Stelle, Il Populista) pronti ad esaltarli come l'Unità con i comunisti, un ufficio "Stampa e propaganda" che gestisce in modo ferreo le apparizioni tv, una festa dell'Unità sotto altro nome (Italia Cinque Stelle, Pontida).

Inoltre, fatto ancora più importante, come nel Pci il leader è assoluto. Lo è al punto da poter cacciare, espellere, sospendere, persino offendere chiunque osi criticarlo. E poter premiare chi, invece, mostra fedeltà assoluta.

Altro punto fondamentale: le squadre che sostengono i due leader sono tutt'altro che a digiuno di politica. Nella Seconda Repubblica era passata l'idea che personalità esterne o tecniche potessero dare un contributo fondamentale alla causa. Nella (presunta) Terza a comporre le oligarchie al comando dei partiti vincitori sono politici in senso stretto o perlomeno lato. Per Di Maio si muove dietro le quinte Vincenzo Spadafora, ex garante per l'Infanzia, già collaboratore di Francesco Rutelli e Alfonso Pecoraro Scanio. Due deputati uscenti, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, scelti da Beppe Grillo e Davide Casaleggio per affiancare il lavoro della sindaca Virginia Raggi in Campidoglio, sono rapidamente ascesi nel "cerchio magico" dimaista. Poi ci sono "l'uomo delle riforme", il senatore Danilo Toninelli, e il componente dell'Associazione Rousseau, Max Bugani.

Quanto a Salvini, il suo braccio destro è Giancarlo Giorgetti, vicesegretario del partito. Poi c'è Lorenzo Fontana, l'altro vicesegretario. Quindi Giulia Bongiorno, ex An ed ex Monti, e Gian Marco Centinaio, capogruppo uscente al Senato, e Armando Siri, alfiere della flat tax. Soltanto dopo arrivano Alberto Bagnai e Claudio Borghi, gli economisti anti-euro.

Infine, sempre sul modello Prima Repubblica, "Luigi" e "Matteo" hanno strutturato movimenti ben radicati sui relativi territori di pertinenza, il Sud per Di Maio, il Nord per Salvini, il Centro a metà tra loro, in attesa, e nella speranza, di altre conquiste. Come? Evitando gli errori commessi da altri durante la Seconda Repubblica. Per esempio loro, alle elezioni Politiche, hanno candidato persone residenti da tempo nei singoli collegi per Camera e Senato. Nessuno, tranne le personalità di respiro nazionale, e comunque soltanto nel listino proporzionale, è finito lontano dal suo territorio.

Quelle promesse di stampo democristiano

Quanto alle promesse "democristiane", Luigi e Matteo hanno mostrato una disinvoltura evidentemente utile a fare breccia nel cuore degli elettori. Ovviamente, reddito di cittadinanza, flat tax, immigrazione clandestina e altro ancora sono temi giganteschi a cui rispondere. Serve tempo e denaro, ma pure la Dc aveva la capacità di far sognare, a differenza del Pci austero e bigotto. Il risultato è il prosciugamento delle basi elettorali dei partiti eredi del Pci e della Dc.

"Il Movimento 5 Stelle è la nuova forza socialdemocratica in Italia, il partito delle periferie, dei disoccupati, degli operai, del Sud. Raccoglie la stessa base sociale che una volta era del Pci di Berlinguer", è l'opinione del sociologo di area grillina Domenico De Masi.

Secondo tutti gli economisti, la Lega si invece è presa la rappresentanza politica, un tempo democristiana, delle Piccole e medie imprese vessate da una tassazione troppo alta. È persino naturale, quindi, che Di Maio e Salvini viaggino sulle famose "Convergenze Parallele" che nel 1978 unirono la Dc e il Pci, la prima per emanciparsi dalla pregiudiziale anticomunista imposta dagli Stati Uniti, il secondo per liberarsi dalla pregiudiziale antiborghese imposta dall'Unione Sovietica.

Movimento e Lega devono ora emanciparsi dalla pregiudiziale antipopulista. Ci riusciranno? L'elezione dei presidenti delle Camere è il calcio d'inizio. Poi chissà, i gemelli diversi potranno anche giocare una partita più grande, quella di un governo balneare. Da Prima Repubblica, appunto. 


(Articolo pubblicato sul n° 14 di Panorama in edicola dal 22 marzo 2018 con il titolo "Tattiche e mosse politiche dei leader dell'antipolitica")

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