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March 19 2015
di Marta Pranzetti per Lookout news
Il simbolo del Khilafa Media Foundation, l’organo mediatico ufficiale dello Stato Islamico, è in alto a destra. Il primo piano invece, come da copione, spetta ai miliziani jihadisti. È un video di quasi dieci minuti, pubblicato su Youtube lo scorso dicembre. È uno dei tanti videomessaggi di questo genere circolati in rete e ripresi dai media tradizionali negli ultimi mesi. Se non fosse che in apertura compare un messaggio che, alla luce dell’attacco avvenuto ieri, mercoledì 18 marzo al Museo del Bardo di Tunisi, appare inquietante: “lettera al popolo tunisino”.
Strage di Tunisi: "È un attacco alla democrazia"
Tre incalzanti oratori vestiti completamente di nero intervengono a turno specificando di rivolgersi “ai tiranni e ai militari tunisini”. “Tra noi e voi ci saranno le armi”, affermano. Si tratta di un messaggio ai “fratelli del Monte Chambi e delle alture circostanti” (le zone impervie nella provincia di Kasserine, dove da ormai un anno sono asserragliate cellule di terroristi, ndr) e di un monito al popolo tunisino che conferma che lo Stato Islamico è arrivato anche in questo Paese. “Siamo noi gli assassini di Mohammed Brahmi e Shukri Belaid (i due politici uccisi nel 2013, ndr) – dichiarava uno di loro, Abu Muqatil – e con il volere di Dio torneremo (a colpire, ndr)”.
E così è successo ieri nel centro di Tunisi. Il contesto in cui è stato pubblicato il video era quello della Tunisia in pieno fermento elettorale. A dicembre, mese della pubblicazione del video su Youtube, Caid Essebsi non era ancora stato eletto presidente. Proprio con il processo elettorale se la prende il primo militante che prende la parola, Abu Mus’ab, il quale minaccia azioni armate nel caso in cui il voto avesse confermato al potere i “miscredenti” (il partito secolare Nidaa Tounes di Essebsi poi vincitore, ndr).
Abu Muhammad Al-Tunsi, il secondo jihadista a intervenire nel video, conferma la presenza di miliziani dello Stato islamico nel Maghreb chiamando in causa direttamente Libia e Algeria, oltre che in Siria e Iraq. “Al Adnani (portavoce ufficiale di ISIS, ndr) lo aveva già preannunciato in un messaggio precedente”, incalza il terzo combattente, Abu Muqatil, minacciando nuove azioni in Tunisia, che a distanza di appena due mesi si sono poi verificate.
Quello dell’ISIS è l’ennesimo messaggio di propaganda del terrore che si materializza in attacchi concreti. Lo Stato Islamico ha colto le istituzioni tunisine del tutto impreparate, colpendo il cuore della capitale e indirettamente l’Europa intera, visto che le vittime dell’attacco del Bardo sono quasi tutte turisti. Che cellule terroristiche fossero presenti in Tunisia è però noto da anni. Una di queste, Katiba Okba bin Nafaa, lo scorso settembre aveva giurato fedeltà al Califfo Al Baghdadi. Inoltre, solo la settimana scorsa le autorità libiche del governo di Beida, guidato dal premier Abdullah Al Thinni, denunciavano la presenza di almeno 4mila jihadisti tunisini in Libia.
L’attacco nel centro di Tunisi torna così a scuotere le istituzioni tunisine, le stesse che il giorno prima di questa tragedia avevano parlato di una “Tunisia sicura”, invitando attraverso una nota del ministero del Turismo gli stranieri a visitare il Paese.