Musica
June 06 2012
ll lungo braccio della censura ha colpito ancora. Stavolta nel mirino c’è Lady Gagaimpegnata nel tour asiatico «Born this way ball». A puntare il dito contro la star sono gli islamici radicali di Giacarta (Indonesia) che hanno adottato una linea dura, obbligando Miss Germanotta ad annullare la performance. Sfortunatamente la liaison tra musica e censura parte da lontano. Sono numerosi gli artisti d’oltreoceano ad essere caduti nella rete dei moralizzatori che si sono visti occultare parte dei brani nonostante il gradimento del pubblico. Partiamo con la storica canzone degli anni Ottanta Money For Nothing dei Dire Straits, censurata in Canada. Il brano citava ripetutamente la parola «faggot», ovvero, finocchio.
Il termine venne ritenuto omofobico dalla CBSC (Canadian Broadcast Standards Council, ndr), che raccolse le proteste di un ascoltatore offeso dal termine. La lista dei rocker “bacchettati” dalla censura, tuttavia, è lunga e ben nutrita. Si passa dal carismatico Prince, che nel 2001 decise di pubblicare una doppia versione della canzone Sexy Motherfucker, azzerando i riferimenti incestuosi e le parti più hard dell'originale nell'ammorbidita Sexy MF, agli anarchici Pennywise con Fuck Authority, paragonata ad un inno contro le autorità, passando per i Sex Pistols con God Save the Queen, brano dal sapore agro-dolce che puntava il dito contro la monarchia e i regimi.
Naturalmente anche Ozzy Osbourne è finito nei guai, accusato di istigare il suicidio con la canzone Suicide Solution. Ad imporre l’ordine c’era sempre lei, la Parents Music Resource Center (P.M.R.C.), un'associazione nata a meta degli anni Ottanta (e scomparsa negli anni Novanta) su iniziativa di Tipper Gore, moglie del senatore Al Gore.
La P.M.R.C., preposta alla censura delle opere musicali, era nota per aver introdotto il bollino di avvertimento «Parental Advisory» sui prodotti discografici indirizzati ad un pubblico maturo. In breve tempo divenne un vero e proprio organo censorio che innescò una caccia alle streghe nel mondo del rock, dell’heavy metal, del pop e del rap.
Dopo un periodo di relativa quiete la censura è riapparsa con prepotenza nel 2001 a seguito dell'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre. In quell’occasione venne inviata tutti i programmatori delle emittenti una lista di 150 canzoni da “boicottare”. Un esempio? This is the End dei Doors, I'm on Fire di Bruce Springsteen e Run Like Hell dei Pink Floyd. I brani, giudicati scomodi, contenevano parole come «aeroplano», «fuoco», «cielo», «cadere», «abbattere» e termini che riportavano all'attentato. Infine, come non ricordare il 1966, anno di uscita dell’album Revolver dei Beatles, quando, un’intervista rilasciata da John Lennon ad un magazine britannico, scatenò le ire degli stati americani del sud più bigotti. A sollevare le polemiche furono le ormai famose frasi del rocker: «Adesso siamo più popolari di Gesù Cristo. Non so se sia più importante il rock ‘n’ roll o il Cristianesimo». Fu la goccia che fece traboccare il vaso legittimando centinaia di persone a scendere in piazza per bruciare i dischi della storica band.