Economia
November 15 2018
Per ora si tratta di pochi decimali di punto, almeno secondo quanto riporta il Sole24Ore. Sta di fatto, però, che la fase discendente dei tassi d’interesse applicati ai mutuicasa sembra ormai giunta al capolinea. Le principali banche, infatti, stanno già ritoccando all’insù il costo dei loro finanziamenti offerti al pubblico. Tra gli istituti che hanno preso questa decisione, con rialzi dei tassi tra lo 0,05 e lo 0,3% su base annua, ci sono i due big del mercato Intesa Sanpaolo e UniCredit. E se lo hanno fatto loro che sono i leader, c’è da scommettere che moli altri concorrenti si muoveranno nella stessa direzione.
Rata più pesante
Questi piccoli rincari si traducono per adesso in un aumento delle rate modesto, nell’ordine di qualche decina di euro al mese su un finanziamento del valore di 150mila euro. Ma è quanto basta per mettere in guardia chi si accinge a comprar casa e teme di non trovare più le condizioni convenienti dei mutui sottoscritti dalle famiglie negli ultimi mesi e anni, dopo che la Banca centrale europea (Bce) ha portato al minimo stico i tassi ufficiali. Non a caso, chi si è indebitato di recente e chi lo sta facendo in questi giorni sceglie o ha scelto in gran parte i mutui a tasso fisso, con la prospettiva di bloccare le rate fino alla fine del piano di rimborso.
Il caro-mutui degli ultimi giorni, raccontato dalla stampa economica e finanziaria, non è dovuto però al rialzo dei tassi d’interesse ufficiali decisi dalla Bce. Quelli sono ancora fermi e lo rimarranno fino alla primavera del 2019. A crescere, infatti, è piuttosto lo spread applicato dagli istituti di credito che erogano il finanziamento. Si tratta di un differenziale d’interesse che le banche aggiungono ai tassi ufficiali e che per loro rappresenta una sorta di margine di guadagno. La recente, piccola impennata dello spread applicato dalle banche è a sua volta la diretta conseguenza del rialzo di un altro spread, quello tra Btp e Bund, cioè il differenziale di rendimento tra titoli di stato italiani e tedeschi.
Maledetto spread
Come sa bene chi ha seguito le cronache finanziarie, lo spread Btp/Bund è negli ultimi mesi dopo le tensioni tra l’Italia e l’Europa sulla manovra di bilancio. I titoli di stato italiani sono stati percepiti dagli investitori come un po’ più rischiosi di prima e i loro prezzi sono scesi notevolmente sul mercato. Il che non ha lasciato certo indifferenti le banche italiane che hanno le casse piene di Buoni del Tesoro, per un valore complessivo di circa 400 miliardi di euro. La svalutazione dei prezzi dei Btp ha dunque indebolito il patrimonio degli istituti di credito della Penisola che di conseguenza, quando si finanziano sul mercato, sono oggi costretti a farlo a condizioni meno vantaggiose di prima.
Essendo più deboli nel patrimonio e pagando un po’ di più il denaro di cui si approvvigionano, dunque, le stesse banche sono costrette (o spinte) a far pagare maggiori interessi ai loro clienti-debitori, per non intaccare i propri margini di profitto. Alla fine, insomma, a pagare il prezzo del caro-spread è chi sta pare accendere un mutuo casa o ne ha già uno sulle spalle, a meno che nei mesi scorsi non abbia sapientemente optato per un finanziamento a tasso fisso.